A Conegliano tre religiosi e due famiglie sotto le stesso tetto

Padre Daniele, padre Beppe e padre Emilio vivono in un’ala della casa secondo uno stile di vita autogestito. Michele e Sara, dal 2016, e Giampaolo e Francesca, dal 2017, risiedono con i figli in due appartamenti autonomi al primo piano. Le loro vite si intrecciano in vario modo nel corso della settimana: un saluto veloce al mattino prima di portare i figli a scuola, la preghiera dei vespri in cappella, la lectio del giovedì sera, un pasto condiviso, i bambini affidati per qualche ora al babysitteraggio dei padri...

A Conegliano tre religiosi e due famiglie sotto le stesso tetto

Tre religiosi, due coppie di sposi e cinque ragazzi sotto lo stesso tetto. Succede nella collina di Costa di Conegliano, nella grande casa dei padri dehoniani. Padre Daniele, padre Beppe e padre Emilio vivono in un’ala della casa secondo uno stile di vita autogestito. Michele e Sara, dal 2016, e Giampaolo e Francesca, dal 2017, risiedono con i figli in due appartamenti autonomi al primo piano. Le loro vite si intrecciano in vario modo nel corso della settimana: un saluto veloce al mattino prima di portare i figli a scuola, la preghiera dei vespri in cappella, la lectio del giovedì sera, un pasto condiviso, i bambini affidati per qualche ora al babysitteraggio dei padri… Non c’è un calendario predefinito, con appuntamenti rigidi. Ci si organizza giorno per giorno, in base a impegni, malattie, compiti per casa, stati d’animo…

È dal 2000, con l’accoglienza di Gianstefano e Nadia e delle loro due figlie, che è partita questa esperienza di condivisione di vita tra comunità religiosa e famiglie.

“È un segno di Chiesa dal volto familiare dove si dà spazio alla comunione tra scelte vocazionali diverse”, spiegano i padri. “Siamo in fuga dalla mentalità della vita religiosa come struttura – sottolinea padre Beppe – cercando di vivere una pastorale della persona da accogliere”. “Condividiamo la vita quotidiana delle persone attraverso uno stile comunitario semplice, sobrio e impegnato, dove tutti collaborano alla gestione della casa e all’ospitalità – aggiunge padre Daniele – come accadeva a Nazareth, dove Gesù partecipava alla nostra stessa umanità e alla sua ferialità: famiglia e lavoro, festa e lutto, salute e malattia, comunione e solitudine… L’incontro con l’umanità di Gesù diventa, per noi e per chi incontriamo, salvezza”. “Le famiglie che vivono con noi non sono qui per ‘fare’ qualcosa – osserva padre Beppe –, non sono ‘funzionali’ a un’attività concreta, ma insieme cerchiamo di viverea un’esperienza di comunione”.

Sara e Michele: “Non siamo qui per portare a casa risultati”. Sara e Michele arrivano da Vittorio Veneto, parrocchia di Meschio. Si sono conosciuti 16 anni fa proprio a un’iniziativa formativa dei padri dehoniani. Nel 2006 si sono sposati e per alcuni anni hanno consolidato il loro essere coppia e si sono inseriti nella parrocchia di residenza (coro, catechesi, gruppo famiglie…). Fin dal fidanzamento hanno accarezzato l’idea di vita comunitaria con i padri, ma per vari motivi hanno rinviato il passo fino a quattro anni fa, quando Michele ha riaperto il cassetto di quel desiderio. Dopo una prima brutta reazione – “Ma perché ora e non negli anni scorsi?” –, Sara si convince che è il momento propizio per buttarsi perché “le tre figlie avevano l’età giusta per fare il salto”. Dopo due anni di “progettazione”, nel 2016 avviene il trasloco, fisico e spirituale.

“È stato un cambiamento radicale, ci sono voluti due anni per ambientarci – afferma Sara –. Da quando sono qui sto sperimentando un avvicinamento più intimo a Dio, mentre Michele è proiettato verso una maggiore apertura al prossimo”.

Spesso i due sposi si sentono chiedere: “Ma cosa fate nella comunità?”. La loro risposta è disarmante: “Non facciamo niente. Non siamo qui per portare a casa risultati, ma stiamo imparando quello che nessun corso accademico può darci: vivere le relazioni”. “Vivendo fianco a fianco ci si confronta e si colgono i limiti reciproci – afferma padre Beppe –. Già in missione ho vissuto una realtà simile”. E padre Emilio, il più anziano – 77 anni – e ultimo arrivato: “Per me invece è tutto nuovo, e devo dire che mi trovo proprio bene qui”.
La coppia si fermerà all’incirca ancora due anni a Costa. “Non c’è una durata ‘standard’ dell’accoglienza – spiega padre Daniele –. Per ogni percorso che parte, viene definita all’inizio una prospettiva temporale. Comunque si tratta di esperienze sempre a tempo determinato”.

La “regola” della comunità dehoniana. La vita condivisa con le famiglie fa parte di un ben più ampio progetto di vita e di pastorale (in altri tempi si sarebbe detto, forse, “regola”) che i tre padri hanno elaborato. Il punto di partenza è la spiritualità di padre Dehon: riconoscere l’iniziativa gratuita dell’amore di Dio che plasma la vita dentro gli incontri, i passaggi e le stagioni della vita. I pilastri sono i tre classici: preghiera, eucaristia e comunione fraterna. Il percorso è segnato più da intuizioni che non da paletti perché “ci sentiamo un organismo vivente in sviluppo, preoccupato di riconoscere il tempo e le sfide che stiamo vivendo” sottolinea padre Beppe.

Un organismo che “si sente pienamente partecipe del cammino della Chiesa locale”.

Cerchiamo di dare un nome a quelle che abbiamo chiamato intuizioni: accoglienza delle persone; accompagnamento di famiglie e coppie sia con attività organizzate in comunità (incontri mensili del sabato sera per giovani coppie, percorsi per gruppi-famiglia…), sia con la disponibilità ad animare percorsi promossi da parrocchie e unità pastorali; approfondimento della Parola (ogni giovedì sera in comunità e laddove è richiesto un apporto); collaborazione con le parrocchie coneglianesi di riferimento (Duomo, San Rocco e Costa) per il post-cresima; ospitalità di gruppi (la casa può accogliere fino a trenta persone, ha vari spazi comuni e all’esterno può contare su un ampio spazio verde).
In tutti questi servizi pastorali lo stile è quello “della familiarità e della piccolezza”, partecipando “alla marginalità in cui vivono le persone concrete che cercano in Dio luce e aiuto per il loro cammino”. Come fece circa duemila anni fa un uomo, figlio di Maria e Giuseppe, lungo le strade polverose della Palestina.

Francesco Citron
L’Azione (Vittorio Veneto)

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir