Toccare con mano la crisi. Giovani della Caritas in servizio ad Atene

Un’esperienza forte a contatto con i migranti, quelli arrivati in Grecia da piccoli e coinvolti nella pesante crisi economica e quelli che attraversano il Mediterraneo oggi, per dieci giovani da tutto il Triveneto. Grazie alla Caritas un viaggio di speranza

Toccare con mano la crisi. Giovani della Caritas in servizio ad Atene

Dieci giorni in Grecia. Il sogno di ogni giovane: mare, spiaggia, cultura... A tutto questo Caritas ha aggiunto per dieci ragazzi tra i 18 e i 25 anni provenienti dalle diocesi del Nordest, l’ingrediente del servizio.

Ospitati in una struttura di Caritas Atene a dieci chilometri dalla capitale, hanno toccato con mano la crisi. «Questi giorni sono stati pieni, senza pause: fatti di aiuto pratico, ascolto, osservazione e svago – racconta Matteo Penazzo, 20 anni, della parrocchia di Cambroso – E all’ultimo giorno ho provato lo sconforto, per essere già giunto al termine di un’esperienza indimenticabile, misto a una certa soddisfazione: ero sicuro di essere riuscito a vivere appieno ogni singolo particolare dell’intera esperienza».

Fondamentali sono stati i compagni di viaggio. «Condividere ogni aspetto del campo – aggiunge Matteo – poter osservare azioni e reazioni diverse dalla propria di fronte allo stesso evento, aiutare e aiutarsi, sono stati elementi che hanno reso l’intera esperienza migliore. Insieme, abbiamo potuto ascoltare testimonianze su alcuni aspetti della realtà greca, come le due facce dell’immigrazione: chi era ad Atene solo di passaggio diretto in un altro paese, chi invece era arrivato in Grecia da bambino e si era dovuto integrare in una realtà al tempo stesso restìa e accogliente. Da Atene ho portato a casa la consapevolezza che non c’è bisogno di gesti eclatanti per fare qualcosa di importante o utile: ogni piccola azione, dal dipingere un muro al lavare i piatti della mensa, ha un grande valore perché fatto per qualcun altro e con qualcun altro».

Durante il campo i giovani hanno svolto diverse attività: dal servizio alla mensa popolare ai giochi con i figli dei rifugiati, dallo smistamento dei vestiti alla cura faticosa degli orti sociali. «Nonostante il ritmo di lavoro serrato – racconta Francesca Bocchini, di Verona – le conversazioni con i beneficiari dei servizi e i volontari ci hanno dato uno scorcio interessante sulla vita qui. “Crisi, crisi, crisi” risuonava come una colonna sonora: uno psicologo ci ha spiegato che il tasso di suicidi è triplicato, la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 60 per cento e la depressione, anche nei più giovani, è in forte aumento».

Tuttavia i ragazzi hanno scoperto che proprio nei momenti difficili scatta la capacità di costruire realtà migliori. Emblematica la visita all’orto e all’ambulatorio sociale. «Qui un gruppo di volontari specializzati offre il proprio tempo per garantire cibo e cure mediche. Come studentessa di diritti umani, assistere alla realizzazione di progetti di assistenza tanto radicali e innovativi in un contesto dipinto come irrecuperabile è stato incoraggiante. In ogni realtà, l’individuo lasciava generosamente spazio alla comunità».

Senza dubbio il contatto con la realtà greca non è stato indolore. «Avevo in testa il racconto di amici su strepitose vacanze nelle isole greche e quindi ho stentato a riconoscere la Grecia descritta da loro», racconta Laura Alborghetti, 19 anni, della parrocchia di Chiesanuova, che ha infatti trovato un paese che ha oggi più che mai bisogno di rinnovamento per rialzarsi. E questo non può avvenire senza una presa di coscienza, e di posizione, da parte dei cittadini stessi. «Vedo però la speranza – aggiunge la giovane – Non perché sono una sognatrice, ma perché nelle realtà di volontariato ho sentito la voglia di dare una mano: di farsi un giro per il centro di Atene sotto il sole di mezzogiorno e dare del pane ai senza tetto che incontri per strada; di alzarsi dal letto la mattina presto per andare ad innaffiare per tre ore l’orto sociale! E qui ho incontrato l’altro: mille volti, mani, sorrisi che mi sono riportata in Italia, con la voglia di fare di più, perché anche qui c’è la possibilità di fare di rinascere con un volto tutto nuovo. Quindi grazie Caritas per avermi dato la possibilità di fare quest’esperienza, che non è stato solo uno spostarsi sterile, ma un viaggio di speranza!»

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