La fiducia libera, la paura paralizza. È il “bivio che abbiamo davanti a Dio: paura o fiducia” afferma Francesco

Tutti abbiamo ricevuto dei talenti "ben più preziosi del denaro. Ma molto di come li investiamo dipende dalla fiducia nei confronti del Signore"

La fiducia libera, la paura paralizza. È il “bivio che abbiamo davanti a Dio: paura o fiducia” afferma Francesco

“La povertà è uno scandalo”; tante sono le povertà nel mondo, materiali, culturali, spirituali. Celebra messa in San Pietro, Papa Francesco, Giornata mondiale dei poveri, e nell’omelia il pensiero va alle “esistenze ferite che abitano le nostre città, ai poveri diventati invisibili, il cui grido di dolore viene soffocato dall’indifferenza generale di una società indaffarata e distratta”. Già Paolo VI nel marzo del 1967 evidenziava il grande squilibrio nel mondo tra il nord ricco e il sud povero, e scriveva, nella sua Populorum progressio: “i popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La chiesa trasale davanti a questo grido d’angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello”. L’aspirazione degli uomini, scriveva nell’enciclica, è “essere affrancati dalla miseria, garantire in maniera più sicura la propria sussistenza … mentre un gran numero d’essi è condannato a vivere in condizioni che rendono illusorio tale legittimo desiderio”.
I poveri sono una moltitudine afferma Francesco nell’omelia che pronuncia nella basilica vaticana, sottolineando le tante povertà quotidiane: “pensiamo a quanti sono oppressi, affaticati, emarginati, alle vittime delle guerre e a coloro che lasciano la loro terra rischiano la vita; a coloro che sono senza pane, senza lavoro e senza speranza”.
La povertà è uno scandalo per il vescovo di Roma, e noi “dobbiamo andare a cercarla, con coraggio”. È l’invito, anzi l’impegno che viene dalla parabola dei talenti, “un monito per verificare con quale spirito stiamo affrontando i viaggio della vita”. Il messaggio che viene dal Vangelo di domenica è chiaro, afferma ancora: “non sotterriamo i beni del Signore! Mettiamo in circolo la carità, condividiamo il nostro pane, moltiplichiamo l’amore”. La strada che percorriamo è quella del dono o dell’egoismo, e “quella delle mani aperte verso gli altri, per donare e per donarci, o quella delle mani chiuse per avere di più e custodire soltanto noi stessi?”.
La parabola dei talenti ci porta a riflettere sulla provvisorietà della vita terrena, invito a viverla come un pellegrinaggio, perché, scrive san Paolo nella lettera ai tessalonicesi, gli abitanti di Salonicco, “il giorno del Signore verrà come un ladro di notte”. E chiederà conto dei talenti che ha affidato a ognuno di noi. Accoglierli significa non avere paura, come diceva Giovanni Paolo II. La parabola evidenzia due modi per accogliere i doni che riceviamo dal Signore, “talenti ben più preziosi del denaro” dice Francesco: il primo modo “è quello di colui che seppellisce il talento ricevuto, che non sa vedere le ricchezze che Dio gli ha dato: non si fida né del padrone né di sé stesso”. È il servo che seppellisce l’unico talento avuto, una cifra enorme per l’epoca, e viene ripreso e cacciato dal padrone. Questo accade, diceva Benedetto XVI, a chi “avendo ricevuto il Battesimo, la Comunione, la Cresima seppellisce poi tali doni sotto una coltre di pregiudizi, sotto una falsa immagine di Dio che paralizza la fede e le opere, così da tradire le attese del Signore”.
L’altro modo è quello dei primi due servi che avendo ricevuto rispettivamente cinque e due talenti li hanno investiti consegnando il doppio al padrone: non hanno paura e “si fidano, studiano e rischiano. Così hanno il coraggio di agire con libertà, in modo creativo, generando nuova ricchezza”.
È il “bivio che abbiamo davanti a Dio: paura o fiducia” afferma Francesco all’Angelus, prima di fermarsi a pranzo con i poveri, nell’atrio dell’Aula delle udienze. Tutti abbiamo ricevuto dei talenti “ben più preziosi del denaro. Ma molto di come li investiamo dipende dalla fiducia nei confronti del Signore, che ci libera il cuore, ci fa essere attivi e creativi nel bene. Non dimenticare questo: la fiducia libera, sempre, la paura paralizza”.
Angelus nel quale, dopo la recita della preghiera mariana, il Papa ha parole per la situazione della popolazione del Myanmar che “continua a soffrire a causa di violenze e soprusi”; prega per l’Ucraina e per le popolazioni di Palestina e Israele: “la pace è possibile”, dice, “non rassegniamoci alla guerra. E non dimentichiamo che la guerra sempre è una sconfitta. Soltanto guadagnano i fabbricanti di armi”.

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Fonte: Sir