Continuiamo a seminare. Il seme è piccolo ma “fa crescere piante che portano frutti”

Matteo pone in primo piano il seminatore e il seme perché noi siamo il terreno e dipende da noi l’efficacia della semina.

Continuiamo a seminare. Il seme è piccolo ma “fa crescere piante che portano frutti”

Le braccia spalancate di Papa Pio XII, quasi abbraccio alla folla del quartiere romano di San Lorenzo, dopo il bombardamento: 19 luglio del 1943. È l’immagine evocata da Papa Francesco con le sue parole, nel dopo angelus di domenica, quando parla di tragedie che si ripetono, come oggi in Ucraina, preghiera per un popolo che soffre tanto: “com’è possibile? Abbiamo perso la memoria? Il Signore abbia pietà di noi e liberi la famiglia umana dal flagello della guerra”.
Angelus nel giorno in cui il Vangelo di Matteo ci propone la parabola del seminatore, Gesù come un agricoltore che semina prima ancora di raccoglierei frutti e “bruciare la paglia con un fuoco inestinguibile” come diceva Giovanni Battista. Con una lettura superficiale si potrebbe dire che non tiene conto del terreno in cui cade il seme, un contadino distratto. Ma lui, il Signore, continua a seminare potremmo dire con pazienza e speranza; certo conosce i terreni, e sa che i primi tre, la strada, il terreno sassosi e i rovi, non porteranno alcun frutto, ma continua a seminare con tenacia e fiducia: sono “i sassi della nostra incostanza e le spine dei nostri vizi che possono soffocare la parola, eppure spera – dice Papa Francesco – spera sempre che noi possiamo portare frutto abbondante”. Poi ecco il quarto terreno, il terreno buono che darà frutto anche al di là delle aspettative.
Nel linguaggio di Gesù la parabola aveva la funzione di far comprendere facilmente, attraverso immagini e esempi di vita quotidiana, il senso del suo discorso; il suo non era un linguaggio complicato come usavano i dottori della legge del tempo. E la semina – “immagine molto bella” dice il Papa – è utilizzata da Gesù per “descrivere il dono della sua parola”: il seme è piccolo ma “fa crescere piante che portano frutti”. Il Vangelo è “un piccolo libro semplice e alla portata di tutti che produce vita nuova in chi lo accoglie”.
Matteo pone in primo piano il seminatore e il seme perché noi siamo il terreno e dipende da noi l’efficacia della semina. Con Isaia, la prima lettura, il legame tra Antico e Nuovo testamento, sappiamo che la pioggia e la neve non ritornano al cielo senza aver irrigato e fatto germogliare la terra, così la parola pronunciata dal Signore non tornerà da lui senza aver prodotto frutti.
Anche noi siamo chiamati a seminare continuamente senza stancarci, afferma Francesco. Così, per spiegare meglio il senso delle sue parole, propone alcuni esempi, innanzitutto i genitori: “seminano il bene e la fede nei figli, e sono chiamati a farlo senza scoraggiarsi se a volte questi sembrano non capirli e non apprezzare i loro insegnamenti, o se la mentalità del mondo rema contro”. Il seme buono resta e “attecchirà a tempo opportuno”, per questo non bisogna cedere alla sfiducia e lasciare “i figli in balia delle mode e del cellulare, senza dedicare loto tempo e senza educarli”, altrimenti “il terreno fertile su riempirà di erbacce”.
Poi i giovani che “possono seminare il Vangelo nei solchi della quotidianità”, con la preghiera “piccolo seme che non si vede” e che Gesù può far maturare. Ancora il tempo da dedicare agli altri, a chi ha bisogno: “può sembrare perso – ha affermato – e invece è tempo santo, mentre le soddisfazioni apparenti del consumismo e dell’edonismo lasciano le mani vuote”. Infine, lo studio: “è faticoso e non subito appagante, come quando si semina, ma è essenziale per costruire un futuro migliore per tutti”.
Una parola, infine, per i “seminatori del Vangelo”, sacerdoti, religiosi e laici impegnati nell’annuncio che “vivono e predicano la Parola di Dio spesso senza registrare successi immediati”. Francesco li ha esortati a non dimenticare che “anche dove sembra non succeda nulla, in realtà lo Spirito Santo è all’opera e il regno di Dio sta già crescendo, attraverso e oltre i nostri sforzi”. Così invita tutti a fare memoria a quando è iniziata la fede in ognuno di noi, forse anni dopo l’incontro un testimone che ha posto la parola di Dio nella nostra vita. Angelus che termina con alcune domande: “getto qualche seme di Vangelo nella vita di tutti i giorni: studio, lavoro, tempo libero? Mi scoraggio o, come Gesù, continuo a seminare, anche se non vedo risultati immediati?”.

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Fonte: Sir