V Domenica del Tempo ordinario *Domenica 05 febbraio 2023

Matteo 5,13-16

V Domenica del Tempo ordinario *Domenica 05 febbraio 2023

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

«Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13-14). Sono affermazioni! Non ipotetiche di primo o secondo grado, sottoposte a condizionamenti. Queste parole emettono una diagnosi oggettiva, leggono la realtà concreta di ciò che siamo! E, ciò che più importa, non vengono da noi in un momento di esaltazione estatica e neppure da qualcuno che abbiamo manipolato a dovere. È Gesù a parlare così: rimbalza a noi «il compiacimento» che al suo battesimo lui ha ricevuto dal Padre. 

Paolo lo ricorda ai cristiani di Corinto, tutti esaltati dalla predicazione carismatica di Apollo e company: «Io, quando venni tra voi, mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio» (1Cor 23-5)

Non sa che parlare così il Padre, riscoprendo la bellezza che lui ha messo dentro di noi e che gli ritorna come gusto, come piacere di averci come «figli». E Gesù, «luce del mondo» (Gv 8,12), da buon figlio del Padre, legge in noi la stessa sua luce, lo stesso gusto di vivere e di dar gusto a chi incontriamo. Del resto, la luce non fa luce a se stessa, e neppure il sale sala se stesso, ma la luce si realizza nel rendere luminoso tutto ciò a cui dà luce: la casa, la gente, l’aria, gli oggetti. A incontrarla, anche l’angolo più riposto si riempie di luce. E così il sale. A spargerlo gli alimenti prendono il giusto gusto di se stessi, ritrovano la felicità di essere quello che sono. E non servono grandi quantità ed eroismi di sorta. Il sale funziona a piccoli spizzichi, che si dissolvono. E la luce, pure! A piccoli baluginii, non lampi abbaglianti. E subito i colori prendono corpo, e il sapore trova la sua delicatezza. Nell’umiltà più serena, nella mitezza che tutto rispetta. 

E il miracolo è assicurato… perché, se spartisci la tua vita con gli altri che sono nel bisogno «allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto» (Is 58,7-8). Che bello! Illuminare l’altro ti ritorna indietro come luce di te stesso, addirittura come guarigione della tua tenebra! «Se… aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio» (58,9-10). Dice proprio così… che nell’amore che riservi all’altro anche le tue tenebre diventano luce. L’uomo che ama – dice il salmo responsoriale – «spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti: misericordioso, pietoso e giusto»
(Sal 111,4)

È ciò che succede sul Tabor, quando Gesù si trasfigura: diventa luminoso tutto, il suo volto, le sue vesti, insieme a chi gli appare vicino, perfino gli apostoli che l’accompagnano. E tutto, tutto ritrova pace, la pace di Dio. Infatti, «davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”» (Is 58,8-9). Cosa vuoi di più?! 

«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini – conclude Gesù – perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16). È lassù, infatti, in grembo al Padre, che ritorna la luce che il Padre semina in noi attraverso il Cristo. È solo lui che ne deve guadagnare. Riservarla a noi rovinerebbe tutto… Il sale, infatti, che sala il sale fa sputare con disgusto. Non solo è inutile, ma dà un fastidio insopportabile. E anche la luce che illumina se stessa si brucia all’istante. Ma anche metterla sotto il moggio non serve a niente. Una luce spenta è tenebra. L’oscurità immediatamente ne documenta l’assenza, ma soprattutto genera in chi cerca la luce promessa, un immediato disincanto. Infatti, «se il sale perde il sapore… a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente». Non si merita altro! E allora, «guardate a lui e sarete raggianti – assicura il salmo – i vostri volti non dovranno arrossire» (Sal 34,6). Una lampada, una volta accesa, ha solo un posto dove andare: «sul candelabro a far luce a tutti quelli che sono nella casa»
(Mt 5,13.15).  

frate Silenzio

Sorella allodola

Il gusto di chi vive è dare luce e sale a tutta la vita!

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