Il vescovo Claudio incontra a Praglia i dirigenti scolastici
Dopo il primo appuntamento dello scorso anno, il vescovo Claudio nel monastero di Praglia incontra per la seconda volta i dirigenti scolastici della diocesi di Padova per approfondire con loro il tema della sfida educativa individuando comuni orizzonti su cui impegnarsi.
Sabato 22 aprile, per il secondo anno consecutivo, il vescovo Claudio incontra, nell’abbazia benedettina di Praglia, i dirigenti scolastici della diocesi di Padova.
Il senso di questo incontro, in un dialogo che continua, è dato dall’esigenza di rintracciare comuni riferimenti e un comune senso del servizio educativo oggi, in una società complessa e ricca, ma anche frammentata, conflittuale, disorientata.
«Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. La definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione» (Indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, 2012). Per questo è necessario che lo studente (venga) posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi.
Se questa è la prospettiva, scuola e chiesa devono rimettersi in cammino, per riuscire a decifrare nell’attualità quelli che sono i tratti distintivi ed essenziali dell’accompagnamento educativo, nella novità delle domande e dei linguaggi che pone.
Su questi presupposti ci incontriamo a Praglia, per lasciarci provocare dal motto monastico “ora et labora” contenuto nella Regola di san Benedetto. Tantissime persone, fra le quali si riconoscono i dirigenti scolastici, si sentono oggi oppresse da un compito arduo e impegnativo, sottoposte a ritmi frenetici e a richieste spesso incomprensibili. Come antidoto a quest'oppressione, c'è chi vorrebbe liberarsi del lavoro o vorrebbe vedere limitato il proprio carico di incombenze e di responsabilità. Come san Benedetto non vedeva nessuna opposizione fra lavoro e preghiera, questa occasione che ci viene offerta potrebbe stimolarci all'unità tra preghiera e lavoro: il lavoro ci chiede di pregare bene e la preghiera potrebbe aiutarci ad affrontare il lavoro nella maniera giusta.
Sicuramente don Lorenzo Milani, cui si ispira l’incontro, ha interpretato con attualità la missione educativa. “La cultura che serve” è un invito a tutti, scuola e chiesa, a ripensare ad una cultura umanistica, perché non separata, idonea a conferire gli strumenti necessari per capire se stessi e per cogliere il senso del mondo e degli eventi.
In questa prospettiva la cultura libera, è fonte di emancipazione degli ultimi e degli esclusi, perché offre le chiavi della cittadinanza attiva e responsabile, il repertorio per pensare con la propria testa in modo critico e profondo. Infine la cultura serve, perché se, come diceva don Milani, «il sapere serve solo per darlo», la scuola è invitata a proporre per l’impegno di studio ideali più alti di servizio all’uomo, che non siano quelli utilitaristici della carriera, del tornaconto personale o il mero esercizio del potere.
Rocco Bello e Giovanni Battista Zannoni, dirigenti scolastici