2013-2023: Dieci anni di magistero sociale di Papa Francesco. Conferenza di Mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI

Pubblichiamo un estratto della Conferenza “2013-2023: Dieci anni di magistero sociale di Papa Francesco” che Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, ha tenuto il 17 febbraio al Centro Convegni Carlo Azeglio Ciampi della Banca d’Italia per iniziativa dell’Ente Nazionale per il Microcredito.

2013-2023: Dieci anni di magistero sociale di Papa Francesco. Conferenza di Mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI

[...] Nel suo documento programmatico, l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Papa Francesco offre una sintesi mirabile della sua considerazione del tema sociale: «Il kerygma possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità» (EG n. 177). I principi sociali non sono desunti dalla filosofia immutabile o dal diritto naturale, ma sono implicazioni necessarie dell’annuncio del Vangelo, il cui cuore è l’esperienza di un amore che non può non avere conseguenze antropologiche, sociali e cosmologiche, per la vita della persona, della comunità e del creato.

[...] La Chiesa non dà indicazioni socio-politiche specifiche, affidate alla responsabilità dei dirigenti politici e sociali. Tuttavia, nel corso dei secoli, e alla luce del Vangelo, la Chiesa ha sviluppato alcuni principi sociali che sono fondamentali per preparare il futuro di cui abbiamo bisogno: il principio della dignità della persona, il principio del bene comune, il principio dell’opzione preferenziale per i poveri, il principio della destinazione universale dei beni, il principio della solidarietà, della sussidiarietà, il principio della cura per la nostra casa comune. Tutti questi principi esprimono, in modi diversi, le virtù della fede, della speranza e dell’amore, che non sono sentimenti ma atteggiamenti.

[...] La forza di questa impostazione, si rivela sorprendentemente nella centralità, per rinnovare il mondo, di uno sguardo contemplativo, la cui energia non consiste certo in una astrattezza.

[...] Lo sguardo contemplativo guarda nel profondo e spinge in avanti. Il Papa ha parlato di questo sguardo contemplativo a proposito della crisi ambientale e poi ancora a proposito della guarigione del mondo in seguito alla crisi pandemica. Abbiamo vissuto, e in qualche misura viviamo ancora, momenti straordinariamente gravi per la tenuta della nostra convivenza. La pandemia ha messo in rilievo e aggravato tanti problemi sociali, smascherando vulnerabilità fisiche, sociali e spirituali e grandi disuguaglianze che segnano il mondo: di opportunità, di beni, di accesso alla sanità, alla tecnologia, all’educazione. Lo scoppio della guerra in Ucraina e le sue drammatiche conseguenze umane ed economiche ci avvicina a un futuro che non conosciamo, certamente diverso da quello sperato negli ultimi decenni. Il recentissimo rapporto di Caritas Italiana su povertà ed esclusione sociale in Italia, L’anello debole, ha messo in evidenza alcune delle debolezze della nostra società in termini di povertà economica, educativa, intergenerazionale.

[...] Le crisi, in ogni caso, spingono a ri-orientare il nostro cammino, a trovare nuove forme di impegno, a vagliare le esperienze, puntando su quelle positive e rigettando quelle negative.

[...] Le crisi non generano automaticamente una rinascita di popoli e civiltà, perché la forma e la qualità del futuro dipendono da noi, dalle lezioni che sappiamo trarre e dalle conseguenti scelte comportamentali che sapremo compiere. La storia insegna che siamo stati capaci di concepire progetti di cambiamento e visioni grandi, e di impegnarci per la loro realizzazione durante o all’indomani di grandi tragedie. Dipende da noi.

[...] Il tema culturale e sociale fondamentale, sollevato dalla pandemia e dalle altre crisi che viviamo, destinato a condizionare il futuro, è quello della fragilità dell’uomo.

[...] Fin dalla sua prima epoca, la Chiesa ha praticato le opere di misericordia come espressione dell’amore alla vita di ogni persona nella sua integrità, unicità e irripetibilità. Dall’amore all’uomo deriva l’etica del prendersi cura, per farsi carico delle ferite nel corpo e dell’inesauribile domanda di senso.

[...] Prendendoci cura degli altri e del mondo possiamo riconoscere con più facilità il nostro valore unico e irripetibile. Chi sono io? Per chi e per cosa vivo? Cosa importa nella vita e come intendo realizzarla? Superando la contrapposizione tra l’interesse soggettivo e i doveri comunitari, si tratta di scoprire che il proprio compimento più pieno sta nell’arricchire di senso la vita contribuendo al bene altrui. È questa l’esperienza della solidarietà e della responsabilità per la comunità. Che la interconnessione diventi solidarietà.

[...] La cultura della cura promuove la partecipazione delle comunità al bene comune, nei processi di costruzione e guarigione della società.

[...] Per affermare la dignità della persona umana bisogna promuovere l’azione solidale della famiglia, dei gruppi, delle associazioni, del volontariato, delle realtà territoriali, delle parrocchie, in breve di tutte le espressioni comunitarie alle quali le persone danno spontaneamente vita o alle quali liberamente partecipano.

[...] Un popolo che si prende cura delle persone e della convivenza, che sviluppa una logica di libertà, di promozione della responsabilità degli uomini e delle comunità, è un popolo che ama la pace come condizione imprescindibile del ben-essere dell’uomo e la persegue concretamente.

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Fonte: Comunicato stampa