Nella festa di Santa Tecla a Este, il Tiepolo svela i suoi colori

Il restauro della grande tela di Giambattista Tiepolo che impreziosisce il duomo di Santa Tecla a Este sta rivelando tutto lo splendore delle originali tinte, ma dovrà proseguire ancora per almeno un anno e mezzo, anche per attendere la fine dei lavori in duomo. Un depliant spiega alla cittadinanza in attesa i risultati che si stanno ottenendo e i tempi che saranno necessari per veder tornare a casa il capolavoro.

Nella festa di Santa Tecla a Este, il Tiepolo svela i suoi colori

Gli azzurri tornano ad avere la profonda brillantezza del cielo; gli incarnati ora la morbidezza carezzevole della pelle ora il livido pallore della malattia e della morte: quelli che stanno emergendo, sotto il lento e paziente lavoro dei restauratori, sono i colori “veri” di Giambattista Tiepolo, quelli che rendono la pala di Santa Tecla un capolavoro assoluto dell’ultimo Settecento veneziano.

Un “miracolo” reso possibile solo dalla perizia e dalla pazienza, perché il lavoro di pulitura che si sta effettuando sulla pala, dopo aver eseguito le indagini preliminari necessarie alla perfetta conoscenza del suo stato di conservazione, dev’essere accurato e calibrato di volta in volta a seconda della reazione del pigmento al solvente. In mezz’ora di lavoro, dichiara chi ha assistito di persona all’operazione, non si riesce a trattare più di due centimetri quadrati di superficie, attraverso il passaggio reiterato del solvente fino ad arrivare a far emergere lo strato originario di colore, senza intaccarlo o alterarlo.

La pazienza è quella che viene chiesta anche ai fedeli della parrocchia di Este, del vicariato atestino e della diocesi tutta, che ormai da due anni sentono il peso dello spazio vuoto nella concavità dell’abside del duomo, come quello di una persona cara andata a curarsi lontano. Alla pazienza farà appello indirettamente il depliant informativo predisposto in occasione della festa di Santa Tecla, il 23 settembre, e in distribuzione questo fine settimana a Este. «Spiegherà, soprattutto attraverso le immagini – racconta don Bruno Cogo, direttore dell’ufficio diocesano per i beni culturali e vicario parrocchiale al duomo di Este – le varie tappe che hanno portato all’intervento sulla tela, a partire dalla richiesta di prestito dell’azienda speciale Villa Manin di Passariano di Codroipo per la mostra “Giambattista Tiepolo” nel 2013 che la soprintendenza ha giustamente subordinato al restauro dell’opera. Restauro che ha concluso la parte esplorativa e, dopo l’esposizione alla mostra sul Tiepolo, è entrato nella fase esecutiva, che sta riservando scoperte incredibili, soprattutto per quanto riguarda la qualità del colore nascosto dalle patine di colle e resine stese nei tre restauri più recenti, uno alla fine dell’Ottocento e due del Novecento».

Se il capolavoro del Tiepolo sta rivelandosi, centimetro dopo centimetro, in tutto il suo nitore, è anche vero che i tempi di intervento si stanno prolungando ben oltre le speranze dei parrocchiali e i progetti dell’azienda speciale Villa Manin, che ha stanziato i primi 35 mila euro e ha messo a disposizione gli spazi per l’intervento, assegnato alla ditta Crac - Conservazione restauro arte contemporanea di Franco Del Zotto e Vera Fedrigo. Spazi di cui ora Villa Manin ha chiesto sia restituita la disponibilità, per poterli utilizzare per le attività culturali in programma. Ecco allora che si è reso necessario reperire un altro ambiente idoneo a ospitare la tela, che va ricordato misura poco meno di sette metri di altezza per quattro di base, per il resto dell’intervento, che i restauratori giudicano doversi estendere per almeno un altro anno e mezzo. Grazie ai contatti della ditta restauratrice, si è arrivati a un accordo con il comune di Sarmede, che da anni organizza e ospita l’ormai famosa mostra internazionale sull’illustrazione.

«La comunità di Sarmede – sottolinea Elisabetta Favaron dell’ufficio diocesano per i beni culturali – che ha una spiccata sensibilità per le attività artistiche, ha messo a disposizione gratuitamente la sala polivalente in cui la scorsa domenica è stato spostato il dipinto. La sala è dotata di impianto di climatizzazione, ha un’ottima illuminazione, sia naturale che artificiale, e un impianto di allarme. Lo spazio era comunque idoneo, anche per la vicinanza con la sede della protezione civile e della polizia locale, e perché facilmente accessibile ai mezzi di trasporto e alle persone. Esiste anche l’intenzione, visto che Sarmede è abituata ad ospitare artisti e laboratori di illustrazione, con un’ampia circuitazione culturale, di organizzare laboratori aperti e visite guidate per scolaresche e gruppi, tanto più che nei programmi della mostra sull’illustrazione che apre ad ottobre ci sono anche attività connesse al Tiepolo». L’operazione di trasferimento, effettuata in collaborazione con la protezione civile di Rivignano Teor, non è stata semplice. Si è dovuta arrotolare con molta cautela l’opera su di un rullo che è stato poi trasferito nella sala di Sarmede. Qui la tela è stata stesa con la massima attenzione sul tavolato appositamente costruito per questo restauro». Prima di scegliere questa soluzione erano state prese in esame altre opzioni, tra cui anche quella estense, poi scartata perché il luogo individuato, di proprietà della parrocchia, aldilà dei necessari lavori di adeguamento, non aveva un accesso sufficientemente comodo per un ospite così ingombrante. Va poi valutato il fatto che i restauratori sono tutti friulani e sarebbe stato difficile per loro affrontare trasferte così impegnative per un tempo tanto prolungato.

Se in questo momento l’operazione che si sta eseguendo sulle tela è di pulitura e restituzione dei colori originali, il problema futuro da affrontare per la sua corretta conservazione riguarda il supporto su cui sarà collocata. Come è noto, la pala del Tiepolo era inchiodata in origine su un tavolato arcuato che seguiva il profilo dell’abside. Alla fine dell’Ottocento si decise di togliere la tela dal suo supporto, di rivestirla con una fodera di stoffa e di installarla su di un telaio piano. La soluzione però fu subito criticata perché procurava nuovi danni alla pala e alterava le linee architettoniche dell’abside del duomo. Così nel 1927 si provvide a rintelaiare l’opera su una struttura curva. Per incastrare il nuovo telaio, realizzato per lasciar respirare l’opera anche dal retro, fu necessario tagliare sui bordi il tavolato originale. «I due restauri – scrive Elisabetta Francescutti, funzionario storico dell’arte della soprintendenza – modificando l’originario sistema di tensionamento della tela provocavano nuove emergenze conservative a carico sia del supporto che del colore». Il telaio in curva non permette infatti di tendere bene la tela e nelle pieghe si deposita la polvere accentuandone la visibilità. Il problema non è stato risolto dall’intervento del 1971 ed è quindi consegnato tutto intero nelle mani dei restauratori, che stanno pensando a un aggancio flottante della tela che permetta una corretta distribuzione delle tensioni.

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