Come i discepoli di Emmaus. L’invito di Papa Francesco è di “rileggere le nostre giornate con Gesù”

Come i discepoli di Emmaus, anche noi, afferma il vescovo di Roma, “possiamo ritrovarci smarriti di fronte agli eventi, soli e incerti, con tante domande e preoccupazioni, delusioni”.

Come i discepoli di Emmaus. L’invito di Papa Francesco è di “rileggere le nostre giornate con Gesù”

È forse una delle pagine più conosciute di tutta la Bibbia il brano di questa domenica del Vangelo di Luca, il racconto, il dialogo dei due discepoli di Emmaus che parlano con Gesù senza però riconoscerlo; pagina tra le più coinvolgenti di cui ricordiamo sempre la conclusione anche nel canto, nelle parole “resta con noi perché si fa sera”. È una pagina che sa parlare all’uomo di oggi, ma, anche, all’uomo di ogni tempo: narra lo sconforto, la delusione, la speranza svanita. I due discepoli sono presi dal loro conversare, o forse litigare, dalla foga con la quale sottolineano i loro pensieri; camminano e non riconoscono Gesù nel viandante che si unisce a loro. Quel camminare fatto di pensieri tristi, di risposte mancate indica un fallimento, una delusione. La loro meta è un tornare indietro con l’amarezza nel cuore. In qualche modo i due sono anche la proiezione di noi stessi, delle nostre sfiducie e stanchezze. E Luca, nella pagina del suo Vangelo ci fa conoscere, attraverso il racconto, una progressione di sentimenti, coniugati in tre verbi: aprire, sperare, partire.
I due discepoli parlano con il viandante ma, appunto, non lo riconoscono, non si rendono conto che è Gesù che cammina con loro. Gli raccontano delle donne che venivano dal sepolcro e dicevano che era vuoto. Gesù, ricorda Francesco al Regina caeli, “lì aiuta a rileggere i fatti in modo diverso, alla luce delle profezie, della parola di Dio, di tutto quello che è stato annunciato al popolo di Israele”.
Ma anche questo racconto fatto in una prospettiva diversa non aiuta i due a comprendere chi sia il forestiero che hanno vicino. Qualcosa annebbia la loro vista e Gesù li apostrofa in modo deciso: “stolti e lenti di cuore”. E questo non tanto perché non lo hanno riconosciuto, ma perché non hanno compreso le scritture, ciò che hanno detto i profeti.
Così arrivano nei pressi della casa, è sera e lo invitano a restare con loro, a dividere la mensa. Il Signore entra e in quel momento comprendono perché lo vedono spezzare il pane: la loro disperazione si trasforma in speranza, la loro tristezza in gioia. Scrive Luca, da quel momento “si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”. Ed ecco il terzo verbo: partire. I due hanno sofferto e nella loro disperazione è arrivato il Signore che ha camminato con loro, fianco a fianco. Lo hanno riconosciuto ma non hanno avuto la gioia di averlo con loro perché proprio mentre si aprono i loro occhi Gesù sparisce dalla loro vista: come dire, riconosciuto Cristo attraverso le scritture ora i due discepoli entrano nella condizione ordinaria della vita cristiana. Ma nello stesso tempo ora sono pronti a partire e a tornare a Gerusalemme, a incontrare gli altri discepoli, e dire che hanno visto il Signore.
Come i discepoli di Emmaus, anche noi, afferma il vescovo di Roma, “possiamo ritrovarci smarriti di fronte agli eventi, soli e incerti, con tante domande e preoccupazioni, delusioni”. Il Vangelo di oggi è un invito “a raccontare tutto a Gesù, con sincerità senza temere di disturbare, senza paura di dire cose sbagliate, senza vergognarsi della nostra fatica a capire”.
L’invito di Papa Francesco è di “rileggere le nostre giornate con Gesù” di “aprirgli il cuore, di portare a lui le persone, le scelte, le paure, le cadute e le speranze”, per guardare le cose con i suoi occhi, perché “una croce difficile da abbracciare, la scelta del perdono di fronte a una offesa, una rivincita mancata, la fatica del lavoro, la sincerità che costa, le prove della vita familiare ci potranno apparire sotto una luce nuova, la luce del Crocifisso risorto che sa fare di ogni caduta un passo in avanti”.
Regina caeli durante il quale Francesco rinnova il suo appello per la fine delle violenze in Sudan affinché si riprenda la via del dialogo; prega il Papa per gli ucraini ancora “afflitti” dalla guerra. E ricorda, infine, il suo prossimo viaggio in Ungheria, occasione, dice, per riabbracciare una chiesa e un popolo; viaggio “al centro dell’Europa, sulla quale continuano a abbattersi gelidi venti di guerra, mentre gli spostamenti di tante persone pongono all’ordine del giorno questioni umanitarie urgenti”.

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Fonte: Sir