Card. Eduardo Pironio. Il ricordo di mons. Carlos Malfa: “Un uomo di Dio”

Il cardinale Eduardo Pironio è senza dubbio, uno dei vescovi che ha meglio incarnato, con fedeltà al Vangelo e creatività, la stagione del post-Concilio. Grande la gioia, in Argentina, ma al tempo stesso in tutto il Continente latinoamericano, in Vaticano e pure in Friuli (i suoi genitori erano emigrati da Pavia di Udine), per la sua beatificazione. Il rito si terrà sabato 16 dicembre, nel santuario nazionale argentino, la basilica di Luján, e sarà presieduto dall’inviato papale, il cardinale Fernando Vérgez, che fu suo segretario in Vaticano

Card. Eduardo Pironio. Il ricordo di mons. Carlos Malfa: “Un uomo di Dio”

Era il giovane segretario generale del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), quando, nel 1968, si tenne la Conferenza generale di Medellín. Era presidente del Pontificio Consiglio per i laici quando Giovanni Paolo II gli “affidò” i giovani e la nuova “creatura”, la Giornata mondiale della gioventù.

Il cardinale Eduardo Pironio è senza dubbio, uno dei vescovi che ha meglio incarnato, con fedeltà al Vangelo e creatività, la stagione del post-Concilio.

Grande la gioia, in Argentina, ma al tempo stesso in tutto il Continente latinoamericano, in Vaticano e pure in Friuli (i suoi genitori erano emigrati da Pavia di Udine), per la sua beatificazione. Il rito si terrà sabato 16 dicembre, nel santuario nazionale argentino, la basilica di Luján, e sarà presieduto dall’inviato papale, il cardinale Fernando Vérgez, che fu suo segretario in Vaticano.

Eduardo Francisco Pironio nacque il 3 dicembre 1920 a Nueve de Julio, e venne ordinato sacerdote nel 1943. vescovo ausiliare di La Plata nel 1964 e vescovo di Mar del Plata nel 1972, dal 1968 al 1975 fu dapprima segretario generale e poi presidente del Celam. Quindi, la chiamata in Vaticano, da parte di Paolo VI, come pro-prefetto e prefetto della Congregazione per gli Istituti religiosi e gli Istituti secolari; nel 1976 fu creato cardinale; nel 1984 Giovanni Paolo II lo nominò presidente del Pontificio consiglio per i laici. Morì in Vaticano il 5 febbraio 1998. Il Sir ha chiesto di presentare questa figura esemplare di cristiano e vescovo a colui che fu suo segretario personale a Mar del Plata, mons. Carlos Malfa, oggi vescovo di Chascomús, sempre in Argentina.

Lei è stato segretario personale del vescovo Pironio a Mar del Plata. Quali sono i suoi ricordi personali di lui?
Un uomo dello Spirito, profondamente umano e tutto di Dio. Chiunque abbia incontrato Mons. Pironio non ha potuto fare a meno di percepire il sereno fulgore della sua presenza, di portare con sé qualcosa di Dio. Bastava un breve contatto con lui, una parola, uno sguardo, per pacificare l’anima e far nascere dal profondo dell’anima il desiderio di essere più buoni e semplici, più umili e fraterni.

E può dirci qualcosa sul suo profilo spirituale?
Diceva che “esiste una sola spiritualità cristiana, quella della piena realizzazione del Vangelo”. La radice della sua spiritualità è il mistero pasquale di Cristo: “Essere fedeli al Vangelo implica essenzialmente vivere e comunicare la gioia profonda del mistero pasquale”. Pironio ha un modo originale di stabilire, a partire da tale mistero, il rapporto tra la Chiesa e il mondo, tra il Popolo di Dio e il genere umano, tra la storia della salvezza e la storia umana.

Era un uomo di Dio, un vero conoscitore di Dio, un contemplativo nella vita quotidiana. Aveva un profondo senso di trascendenza spirituale che riconosceva in tutti gli uomini.

Una dimensione spirituale di profonda interiorità e allo stesso tempo incarnata nella realtà del suo tempo, che si percepiva nella forza delle sue azioni, nella sua vicinanza a tutte le persone, nella gioia e nella speranza che trasmetteva sempre con acuta intelligenza e un sano senso dell’umorismo. Il Padre, la croce e Maria sono anche la chiave della sua spiritualità.

