Lo sguardo cieco. Gesù ci invita a riflettere sul nostro sguardo e ci chiede "di guardare dentro di noi per riconoscere le nostre miserie"

“Tante volte – ha detto il Papa – ci lamentiamo per le cose che non vanno nella società, nella Chiesa, nel mondo, senza metterci prima in discussione e senza impegnarci a cambiare anzitutto noi stessi”.

Lo sguardo cieco. Gesù ci invita a riflettere sul nostro sguardo e ci chiede "di guardare dentro di noi per riconoscere le nostre miserie"

Ci sono le bandiere dell’Ucraina in piazza San Pietro, immagine simbolo di questi giorni in cui il rumore della guerra alle porte dell’Europa ci ha fatto dimenticare la pandemia dalla quale, comunque, non siamo ancora usciti. Ha il “cuore straziato” il Papa per le vittime dell’invasione russa, per quelle immagini che hanno portato nelle nostre case volti di uomini e di donne segnati dalle ferite, dal dolore; volti rigati dalle lacrime; volti di bambini che nel loro pianto c’è tutta la tragedia di una ingiusta e inutile guerra.

A Firenze, dove Papa Francesco avrebbe dovuto essere questa domenica se non si fosse acuito il dolore al ginocchio, 60 vescovi di 20 paesi e 65 sindaci delle città i cui territori sono bagnati dal mare Mediterraneo, forte si è levata la voce per dire sì alla pace e al dialogo per fermare il conflitto. In piazza San Pietro Francesco ricorda che “Dio sta con gli operatori di pace e non con chi usa la violenza”.

Il vento agita quelle bandiere celesti e gialle; su volti si legge sofferenza, preoccupazione, tristezza, paura. “siamo stati sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra” dice il vescovo di Roma. Più volte abbiamo pregato perché non fosse imboccata questa strada e non smettiamo di supplicare Dio più intensamente”. Appello, quasi preghiera, perché siano messe da parte le armi e si apra la strada del dialogo: “chi fa la guerra dimentica l’umanità – ha proseguito – non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto gli interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi che è la più lontana dalla volontà di Dio e si distanzia dalla gente comune che vuole la pace. In ogni conflitto – ha aggiunto – la gente comune è la vera vittima che paga sulla propria pelle le follie della guerra. Penso agli anziani a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini. Sono fratelli e sorelle per i quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti”.

Angelus che Francesco ha aperto ricordando le parole del Vangelo di questa domenica, il rischio di essere concentrati più sulla pagliuzza nell’occhio del fratello piuttosto che nella trave presente nel nostro occhio. Vangelo che, in un certo senso, conclude la riflessione iniziata due domeniche fa, con le beatitudini e proseguita con l’amore per i nemici.

“Tante volte – ha detto il Papa – ci lamentiamo per le cose che non vanno nella società, nella Chiesa, nel mondo, senza metterci prima in discussione e senza impegnarci a cambiare anzitutto noi stessi”. Così “il nostro sguardo è cieco. E se siamo ciechi non possiamo pretendere di essere guide e maestri per gli altri”.

Gesù ci invita a riflettere, nel brano proposto da Luca, sul nostro sguardo e ci chiede “di guardare dentro di noi per riconoscere le nostre miserie. Perché se non siamo capaci di vedere i nostri difetti, saremo sempre portati a ingigantire quelli altrui. Se invece riconosciamo i nostri sbagli e le nostre miserie, si apre per noi la porta della misericordia”. Ma ci chiede anche di pensare bene alle cose che diciamo, perché le parole che usiamo “dicono la persona che siamo”.

Corrono veloci le parole, dice Francesco: “Troppe veicolano rabbia e aggressività, alimentano notizie false e approfittano delle paure collettive per propagare idee distorte”.

E lo vediamo anche nei nostri giorni: messaggi, fake news, che hanno l’unico obiettivo di criticare e condannare delle affermazioni per il solo motivo di non essere d’accordo. Usiamo le parole “in modo superficiale” dice ancora il vescovo di Roma; “ma le parole hanno un peso: ci permettono di esprimere pensieri e sentimenti, di dare voce alle paure che abbiamo e ai progetti che intendiamo realizzare, di benedire Dio e gli altri”. Ma, nello stesso tempo, “con la lingua possiamo anche alimentare pregiudizi, alzare barriere, aggredire e perfino distruggere; con la lingua possiamo distruggere i fratelli: il pettegolezzo ferisce e la calunnia può essere più tagliente di un coltello”.

Restano le immagini di quelle bandiere che il vento agita. E resta il desiderio di pace che sarà ancora più forte, Mercoledì delle Ceneri, nel digiuno e nella preghiera per l’Ucraina.

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Fonte: Sir