VI Domenica di Pasqua *Domenica 17 maggio 2020

Giovanni 14,15-21

Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Un’inquieta nostalgia del Bene

Dentro a ciascuno c’è la nostalgia del bene e contemporaneamente anche il fascino del male. Nella mia esperienza ho visto che la parte migliore di noi non matura spontaneamente: ha bisogno di cura quotidiana. Quella peggiore, invece, è sempre rigogliosa, spontanea e sembra non aver bisogno di particolari cure. La battuta che mi faccio è che è più facile fare il male, mentre il bene è una strada da scegliere quotidianamente. Concretamente, è più facile arrabbiarsi che mantenere la calma; è più facile scoraggiarsi che continuare a cercare il positivo; è più facile lamentarsi e dare la colpa a qualcosa o a qualcuno invece di scegliere il cambiamento che vorremmo vivere; è più facile lasciare disordine e sporco invece di lasciare le cose meglio di come le abbiamo trovate; è più facile interrompere un rapporto invece di imparare cosa significa vivere l’amore.

La Scrittura proclama che l’istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza (Gen 8, 21), ed è una saggia verità che più volte ho sperimentato in me. Ho visto che il male cresce grazie alla superficialità, alla noncuranza, all’invecchiare senza imparare nulla da quello che si è vissuto. Il male nasce e cresce perché non si fa chiarezza in sé, perché non ci si esercita nella capacità di giudizio e nella cura delle idee personali; perché pian piano ci si lascia sprofondare nel divano della pigrizia, diventando esperti di telecomando, rimandando in continuazione al prossimo lunedì ciò che fa bene oggi. È altrettanto vero che abbiamo dentro noi stessi un’inquieta e sana nostalgia di vita, di armonia, di bellezza, di felicità: di bene. È un desiderio di cui sentiamo la mancanza sempre, a meno che l’anima non sia rinsecchita per il disordine interiore che s’è abituata a vivere.

Chi pensa che il bene sia spontaneo, che non abbia bisogno di cure e di esercizio per crescere ed essere capace di dirigere la vita, compie un grande errore. E per vedere come questo errore sia diffuso, basta considerare come spesso si confonda il parlare vero con il parlare istintivo, la competenza con la fortuna, la genialità con un immeritato dono di natura. Se una persona vuole tentare di dare concretezza a ciò che ha intuito, al desiderio che ha nel cuore, deve percorrere la via dell’esercizio, e la deve percorrere giorno dopo giorno, nelle varie età della vita, sempre, perché non si finisce mai di prendersi cura del bene e di farlo vivere e crescere.  È così facile mancare di rispetto alla vita, al dono che ci è stato affidato! È così facile scivolare nello spreco di sé e nell’ingannare anche se stessi! E allora, come si può fare? Gesù dice: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Comandamenti… una parola che provoca sempre perplessità e noia, forse perché la bellezza e la necessità della fede sono state presentate, anzi, ridotte a osservanza e il Vangelo è stato declassato a manuale di istruzioni. Non credo fosse un’osservanza fine a se stessa, una sottomissione, quella che Gesù voleva proporre. Credo piuttosto che vivere la parola di Gesù, “osservare i suoi comandamenti”, aiuti a scoprire, a capire e a stare in ciò che è Verità. E la Verità, non la verità del mondo, si riconosce e si manifesta in ciò che vivifica, cioè in quello che dona chiarezza, direzione, serenità, libertà interiore, forza alla vita e ai pensieri che stiamo vivendo.

Io vivo e voi vivrete: ecco, Gesù non propone un’osservanza esteriore, un regolamento da rispettare, ma dona un modo per vivere, una via da percorrere per custodire e far crescere il bene di cui abbiamo desiderio nel cuore e bisogno per vivere. Faccio un esempio: chi è sposato sa bene che niente dura per sempre, nemmeno le intenzioni più pure e i desideri migliori. Il comandamento custodisce la bontà delle intenzioni e dei desideri, dicendo Questa cosa che stai vivendo, questa cosa da cui ti senti attratto fa crescere il bene che c’è in te? Fa crescere il bene che vuoi alla tua donna o al tuo uomo? Pensaci… se non è così, allora lasciala….

Il comandamento serve per difenderci dal male che è in noi, proprio quello che spesso si traveste da bene, e serve per dare concretezza al desiderio di star bene e di essere vivi, anche da vecchi. Penso che per guarire la pigrizia, la superficialità, l’incostanza che spesso abitano in noi, Dio abbia messo nel cuore la nostalgia e il desiderio della Verità. Gesù ha promesso di non lasciare solo chi sceglie di percorrere questa via, manda un aiuto, “lo Spirito della verità”. Per questo credo che lo Spirito si manifesti e suggerisca ogni tentativo che mettiamo in atto per cercare e vivere la Verità, per dare compimento al desiderio di autenticità e di bene che abbiamo dentro, per fare un passo in avanti, per far sì che il modo di stare nella vita arricchisca la vita.

Suggerisco questo semplice esercizio spirituale: mi prendo un foglio di carta e mi fermo per un po’ di tempo a guardare il mio modo di stare in quel che vivo... Concretamente – ad esempio – penso al mio matrimonio, al mio modo di reagire quando qualcosa non va, al mio modo di decidere quel che c’è da scegliere, al mio modo di essere mamma, al mio modo di essere padre, al mio modo di essere prete, al mio modo di spendere i soldi, al mio modo di essere fidanzato, a come vivo le mie amicizie… e mi domando: quali sono i “comandamenti” da cui mi lascio guidare? Provo a scriverne alcuni tra quelli che mi pare siano presenti nella mia vita. Dopo qualche giorno, riprendo in mano quanto ho scritto e, alla luce di quanto vissuto, mi interrogo verificando se davvero le parole che ho scritto, quei comandamenti, hanno ispirato le mie scelte oppure no. E ancora, mi domando: questo modo di “osservare i comandamenti” mi ha fatto diventare una persona più vera? Ha custodito e fatto crescere la vita che è in me e in chi è accanto a me? Provo, infine, a comporre una breve preghiera alla luce di quanto Gesù dice nel vangelo e che tenga conto del mio vissuto. 

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