Aperta la porta della Carità: è questo il frutto del giubileo della misericordia

La Porta della carità, aperta all’accoglienza di persone bisognose, è di tutti. «Parla a tutti – ha sottolineato il vescovo Claudio – e sprona tutti». Sprona ad amare gratuitamente come ama Dio. Come frutto dell'anno santo straordinario dedicato alla misericordia, un appartamento al numero 11 di piazza Duomo sarà da ora in poi aperto a coloro che vivono una situazione di disagio o povertà.

Aperta la porta della Carità: è questo il frutto del giubileo della misericordia

Prima il silenzio, poi l’applauso (anzi, due). Prima la chiusura della porta santa della Cattedrale, da parte del vescovo Claudio, poi l’apertura della Porta della carità al numero 11 di piazza Duomo.

Due momenti intensi, fortemente legati tra loro, che numerosi fedeli hanno vissuto domenica scorsa a conclusione del giubileo straordinario della misericordia. Legate lo sono anche le due porte: quella della carità – luogo di accoglienza per persone bisognose – nasce infatti come frutto dell’anno giubilare della misericordia.

«La carità – ha sottolineato il vescovo Claudio nella monizione che ha preceduto l’apertura della porta – è virtù a cui tutta la nostra chiesa diocesana deve continuamente tendere, in obbedienza al vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, perché, dove la carità è autentica, lì c’è Dio».

All’inizio della sua omelia, domenica scorsa, il vescovo Claudio ha messo una domanda: dov’è la misericordia di Dio? «Pensando a questa celebrazione mi sono passate nella mente tante immagini: terremotati, naufragi, guerre, popoli in fuga dalla morte sicura... In questi giorni ho ascoltato notizie di disonestà, aziende che chiudono per interessi di parte, fallimenti, tante famiglie in difficoltà... Nelle tante comunità incontrate ho ricevuto soprattutto richieste di preghiera. E allora mi viene spontanea: dov’è la misericordia di Dio? Forse alcuni di noi, nel passare la porta della misericordia... si sono persi».

I “persi” di cui parla il vescovo sono in particolare i giovani e le famiglie «che non hanno colto la profondità del nostro annuncio. Loro mi fanno pensare ai piccoli di cui parla il vangelo. I piccoli e ultimi di cui Gesù si fa carico. La chiesa – cioè noi, cioè le comunità parrocchiali nel territorio – hanno il preciso compito di mantenere viva la speranza e di tenere accesa la fede. Dobbiamo annunciare che Dio ci vuole bene. Soprattutto ai piccoli! Dio non abbandona nel terremoto, nel naufragio, nella morte. Per noi è àncora di salvezza, roccia».

Domenica scorsa il vescovo ha insistito sull’essere insieme: «Anche quando siamo nelle nostre parrocchie, siamo un cuor solo e un’anima sola. Insieme custodiamo l’annuncio, difendiamo la nostra fede, portiamo l’amore di Dio. Insieme... siamo l’annuncio! Insieme siamo la misericordia! Insieme, in questo anno giubilare, siamo stati in carcere, tra i profughi, con i poveri, nelle famiglie... ma anche in Asia. La nostra chiesa di Padova ha dato da mangiare, ha seppellito i morti, ha visitato gli ammalati... Nelle nostre comunità, piccole che siano, abbiamo consigliato, consolato, perdonato... La nostra forza è la comunione. Ci permette di costruire la fede pur in mezzo a tante contraddizioni».

È la gratuità, secondo don Claudio, che descrive la misericordia. «È il frutto maturo di questo anno. Dio ci vuole bene gratuitamente. Ci ama senza che noi lo meritiamo. Il suo nome è amore! Anche noi siamo chiamati a guardare a questo amore per annunciarlo con gratuità, senza guardare al ritorno che ne abbiamo. Penso alla nostra carità, qui e ora, arricchita di gratuità. Penso alla Porta della carità che si apre in piazza Duomo a conclusione dell’anno della misericordia. Penso alle porte del nostro cuore, delle nostre vite: siamo chiamati ad avere per gli altri la stessa misericordia di Dio. Siamo chiamati a far crescere la carità».

La Porta della carità, per come la vive il nostro vescovo, è di tutti. «Parla a tutti e sprona tutti. Chiediamo al Signore di formarci alla comunione e alla gratuità».

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