Prevenire l’aborto? Serve una cultura della vita

 I sostenitori della legge 194 ritengono in particolare che con la legalizzazione dell’aborto non viene fatta una scelta che lo favorisce, ma una scelta che limita la clandestinità di aborti. Ma l’aborto clandestino si combatte con misure sociali preventive, rimuovendo le cause di ingiustizia che costringono la donna a subire la violenza di chi la circonda. È necessario promuovere un’azione culturale che evidenzi il valore della vita fin dal suo concepimento e il dovere di dare risposte concrete alle donne in difficoltà per l’attesa di un figlio

Prevenire l’aborto? Serve una cultura della vita

Il motivo per cui i ginecologi obiettori sono più numerosi dei colleghi che praticano gli aborti è semplicemente perché con l’aborto si pone fine alla vita di una essere umano unico e irripetibile violando così, non solo la più basilare norma etica, ma lo stesso codice deontologico medico. È chiaro quindi che se una donna chiede di abortire, si dovrà ricorrere a strumenti normativi, ma non alla discriminazione tra ginecologi obiettori e non obiettori perché si violerebbe un diritto fondamentale (l’obiezione), per assicurare quanto la legge permette come possibilità.

Non si deve dimenticare infatti che non esiste un diritto all’aborto, ma solo una possibilità di abortire. Il fondamento della legge 194 non è la negazione dell’identità umana del concepito, ma la presenza di uno “stato di necessità” (in relazione a un pericolo per la salute della donna che comporti danno o pericolo grave, medicalmente accertato e non altrimenti evitabile), che legittimerebbe, secondo il legislatore, la soppressione della vita del concepito, ma che comunque presuppone il conflitto tra i diritti dei due soggetti (diritto alla salute della donna e diritto alla vita dell’embrione).

Si dirà che comunque altri sono i presupposti della legge 194. I suoi sostenitori ritengono in particolare che con la legalizzazione dell’aborto non viene fatta una scelta che lo favorisce, ma una scelta che limita la clandestinità di aborti che avverrebbero ugualmente. Gli aborti clandestini sono una piaga sociale qualunque sia il loro numero. È peraltro riconosciuto che la legalizzazione o la liberalizzazione dell’aborto non ne producono l’eliminazione, segno questo evidente che l’aborto contrasta con la coscienza della donna, che spesso preferisce “nascondersi” piuttosto che ricorrere all’assistenza pubblica, meno adatta per sua natura a conservare nel segreto la sofferenza morale.

Dobbiamo convincerci che l’aborto clandestino si combatte con misure sociali preventive, rimuovendo le cause di ingiustizia che costringono la donna a subire la violenza di chi la circonda. Sostenere che la legge è giusta perché combatte l’aborto clandestino è quanto meno poco rispettoso per coloro che in questi 40 anni hanno sacrificato energie di ogni genere per salvare vite umane nonostante la legge. I 180 mila bambini nati e le 650 mila donne tra gestanti e non gestanti assistite con l’aiuto del Movimento per la Vita e dei Centri di aiuto alla vita sono il frutto della resistenza morale alla legge.

Ma che fare concretamente per prevenire veramente l’aborto? È necessario promuovere un’azione culturale che evidenzi il valore della vita fin dal suo concepimento e il dovere di dare risposte concrete alle donne in difficoltà per l’attesa di un figlio. È necessaria inoltre una vera e propria educazione alla vita dei giovani, facendone capire la grandezza e il fascino e liberandoli così dagli stereotipi della nostra società.

Si dovranno fornire una seria informazione sul tutte le “metodiche per la regolazione della fertilità”, sia naturali che contraccettive (smascherando le metodiche abortive o cripto abortive). Si dovrà far capire che ogni metodica non deve mai essere considerata un fine, ma unicamente un mezzo per giungere a una paternità e maternità responsabile, e comunque che devono presupporre un atteggiamento di incondizionata accettazione della vita.

Occorre far capire che il massimo della difesa della vita sta nella mente e nel cuore di ognuno di noi e in particolare dei genitori, ovvero che “prevenire l’aborto” significa “accogliere la vita”. Tale accoglienza è nella sua essenza espressione di libertà, libertà di chi pone il riconoscimento dell’altro come punto di riferimento della sua libertà.

Ubaldo Camillotti

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