Aveva una forte spiritualità mariana?
Non è possibile parlare della spiritualità del cardinale Pironio senza fare riferimento a Maria. La Madonna è all’inizio della sua vita, che egli considera un miracolo della Vergine di Luján e che egli stesso trasmette in questo modo: “Quando nacque mio fratello maggiore, mia madre era molto malata, diceva sempre: ‘Come Cristo sulla croce’. Mentre era in quelle condizioni, i missionari vennero a predicare una missione a Nueve de Julio; la visitarono, dissero a mio padre di andare a Luján con il primo treno che poteva prendere e di chiedere ai Padri della Basilica del cotone idrofilo intinto nella lampada che arde davanti alla Madonna; mio padre lo fece, tornò subito e strofinò quell’olio su mia madre; lei cominciò a recuperare la salute e a stare perfettamente bene. Il medico le disse che non poteva avere altri figli perché sarebbe certamente morta. Passò monsignor Alberti, vescovo ausiliare di La Plata, e mia madre andò a confessarsi da lui e gli raccontò il caso. Monsignore le disse: ‘Signora, anche i medici possono sbagliare, abbia fiducia nel Signore; ora vado a celebrare la Messa all’altare di Nostra Signora di Luján per lei’. Mia madre ha vissuto fino a 82 anni, ha avuto 22 figli e io sono l’ultimo”.

Qual è stato il suo contributo alla Chiesa in Argentina e in tutto il continente nel periodo postconciliare?

Il suo contributo alla Chiesa in Argentina e in America Latina nella ricezione del Concilio Vaticano II è stato decisivo e significativo.

La conferenza di Medellín è stata una ricezione profetica e creativa, incarnata nella realtà dei popoli latinoamericani e della Chiesa cattolica, che ha guardato alla situazione storica del continente e alla necessità di trasformazione e sviluppo. Pironio ha avuto un ruolo chiave, sia nella preparazione che nello sviluppo della Conferenza di Medellín, che ha definito un evento salvifico e una nuova Pentecoste per la Chiesa in America Latina. È stata l’incarnazione del Concilio in quel continente, sancita dalla storica presenza di San Paolo VI, che, ricevendo e approvando le conclusioni dalle mani di Mons. Pironio, ha detto che si trattava di “un vero monumento storico della Chiesa in America Latina”. Si può dire che contemplazione e azione, mistero pasquale e storia, siano stati anche la chiave della sua acuta percezione e riflessione sulla liberazione.

Padre Bergoglio conosceva direttamente il vescovo Pironio. Ricorda qualche situazione?
Pironio era vescovo di Mar del Plata e Jorge Mario Bergoglio superiore provinciale dei gesuiti. Bergoglio è stato prima vescovo ausiliare, poi coadiutore e successore del cardinale Antonio Quarracino, con il quale il neo beatificato aveva una stretta amicizia di oltre 60 anni. Il Papa stesso ricorda questo rapporto e oserei dire che si è sempre riferito a Pironio ammirando il temperamento spirituale del cardinale nelle situazioni difficili che ha vissuto nel suo ministero.

Possiamo dire che la sua visione della Chiesa è simile a quella di Papa Francesco?

La visione ecclesiale di questi due pastori è quella del Concilio Vaticano II e si concretizza in America Latina.

Per il cardinale Pironio la Chiesa è sempre stata un mistero di comunione missionaria, la Chiesa che nasce dalla Pasqua e dalla Pentecoste, che si vive in comunità celebrative ed evangelizzatrici, “oranti, fraterne, missionarie” e che sanno leggere e discernere i segni dei tempi. Papa Francesco condivide questa visione e la attualizza nell’Evangelii Gaudium, e nelle immagini di un “ospedale da campo”, di una Chiesa “in uscita”, cioè missionaria. Li accomuna “la dolce e confortante gioia di evangelizzare” di san Paolo VI nell’Evangelii Nuntiandi.

Nell’ultima parte della sua vita ha lavorato in Vaticano, vicino al Papa. In particolare, è considerato il “padre” della Gmg… Qual è stata l’importanza di questo servizio?
Nel 1984 Giovanni Paolo II lo nominò presidente del Pontificio Consiglio per i Laici e gli disse: “Si ricordi, eminenza, che le affido la parte più grande e più sana della Chiesa”.

L’intuizione profetica di San Giovanni Paolo II nel creare le Giornate mondiali della gioventù ha trovato il suo architetto nel cardinale Pironio.

La sua vicinanza ai giovani è stata evidente fin dall’inizio della sua vita sacerdotale. I giovani percepivano la trasparenza del messaggio evangelico e la forza della sua testimonianza, sentivano la sua paternità e l’amore che aveva per loro. Ha armonizzato sensibilità, stili, linguaggi, sempre con la centralità di Gesù Cristo e la presenza del Santo Padre. È stato un amico di Dio per i giovani, un profeta e un testimone gioioso della speranza.

Bruno Desidera (*)

(*) giornalista de “La Vita del popolo”

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Fonte: Sir