Riforma del terzo settore, un «passaggio storico per il non profit»

Intervista a Edoardo Patriarca, deputato del partito democratico e presidente del Centro nazionale per il volontariato, sulla riforma approvata dal senato e ora in attesa del voto della camera. «La legge è davvero un “momento epocale” per il mondo del non profit perché dà respiro all’imprenditorialità sociale, ma allo stesso tempo ne accresce la responsabilità civile».

Riforma del terzo settore, un «passaggio storico per il non profit»

C’è voluto più di un anno per ottenere il vaglio del senato per il progetto di legge delega al governo per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e la disciplina del servizio civile universale.
Ora l’iter alla camera dei deputati dovrebbe procedere molto più rapidamente, tenuto conto che le modifiche sostanziali al testo sono già state definite dai senatori.
«Mi auguro che entro maggio la legge riceva il via libera definitivo per iniziare a sostanziarla con i decreti attuativi che dovranno essere pronti entro un anno». Ad auspicare tempi veloci è Edoardo Patriarca, deputato Pd dal 2013 e da sempre “radicato” nel mondo del volontariato e del terzo settore.
Dal 1999 al 2006 è stato portavoce del Forum del terzo settore, il coordinamento nazionale delle organizzazioni non profit riconosciuto come parte sociale; da settembre 2001 è componente del consiglio nazionale dell’economia e del lavoro; ha partecipato al tavolo per il terzo settore della Cei e nel 2010 è stato indicato dal presidente della repubblica esperto per il terzo settore presso il Cnel.
Nel 2012 Patriarca è stato eletto presidente del Centro nazionale per il volontariato e, sempre nello stesso anno, è stato riconfermato presidente dell’Istituto italiano della donazione.

Un progetto storico per il terzo settore italiano, un’attestazione quasi dovuta del suo alto valore sociale, ma anche economico.
«Il testo è stato confermato nella maggior parte dei suoi contenuti e migliorato in alcuni passaggi. È davvero un “momento epocale” per il mondo del non profit perché dà respiro all’imprenditorialità sociale, ma allo stesso tempo ne accresce la responsabilità civile. E poi per la prima volta nella storia del nostro paese, viene definito in un testo di legge cosa sia: un settore pubblico a tutti gli effetti».

Quali sono i punti di forza della riforma?
«Prima di tutto rende meno burocratica la scelta dei cittadini di organizzarsi per il bene comune, mettendo in pratica alcuni articoli fondamentali della nostra carta costituzionale. Riconosce la funzione pubblica a tutti quei soggetti che, a vario titolo, sono impegnati nella costruzione e nel progresso del bene comune, ma obbliga ancora di più, e a maggior ragione, al dovere di rendicontare in modo cristallino le risorse pubbliche e private impiegate per questo scopo. Viene definito il sostegno fiscale al terzo settore e vengono facilitate le donazioni, ma anche la revisione del 5 per mille è un punto fondamentale che stabilisce chi possa ottenere i contributi, operando esclusivamente per fini solidaristici e di utilità sociale».

Dopo i recenti scandali legati alle false cooperative, la legge è anche un chiaro riconoscimento a chi ha sempre operato e opera con correttezza nell’ambito del welfare, fissando parametri che tutelano maggiormente le organizzazioni.
«Arrivati a questo punto il terzo settore deve diventare trasparente come il cristallo, facilitando e dandosi da fare per organizzare l’accesso ai dati e alle informazioni. Questo è un atto dovuto alle migliaia di cooperative, fondazioni e imprese sociali che hanno sempre operato nel rispetto della legge».

Alcune recenti reazioni da parte del mondo del volontariato non sono state favorevoli al progetto legislativo. Il rammarico è di aver dimenticato per strada le migliaia di associazioni.
«La legge non intende assolutamente colpire il volontariato, che è riconosciuto come soggetto generativo del terzo settore e capace di cogliere in anticipo i bisogni che poi ricevono con il tempo risposte nei servizi delle organizzazioni non profit».

Un altro merito della legge è il riconoscimento che la solidarietà produce ricchezza, occupazione, lavoro per i giovani…
«Il testo normativo agevola l’impresa sociale per sostenere la formazione imprenditoriale a servizio delle categorie più deboli e fragili. Pensiamo soltanto allo sviluppo dei servizi per l’infanzia che, a parte alcune regioni del Nord, nella maggior parte d’Italia sono ben al di sotto dei parametri fissati dal trattato europeo di Lisbona. Grazie alla riforma, è stato calcolato che nell’arco di cinque anni quest’area riuscirà a produrre buonissima occupazione con 2/300 mila posti di lavoro in più. Un altro ambito di sviluppo è quello legato all’accoglienza dei migranti: è una grande occasione, se usciamo dalla logica della paura e del pregiudizio, perchè produce lavoro e professionalità per i cittadini italiani».

Infine, il servizio civile diventa universale.
«È piena di buoni auspici la frase contenuta all’interno del testo di legge che àncora il servizio civile al concetto di difesa per la patria nel senso più ampio del termine legato ai valori, ai diritti, ai doveri... Lo strumento darà competenze nuove ai giovani perchè, sono le statistiche a dirlo, chi svolge servizio civile entra più facilmente nel mercato del lavoro. Inoltre, rivestirà una funzione strategica per educare alla cittadinanza attiva, aperta anche agli stranieri. Questi giovani saranno ossigeno per le comunità locali, ma anche per l’intera Europa, e impareranno a prendersene cura».

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