Il cielo è già un po’ nostro. Oggi festeggiamo “la conquista del cielo” dice il Papa: “Gesù che torna al Padre, ma con la nostra umanità”

“Gesù ha portato la nostra umanità, la nostra carne in cielo – è la prima volta – cioè l’ha portata in Dio. Quell’umanità, che aveva preso in terra, non è rimasta qui”.

Il cielo è già un po’ nostro. Oggi festeggiamo “la conquista del cielo” dice il Papa: “Gesù che torna al Padre, ma con la nostra umanità...

Andare, partire, fare. Verbi di movimento che troviamo negli Atti degli apostoli e nel Vangelo di Marco, in questa domenica nella quale la Chiesa ricorda l’Ascensione del Signore. Verbi che Papa Francesco ripete dal primo giorno del suo pontificato, per una chiesa in movimento, non statica; una chiesa, una comunità in uscita, protesa verso l’altro, capace di raggiungere le periferie dell’esistenza. Fedele a quell’indicazione di Gesù di andare, di partire per annunciare a tutti i popoli il suo messaggio di salvezza.
Quaranta giorni dalla Pasqua, da quel sepolcro trovato vuoto, la pietra accostata di lato, e dall’invito dato alle donne di avvisare gli undici di andare in quella Galilea dei pagani, mescolanza di popoli, dove tutto ebbe inizio. In questi quaranta giorni, novità di un evento che si fa storia, abbiamo incontrato i due discepoli sfiduciati andare verso Emmaus; ci siamo trovati davanti l’immagine del buon pastore. Quaranta giorni nei quali i Vangeli ci hanno mostrato una continua presenza di Gesù accanto agli apostoli. Marco scrive nel suo Vangelo che gli undici andarono in Galilea, “sul monte che Gesù aveva loro indicato”; là Gesù dice di “andare e fare discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Poi Gesù, leggiamo negli Atti, “fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi”.
È un partire verso il Padre per restare, ci ricorda Papa Francesco nelle parole che pronuncia al Regina caeli, evidenziando due domande: “perché festeggiare la partenza di Gesù dalla terra? Sembrerebbe che il suo congedo sia un momento triste, non precisamente qualcosa di cui gioire”. Poi la seconda domanda: “cosa fa Gesù in cielo?”
Con l’Ascensione “è accaduta una cosa nuova e bellissima” dice il vescovo di Roma parlando ai fedeli in piazza San Pietro: “Gesù ha portato la nostra umanità, la nostra carne in cielo – è la prima volta – cioè l’ha portata in Dio. Quell’umanità, che aveva preso in terra, non è rimasta qui”. Gesù risorto non era uno spirito, ma aveva il suo corpo umano, per questo, aggiunge Francesco, possiamo dire che “dal giorno dell’Ascensione Dio stesso è ‘cambiato’, da allora non è più solo spirito, ma per quanto ci ama reca in sé la nostra stessa carne, la nostra umanità. Il posto che ci spetta è dunque indicato, il nostro destino è lì”. Oggi festeggiamo “la conquista del cielo” dice il Papa: “Gesù che torna al Padre, ma con la nostra umanità. E così il cielo è già un po’ nostro. Gesù ha aperto la porta e il suo corpo è lì”.
Poi ecco la seconda domanda che Francesco ha voluto proporre nel consueto incontro domenicale: cosa fa Gesù in cielo? “Lui sta per noi davanti al Padre, gli mostra continuamente la nostra umanità, mostra le piaghe. A me piace pensare che Gesù, davanti il Padre, prega così, facendogli vedere le piaghe: questo è quello che ho sofferto per gli uomini: fai qualcosa. Gli fa vedere il prezzo della redenzione, e il Padre si commuove. Questa è una cosa che mi piace pensare”.
Significativo che il dialogo con gli undici avvenga in questo luogo di frontiera, la Galilea delle genti, il luogo dell’inizio; li ha convocati su una montagna, luogo simbolo nelle pagine della Bibbia. Il popolo di Israele raggiunse il Sinai il terzo mese dopo la partenza dall’Egitto. Sul monte Mosè riceve il Decalogo, le tavole della legge. Nell’Islam su un monte, l’Hira, Maometto ha la rivelazione, e riceve, dal messaggero celeste, la prima frase del Corano. Su un monte i discepoli assistono all’Ascensione di Gesù. “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra” dice Gesù ai discepoli, “ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Il Signore “è sempre con noi, ci guarda, è sempre vivo per intercedere a nostro favore” dice Papa Francesco; intercede “nel luogo migliore, davanti al Padre suo e nostro” e ci aiuta “a non perdere la speranza, a non scoraggiarsi”.
Nelle parole dopo la preghiera mariana, torna sulla situazione in Sudan – “non abituiamoci ai conflitti e alle violenze, non abituiamoci alla guerra” – ha un pensiero per l’Ucraina e soprattutto rinnova la vicinanza alle popolazioni dell’Emilia-Romagna colpite dall’alluvione.

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Fonte: Sir