Dammi da bere. Dammi da bere è il grido di tanti fratelli e sorelle a cui manca l’acqua per vivere

Al pozzo di Giacobbe troviamo due tipi di sete: cercano l’acqua ma trovano altro, Gesù incontra la donna e la samaritana trova Gesù, il Signore.

Dammi da bere. Dammi da bere è il grido di tanti fratelli e sorelle a cui manca l’acqua per vivere

“Dammi da bere”. Per chi cammina nelle terre aride l’acqua è un bene prezioso, necessario alla vita. Da Gerusalemme Gesù deve tornare in Galilea e si incammina lungo la strada che passa per la regione della Samaria, terra abitata da persone che non avevano rapporti con i giudei. La stanchezza si fa sentire e nei pressi della località di Sicar vede un pozzo, il pozzo di Giacobbe, e si siede. Non ha nulla per prendere un po’ d’acqua dal pozzo, e in quel momento arriva una samaritana, alla quale chiede: “dammi da bere”. Non dice semplicemente “ho sete”, come dirà il giorno della crocifissione, ma vuole coinvolgere la donna, avviare una relazione.
Il pozzo, nell’Antico Testamento, è il luogo dell’incontro tra un uomo e una donna; nella Genesi leggiamo che presso un pozzo il servo di Abramo incontra Rebecca e la chiede in sposa per Isacco, e sempre presso un pozzo Giacobbe conosce Rachele, ma è anche immagine dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. L’acqua, inoltre, ci ricorda il battesimo, l’ingresso nella vita nuova.
Al pozzo di Giacobbe troviamo due tipi di sete: cercano l’acqua ma trovano altro, Gesù incontra la donna e la samaritana trova Gesù, il Signore. La richiesta di un po’ d’acqua è anche l’immagine dell’abbassamento di Dio che in Gesù, dice il Papa all’Angelus “si è fatto uno di noi, si è abbassato; assetato come noi, soffre la nostra stessa arsura”. Non teme di rivolgersi alla donna, Gesù, e in questo modo supera le barriere dell’ostilità esistente tra giudei e samaritani. Rompe gli schemi e quel “dammi da bere” è l’inizio di un dialogo: “il Signore che chiede da bere, è colui che dà da bere”, afferma il vescovo di Roma; e alla samaritana parla “dell’acqua viva dello Spirito Santo”.
In Giovanni leggiamo che Gesù dice alla donna: “chi berrà l’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno” e in lui sarà “sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”. Gesù, dice il Papa, “assetato d’amore, ci disseta d’amore”, e come con la samaritana “ci viene incontro nel nostro quotidiano “condivide la nostra sete e ci promette l’acqua vita”.
Ma c’è un secondo aspetto che Francesco sottolinea all’Angelus, e cioè l’appello, “a volte silenzioso”, che giunge a noi dal nostro prossimo: “dammi da bere ci dicono quanti – in famiglia, sul posto di lavoro, negli altri luoghi che frequentiamo – hanno sete di vicinanza, di attenzione, di ascolto; ce lo dice chi ha sete della Parola di Dio e ha bisogno di trovare nella Chiesa un’oasi dove abbeverarsi. Dammi da bere è l’appello della nostra società, dove la fretta, la corsa al consumo e soprattutto l’indifferenza, questa cultura dell’indifferenza generano aridità e vuoto interiore. E – non dimentichiamolo – dammi da bere è il grido di tanti fratelli e sorelle a cui manca l’acqua per vivere, mentre si continua a inquinare e deturpare la nostra casa comune; e anch’essa, sfinita e riarsa, ha sete”.
La samaritana lascia la sua anfora al pozzo e corre a chiamare la gente del villaggio. Anche noi, dice il Papa, dobbiamo “diventare fonte di ristoro per gli altri”, e non pensare solo “a placare la nostra sete, la nostra sete materiale, intellettuale o culturale, ma con la gioia di aver incontrato il Signore potremo dissetare altri: dare senso alla vita altrui, non come padroni, ma come servitori di questa Parola di Dio che ci ha assetato, che ci asseta continuamente; potremo capire la loro sete e condividere l’amore che lui ha donato a noi”.
Nelle parole che pronuncia dopo la preghiera mariana, Francesco ha fatto riferimento all’iniziativa delle ‘24 ore per il Signore’ promossa dal dicastero per l’Evangelizzazione, che si terrà, venerdì 17 e sabato 18 prossimi, nelle diocesi di tutto il mondo. Il Papa stesso, poi, il venerdì pomeriggio sarà alla parrocchia romana di Santa Maria delle Grazie al Trionfale, dove confesserà i fedeli.
Lo scorso anno, proprio in occasione di questo evento, aveva compiuto il solenne atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria per ottenere il dono della pace, così all’Angelus dice: “il nostro affidamento non venga meno, non vacilli la speranza”. E la preghiera, il pensiero del Papa sono andati ancora una volta al martoriato popolo ucraino.

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Fonte: Sir