L'ecumenismo spirituale guadagna spazio

Il presidente della Commissione Cei per l'ecumenismo e il dialogo, Mansueto Bianchi, traccia un bilancio della Settimana di preghiera: «Ho l'impressione che ci sia un diffondersi di sensibilità ecumenica nella base».

L'ecumenismo spirituale guadagna spazio

Una chiesa italiana sempre più capace di aprire le porte e tendere la mano all’altro che bussa. È quanto emerge dalla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani appena terminata con un bilancio di iniziative di preghiere, incontri e tavole rotonde capillare e positivo. «Anch’io – confessa monsignor Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo – ho l’impressione che ci sia un diffondersi di sensibilità ecumenica nella base, nei circuiti delle nostre parrocchie, delle diocesi, delle associazioni e movimenti. E credo che questo fatto tocca uno dei punti sostanziali della vicenda ecumenica che è l’ecumenismo spirituale, il centro propulsore, l’anima, il fuoco di tutto l’ecumenismo perché è preghiera, carità, vicinanza e relazione reciproca».

Si può dire che questa ricchezza di iniziative sia un po’ un gioco forza in un’Italia che non può più dirsi solo cattolica?
«Ci sono fenomeni oggettivi come quello della globalizzazione e della immigrazione, per cui quello che prima era un problema ecumenico teorico, ora è diventato una dimensione quotidiana perché l’altro anche religiosamente è venuto ad abitare accanto a noi. Per cui il problema delle identità religiosa si pone con un’urgenza e un’istanza che prima forse non aveva. Mi auguro, però, che dietro questa ricchezza ci sia anche la crescita di spirito ecclesiale da parte delle comunità cattoliche. Nel senso di una spinta più convinta verso la comunione e l’unità, nella consapevolezza che essere chiesa vuol dire essere un popolo nuovo perché unito e capace anche di accogliere la sinfonia delle diversità riconciliate».

Cosa ha portato alla fede italiana l’arrivo nel nostro paese di immigrati con le loro chiese?
«Danno una testimonianza di fede. Pensiamo, per esempio, agli ortodossi. Portano in Italia l’espressione di una fede legata al grande cammino della chiesa di Oriente. Esprimono un senso di prossimità della fede alla vita che noi occidentali smagati dal secolarismo erosivo della dimensione religiosa, stiamo velocemente perdendo. Sono persone che hanno un senso della preghiera e della liturgia molto radicato e forte. Proprio per questa testimonianza rappresentano una terapia d’urto verso quella evanescenza della dimensione religiosa che è caratteristica del secolarismo occidentale».

Dunque non c’è nulla da temere dall’altro, come purtroppo molti continuano a pensare?
«Direi proprio di no, caso mai c’è da ricevere il dono dell’altro. L’altro è un dono che ci permette di superare certe resistenze e di conoscerci meglio».

È la cultura dell’incontro e del dialogo auspicata nella prolusione del cardinale Bagnasco in apertura a Roma del Consiglio permanente?
«È stato un passaggio che ho molto apprezzato. È un’idea forza per la chiesa e per il paese in una stagione di conflittualità piuttosto aspre, piuttosto acerbe. Stiamo vivendo un periodo di polarizzazioni, di estremizzazioni e il proporre la categoria e la possibilità del “noi” per la vicenda di un paese e di una chiesa, mi pare importante. E come sempre il “noi” si realizza a cerchi concentrici e in questi cerchi concentrici c’è anche spazio per chi non ritiene di avere una scelta di fede. Perché di fronte a certe dimensioni della vita siamo tutte persone con la mano tesa, in ricerca di una risposta che ci riempie il cuore. E allora in questo senso credo che la categoria del “noi” sia una categoria non generica ma che apre percorsi per il futuro».

Ecco, appunto il futuro. Quale chiesa italiana sta emergendo?
«Si vede emergere una chiesa italiana che punta molto intanto sulla comunione, sulla partecipazione, sulla sinodalità e quindi su una partecipazione attenta e aperta alle dimensioni e all’apporto del laicato nella specificità che il laicato ha. Una chiesa più aperta alla correlazione e alla comunione tra le diverse diocesi e chiese particolari. Emerge una chiesa italiana che è molto attenta al disagio delle persone. È molto attenta anche alle grandi sfide che attraversano il paese. Sostanzialmente vedo una chiesa vitale. Vitale nella comunione interna alla chiesa stessa e vitale, efficace e profetica per quanto riguarda la propria presenza nel cammino del paese e nelle grandi sfide che attraversano l’Italia».

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Parole chiave: Settimana di preghiera (2), Ecumenismo (41), unità dei cristiani (10), Cei (70), ortodossi (11)
Fonte: Sir