Luca Parmitano: «Non ci sono confini, ma solo orizzonti»

L’astronauta italiano Luca Parmitano racconta e si racconta: «Dalla scienza spaziale non possiamo attenderci risultati più veloci rispetto a quelli forniti dalle altre scienze, ma…». E ancora: «Il fatto che non siamo soli nell’universo è più una probabilità che una possibilità».

Luca Parmitano: «Non ci sono confini, ma solo orizzonti»

È stato lontano da casa per 166 giorni, 6 ore e 19 minuti ma non si è ancora stancato di guardare la terra a 400 chilometri di distanza. Non ne vuole sapere di stare fermo Luca Parmitano, maggiore dell’aeronautica militare: da quando è rientrato alla base, dopo essere atterrato nella steppa del Kazakistan, ha iniziato a girare per il mondo e a raccontare cosa significhi vivere l’esperienza straordinaria di abitare lo spazio.
Lo raggiungiamo durante la tappa statunitense del post flight tour, che lo vede impegnato lungo la costa atlantica per incontri e conferenze. «Vorrei coinvolgere più persone possibile prima che il mondo mi dimentichi», scherza Parmitano, che parla a briglia sciolta di mari adocchiati dalle stelle e città che infuocano le notti siderali ma rallenta quando al centro della discussione è il suo rapporto con Dio: «È un aspetto della mia vita che ritengo troppo personale per parlarne pubblicamente. La fede è una ricerca interiore». E allora partiamo da qui.
 
Siamo abituati ad alzare gli occhi al cielo quando cerchiamo conforto…
«È un nostro istinto. In realtà credo che la divinità vada cercata nell’infinitamente piccolo, dentro di noi. Non guardando verso l’alto ma verso il basso. È questo il modo in cui vivo la mia spiritualità».
 
Lo ha imparato da ragazzo, quando studiava con i salesiani di Catania?
«È una delle cose che porto con me di quel periodo. Ho ricordi bellissimi e con molti dei miei professori sono ancora in contatto. Avevano un rapporto incredibile con i ragazzi: con il loro esempio ci spingevano a studiare, a crescere e a porci domande».
 
Dunque lei crede?
«È un argomento che preferisco tenere privato. Semplicemente penso non sia utile manifestare una fede personale perché io vorrei rivolgermi a tutti, a quelli che ce l’hanno una fede ma anche a quelli che non ce l’hanno».
 
Sembra quasi che ci siano due Luca Parmitano: l’uomo e l’astronauta…
«Per fare questo lavoro bisogna separare il professionista dall’uomo. L’uomo può avere una fede ma il professionista è addestrato a eliminare il contesto personale nel momento in cui lavora. Quando chiudo il tettuccio di un velivolo o il portello della navetta non posso permettere che elementi personali interferiscano con la mia performance, da cui dipendono persone e interessi scientifici che non possono essere messi a rischio».
 
Durante la permanenza nello spazio ha scattato fotografie suggestive di una terra senza confini…
«I confini ce li siamo inventati noi. Se penso alle tensioni internazionali e ai desideri di annessione che si vivono in questi giorni, beh… tutto questo visto da centinaia di chilometri di distanza appare lontano e insignificante. Ho visto l’Europa illuminata di notte senza confini e linee di separazione, un’unica entità collegata come i neuroni di un essere vivente. È uno spettacolo di una bellezza straordinaria. I confini che abbiamo immaginato non esistono. Chi vola sa che non ci sono confini, soltanto orizzonti».
 
Alle sue figlie ha scritto che il mondo è meraviglioso se guardato con gli occhi giusti: quali?
«I bambini hanno gli occhi giusti per guardare il mondo, senza preconcetti e giudizi costruiti. Pensiamo al deserto: siamo abituati a immaginarlo come un luogo morto e inospitale. Ma quando l’ho visto per la prima volta dall’alto mi sono reso conto di quanto sia vivo e in continua evoluzione, pieno di colori e sfumature. Ecco, i bambini vedono il mondo in questo modo, prendendolo semplicemente per quello che è».
 
A bordo della stazione spaziale avete condotto oltre 200 esperimenti. Ci saranno novità importanti per il futuro?
«Dalla scienza spaziale non possiamo attenderci risultati più veloci rispetto a quelli forniti dalle altre scienze. Basti pensare al tempo che sarà necessario per analizzare le quantità di dati raccolti… Molte delle operazioni a bordo, però, hanno una ricaduta immediata a Terra. Ad esempio, mentre eravamo in orbita abbiamo contribuito a sviluppare dei software e delle tecniche di utilizzo di una macchina per ecografie molto piccola che permette di effettuare diagnostica sulla spina dorsale. Lo strumento, grande quanto un computer portatile, potrà essere utilizzato anche in zone remote dove non ci sono risonanze magnetiche tradizionali».
 
Abbiamo iniziato parlando di Dio, finiamo guardando alla vita fuori dal nostro pianeta: siamo davvero soli nell’universo?
«Come uomini abbiamo un grande limite: l’immaginazione. Non siamo in grado di concepire qualcosa che sia completamente distaccato da ciò che conosciamo. Se pensiamo di cercare la vita così come la definiamo sulla Terra, restringiamo enormemente il campo delle possibilità. Se invece accettiamo l’idea che ci possa essere qualcosa di totalmente diverso, perché dobbiamo mettere limiti al possibile? Se siamo in grado di lasciare completamente aperta l’immaginazione, e pensare che ci sia qualcosa di comparabile a quello che noi chiamiamo vita, il fatto che non siamo soli nell’universo diventa allora più una probabilità che una possibilità».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: Parmitano (1), spazio (3), Nasa (2), astronauta (1)
Fonte: Sir