Il senso religioso. Le domande di senso diventano più forti, quando la morte sfiora quotidianamente la vita

Gli studi ci hanno mostrato varie risposte dei fedeli, che si basano sulle diverse modalità in cui si esprime la loro fede.

Il senso religioso. Le domande di senso diventano più forti, quando la morte sfiora quotidianamente la vita

Nelle crisi donne e uomini hanno sempre cercato di guardare al sacro, al trascendente. Le domande di senso diventano più forti, quando la morte sfiora quotidianamente la vita. Questo periodo di epidemia non fa eccezione. Si affaccia una nuova – e allo stesso tempo atavica – domanda di religiosità.
Oggi il sentimento religioso affiora anche in una condizione scomoda e di forte svantaggio.
Durante la quarantena, infatti, sono stati sospesi gli incontri, le celebrazioni comunitarie e per la Chiesa cattolica la somministrazione dei sacramenti. Si sarebbe potuto immaginare la prosecuzione della diminuzione del numero dei praticanti. In Italia si calcolava che prima dell’emergenza Covid19  fosse circa l’11% a frequentare la Messa domenicale, ad esempio. La regola del distanziamento sociale avrebbe potuto favorire questo lento processo di abbandono delle pratiche.

Invece si avvertono segnali totalmente differenti. Abbiamo tutti negli occhi la grande preghiera di papa Francesco del 27 marzo al centro di una piazza San Pietro deserta e silenziosa, perché inchiodati allo schermo della TV c’erano oltre 17 milioni di italiani, per uno share che ha superato il 64%. Il rosario, trasmesso da TV2000 nella festa di San Giuseppe ha superato addirittura i 4 milioni di telespettatori, sopra il 13% in prima serata, la trasmissione della Via Crucis su Rai Uno ne ha raccolti quasi 8 milioni.
Ma ci sono anche altri segnali di un risveglio del senso religioso: tante parrocchie per avvicinarsi ai fedeli almeno per far vedere la Messa, hanno aperto canali Youtube, si impegnano in dirette Facebook, alcune associazioni e gruppi si attivano per incontrarsi su Zoom o su Duo. Questi spazi e appuntamenti sono seguiti, non cadono nel vuoto.
Ma oltre ai numeri ci sono questioni aperte: il dolore di non aver salutato i propri cari nel momento del distacco, la fatica di continuare il proprio servizio vicino alla sofferenza continua, le domande radicali sull’esistenza di Dio e la sofferenza, la distanza dalla partecipazione alla festa domenicale.

Sono segnali di un’urgenza. In tempi ordinari gli studi ci hanno mostrato anche varie risposte dei fedeli, che si basano sulle diverse modalità in cui si esprime la loro fede. Ci sono quelli legati alla tradizione e alla pietà popolare che sentono più forte il bisogno di esperienze comunitarie; ci sono quelli che hanno curato una spiritualità più personale legati al confronto con i testi biblici, a occasioni di approfondimento culturale e alla meditazione; ci sono gli “attivisti” che esprimono attraverso il volontariato la loro esperienza; infine, ci sono quelli legati al sistema valoriale della religione, al quale fanno appello per riconoscere la propria identità.
Sarà interessante osservare come evolveranno i credenti nelle loro diverse sensibilità al termine del distanziamento.

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Fonte: Sir