Don Moreno Cattelan: da Leopoli alla Romania, 700 chilometri sotto la neve per mettere al sicuro 8 ragazzi con disabilità

Don Moreno Cattelan e la comunità cattolica ucraina alla prova di un conflitto che aumenta d'intensità ogni giorno che passa.

Don Moreno Cattelan: da Leopoli alla Romania, 700 chilometri sotto la neve per mettere al sicuro 8 ragazzi con disabilità

«Padre, per andare in Italia deve andare dall'altra parte». Don Moreno Cattelan, missionario padovano della congregazione di Don Orione, Piccola Opera della Divina Provvidenza racconta così, nel suo diario su Facebook, lo stupore delle guardie di frontiera ucraine nel vederlo rientrare nel paese poco dopo averlo visto uscire. L'inchiostro ancora umido sul passaporto.

È notte quando il missionario attraversa la dogana per accompagnare al sicuro "i suoi ragazzi" con disabilità che, fino a quel momento avevano vissuto con i sacerdoti all'interno del convento di Leopoli. La guerra non fa sconti e le mura del convento non sono più così sicure, specie durante un possibile bombardamento.

L'unico sistema per metterli in salvo è percorrere 700 chilometri sotto un'intensa nevicata e raggiungere la frontiera rumena, quella polacca è pressoché impraticabile. «Ci vogliono 4 o 5 giorni per arrivare in Polonia, è impossibile» spiega don Moreno che però al momento non si dimostra particolarmente preoccupato per quanto riguarda i rifornimenti «non abbiamo difficoltà – continua – continuiamo ad accogliere i profughi in fuga e troviamo qualcosa nei supermercati per far fronte alle necessità di ogni giorno. Ieri abbiamo preso anche la frutta».

Con l'acuirsi del conflitto, la priorità diventa inevitabilmente favorire la fuga dei civili verso occidente anche a scapito di far arrivare aiuti in senso opposto. Raggiungere le città più orientali del paese come Kharkiv è un'impresa quasi disperata: nel mezzo la linea del fronte e le centinaia di migliaia di soldati russi impegnati nell'offensiva oltre all'esercito di Kiev che tenta di resistere. Anche gli aiuti che arrivano dall'Europa stentano a passare la frontiera: la strada, quand'è  percorribile, è comunque quella di un paese travolto da una guerra che perde ogni giorno che passa le caratteristiche del blitz per diventare un conflitto campale. 

«A Leopoli siamo in un'isola protetta ma non so per quanto — riflette il missionario padovano — C'è qualche problema ai mezzi di comunicazione ma finché resistono non saremo tagliati fuori dal mondo».

Negli ultimi giorni don Moreno è diventato suo malgrado una celebrità: sono decine i giornalisti italiani che lo cercano, chiedono notizie, raccolgono testimonianze. Un'attività, quella i corrispondente involontario, che finisce con l'occupare intere giornate, lasciando giusto il tempo per i pasti e le celebrazioni eucaristiche, e che il sacerdote sta progressivamente attenuando man mano che il numero di profughi accolti nel convento va aumentando.

«Volevamo costruire qualcosa di nuovo a Kiev – conclude don Moreno Cattelan, ricordando quel terreno acquistato nella periferia della città dove d'estate si radunavano i ragazzi per giocare – ora invece avremo molto da ricostruire, cominciando dai cuori spezzati».

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