«Figlio di un Vù cumprà, ora punto in alto»

Il padre vendeva accendini da clandestino. Poi nel 1990 la sanatoria che cambia la loro vita. Lui ha la cittadinanza italiana, richiesta appena maggiorenne. Studi alla Cattolica, laurea con 110 e lode: «Dico ai miei connazionali in Italia: siate ambiziosi, fatevi valere».

«Figlio di un Vù cumprà, ora punto in alto»

Abdoulaye Mbodj, un marcantonio senegalese di due metri di altezza, è il primo, e finora unico, avvocato di origine africana del foro di Milano.
Abdoulaye ha 32 anni e una parlantina assolutamente consona alla sua professione.

«Il vero eroe è mio padre Alioune. Arrivò in Italia nel 1988, al tempo delle prime ondate migratorie. Non giunse su un barcone, ma in aereo a Fiumicino con un visto turistico. Alla scadenza del permesso è rimasto qui fino alla sanatoria del 1990 che gli permise di portare in Italia mia madre Anika, mia sorella Aisha e io. Nel 1995 a Codogno (Lodi) è poi nato il mio fratellino Matar».

Come faceva a mantenersi?
«Vendeva accendini in piazzale Loreto a Milano. In questi due anni da clandestino, a differenza di altri suoi colleghi che a causa dei reati commessi sono finiti dietro le sbarre a San Vittore, mio padre ha tenuto duro ed è stato premiato quando Claudio Martelli, lungimirante ministro della Giustizia, decise di dare una chance a tutti gli immigrati».

Come sono stati i primi tempi in Italia?
«Non conoscevo una parola di italiano. La gente però ci ha visti come quelli che si rimboccavano le maniche, quindi ci hanno voluto bene. La mia maestra delle elementari ha creduto in me e ha detto: “Dobbiamo dare fiducia ad Abdou che è bravo ed è intelligente”».

Quali scuole ha frequentato?
«Il liceo scientifico, quindi Giurisprudenza alla Cattolica. Mio padre mi disse: “Abdu, se l’università vuoi farla in otto anni, io ti sbatto fuori”».

Una scelta universitaria davvero particolare per un musulmano…
«All’università durante un colloquio mi rivolsero una domanda: “Ma perché ti vuoi iscrivere proprio in Cattolica?”. Io risposi che lo facevo perché la Cattolica aveva sfornato i migliori giudici della Corte costituzionale e i migliori magistrati italiani. Mi sono laureato con 110 e lode con una tesi di diritto commerciale. Dopo due anni di pratica forense ho passato l’esame di stato al primo tentativo nel capoluogo lombardo e sono il primo avvocato africano del foro di Milano».

Quando ha ottenuto la cittadinanza italiana?
«Nel 2009. Ho dovuto aspettare di essere maggiorenne, ho presentato la domanda, ho atteso tempi biblici, è arrivata nell’agosto 2009 ed è stata una fortuna perché altrimenti ad ottobre, quando mi sono laureato, avrei perso l’anno di praticantato, perché bisogna essere italiani».

Cosa pensa del tanto discusso disegno di legge sullo ius soli?

«Più che ius soli si tratta di ius culturae. Sono comunque in prima fila a difendere questa battaglia di civiltà. Questi ragazzi sono già integrati. Come diceva il card. Martini, persona di straordinaria lucidità: “Chi è orfano alla casa dei diritti, difficilmente sarà figlio nella casa dei doveri”».

Dopo la laurea è tornato in Senegal?
«Sì, perché tre anni fa ho costituito una onlus intitolata ai miei nonni materni (www.aabaonlus.org) con cui aiuto lo sviluppo di Guediawaye Sahm-Notaire, una circoscrizione di Dakar. Stiamo sistemando l’ospedale e ogni anno porto a Lodi due infermiere che studiano come si fanno i parti cesarei, le trasfusioni, come si cura il diabete».

I suoi amici che ha lasciato in Senegal cosa pensano di lei?
«Mi vedono come un riferimento. Mi dicono: “Tu sei quello che ci ha ridato dignità” e sono contenti che io stia facendo qualcosa per aiutare il Senegal. Inoltre sprono i miei compagni africani, senegalesi immigrati a puntare in alto. Bisogna che gli immigrati siano visti come tutti gli altri che penetrano nel tessuto sociale».

Alberto Margoni

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