Il sapore di famiglia della liturgia feriale. La consuetudine, nella dimensione spirituale, non crea assuefazione, ma allena ad un ascolto attivo

La nostra vita di fede può essere scandita ogni giorno a partire da un quotidiano nutrimento alle fonti della Scrittura e del pane e del vino

Il sapore di famiglia della liturgia feriale. La consuetudine, nella dimensione spirituale, non crea assuefazione, ma allena ad un ascolto attivo

Ha 92 anni e vive sola in due umidi locali di un seminterrato; non ha mai avuto un marito, né figli; quando la mattina esce di casa, d’inverno, è ancora buio, ma, camminando in discesa per una decina di minuti, raggiunge la parrocchia, dove trova ogni giorno i frati pronti per recitare le Lodi, prima della Messa quotidiana. Non so dire da quanti anni sia questo l’inizio della sua giornata, ma so che spesso, la Domenica, è costretta a rinunciare all’Eucarestia, perché in giorno festivo non passa l’autobus che la riporta a casa lungo una salita improba per le sue gambe.
Nell’affiancarmi al cammino di questa anziana amica, assaporo il gusto della preghiera feriale, mite e costante, senza clamore, ma capace di accompagnare i pensieri e le azioni della giornata, fin dal suo sorgere, offrendo a tutti, indistintamente, la possibilità concreta di sentirsi a casa e in famiglia, anche alle persone più sole. Il vantaggio di essere guidati da una fraternità di frati minori permette a tutta l’assemblea potenziale di vivere una comunione più concreta: è come se, per ideali cerchi concentrici, al centro della comunità i padri vivano e testimonino già l’ubbidienza liberante di camminare insieme senza essersi scelti. Per osmosi è bello vedere come questo passi – non senza resistenze e asperità da mettere in conto – nel Consiglio Pastorale, nelle diverse commissioni o equipe che di esso sono emanazione, nella catechesi, nell’ambito della carità e del volontariato, nei gruppi-famiglia, in tutte le dimensioni della pastorale, ma prima fra queste, fonte e culmine della vita ecclesiale, nella liturgia. Anche quando a guidare una parrocchia vi sono sacerdoti diocesani che, per il decrescere del loro numero e l’aumentare dell’età media, sono sempre più spesso chiamati a fare squadra in unità pastorali più ampie, dove le chiese da officiare sono più di una, connota la vita di quella comunità lo stile con cui è curata la vita di preghiera ordinaria, una sorta di “porta d’ingresso” per chi abiti o passi da quel luogo.
Con quale credibilità, infatti, i credenti di una comunità parrocchiale possono rivolgersi al territorio di cui sono parte, se non sanno pregare insieme e riunirsi attorno alla Parola e al corpo di Cristo, nella celebrazione eucaristica? Forse non siamo ancora sufficientemente consapevoli che se la Domenica è il giorno del Signore, quello in cui siamo chiamati a vivere la festa, ciò non esclude che la nostra vita di fede possa essere scandita ogni giorno a partire da un quotidiano nutrimento alle fonti della Scrittura e del pane e del vino. Anzi, quanto più i nostri giorni – da quelli qualunque, a quelli più impegnativi ed ansiogeni per le tante e varie incombenze della settimana – riescono ad essere in qualche modo sintonizzati su quella porzione di testo sacro che il Lezionario, con antica saggezza, ha previsto, tanto più ci sentiremo custoditi nell’ordinarietà dei nostri passi e potremo percepire il profondo valore sabbatico del giorno del riposo. Come se quel giorno la comunità si fermasse per riunirsi in due o tre celebrazioni più ampie e corali per ringraziare e lodare il Signore che le è stato compagno di strada tutti i giorni della settimana trascorsa.
In questo contesto è possibile apprezzare non solo la storia della Salvezza attraverso un racconto continuato dei suoi protagonisti e passaggi più importanti con la lettura dall’Antico Testamento, ma anche un dipanarsi dei passi dei Vangeli (secondo i cicli annuali prestabiliti) porzionati proprio perché si calino nelle pieghe delle nostre vite individuali e collettive. La consuetudine, nella dimensione spirituale, non crea assuefazione, ma, al contrario, allena ad un ascolto attivo, ad una partecipazione viva, dove tutti ricevono una stessa parola che, però, vivifica e feconda contemporaneamente sia l’individuo sia, nel suo insieme, la porzione di popolo di Dio lì radunata.
Il calendario liturgico, poi, offre quotidianamente la possibilità di ricordare in modo più o meno solenne (feste e memorie) la schiera dei santi che ci hanno preceduto, le cui vite edificano, guidano, consolano. Non sempre si ha il privilegio di essere destinatari di una breve omelia, ma è chiaro che essa aggiunge spessore a quanto ascoltiamo e ci rende ancora più famiglia, dove un padre spezza la Parola per i fratelli. E che siamo fratelli lo viviamo sempre più intensamente quanto più ci ritroviamo a seguire il Signore e a desiderare di fare insieme la sua volontà. Del resto Gesù ce lo ha detto chiaramente: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”. (Cfr. Mc 3, 33-35).

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Fonte: Sir