«Niente misericordia per i corrotti»

Più di 500 parlamentari italiani hanno partecipato giovedì 27 marzo alla messa con il papa alle 7 del mattino. L’affluenza ha obbligato ad abbandonare per un giorno la cappella di Santa Marta per la basilica di San Pietro. Da Bergoglio parole fortissime, che non ha precluso la via della salvezza ad alcuno, introducendo però una sottile differenza tra il peccatore che «scivola» nella corruzione, quasi a sua insaputa, e colui che ha il «cuore duro». A costui, prima del perdono, è necessaria la conversione.

«Niente misericordia per i corrotti»

La mattina di giovedì 27 marzo, di buonora, uno stuolo di 500 parlamentari italiani partecipano alla messa che papa Francesco è solito celebrare alle 7 nella cappella di Santa Marta. Una levataccia, commenta qualcuno dei partecipanti. Una bella pensata, ironizza invece un cittadino: ministri e onorevoli potranno così arrivare puntuali al lavoro. Battute e ironie a parte l’evento è senz’altro singolare, sia per il numero dei partecipanti (circostanza che costringe gli organizzatori a spostare la celebrazione nella basilica di San Pietro), sia per le parole che il papa rivolge loro, ma che purtroppo scivolano un po’ via nella disattenzione generale a causa della concomitante visita in Vaticano del presidente degli Stati Uniti Barak Obama. Giornali e televisioni comunque le riportano soffermandosi in particolare su un’affermazione di non facile interpretazione del papa, il quale dopo aver parlato di una «classe dirigenziale che al tempo di Gesù si era allontanata dal popolo», di «interessi di partito e lotte interne», della necessità di «aprirsi a Dio e al popolo», di «uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini», sorprende i partecipanti parlando di «peccatori che scivolano in corrotti, il cui cuore è indurito» e affermando che «i primi saranno perdonati, perché possono redimersi, i secondi no, sono fissati nel loro errore». Parole, come si può intuire, molto dure, in parte anche inconsuete, almeno nella loro formulazione, che destano non poca meraviglia e qualche sconcerto sulla bocca di un papa che ha fatto della misericordia, del perdono, il perno del suo magistero e della sua azione pastorale. Per interpretare correttamente queste parole è bene non perdere vista la questione che il papa mette sul tappeto e che non è la misericordia, il perdono, bensì la corruzione. O meglio, si potrebbe dire, una possibile figura politica, e non solo spirituale o morale, della corruzione, in una società dove la corruzione è tale, così radicata e strutturata, che il perdono rischia di passare per un favore al crimine e al suo incremento, una breccia fatale che rischia di far passare all’interno del sistema democratico i nemici più subdoli e nascosti della democrazia. Unica alternativa e rimedio alla corruzione – questo il duro monito del papa – non è, né può essere, la misericordia, il perdono, ma la «conversione», vale a dire un radicale cambiamento di stile, di mentalità, di costume, di prassi. E non solo a livello privato, personale, ma anche a livello pubblico, sociale e politico. Il che ovviamente non è possibile senza una nuova concezione anche della conversione che sfondi il solito contenitore individualistico, ascetico, moralistico, per diventare principio di una nuova etica sociale e politica che sia in grado di denunciare e analizzare, ma anche e soprattutto di lottare e combattere a fondo contro la corruzione instaurando in tutti, particolarmente nei politici, atteggiamenti e comportamenti nuovi. In pratica – afferma il papa – la misericordia, il perdono, è sì possibile, ma solo quando vi è conversione autentica. E vi è conversione autentica solo quando vi è effettiva presa di distanza e lotta alla corruzione attraverso una serie di fasi o passaggi ben articolati secondo una successione organica che implica: analisi e comprensione del fenomeno, dolore e pentimento dei corrotti, riparazione e risarcimento della comunità. Diventano a questo punto più comprensibili e chiare anche le parole del papa che televisioni e giornali a botta calda hanno alquanto frainteso parlando di perdono per i peccatori, ma non per i corrotti. Come se i corrotti non fossero peccatori. La verità è che il papa nel suo discorso introduce una distinzione sottile tra peccatori che «scivolano – come egli si esprime – in corrotti» e peccatori «il cui cuore è indurito», quasi fissato su prassi e comportamenti che fanno della corruzione un costume, una pratica abituale, che la fa apparire normale e quasi la giustifica appellandosi al ben noto ritornello: così fan tutti!

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