Lo sguardo realistico della speranza. Considerazioni sul libro di papa Francesco “La vita dopo la pandemia”

In “La vita dopo la pandemia” (Libreria Editrice Vaticana) è possibile sintetizzare il messaggio che scaturisce dagli scritti di papa Francesco ai tempi del Coronavirus.

“La globalizzazione dell’indifferenza
continuerà a minacciare e a tentare
il nostro cammino…
Che ci trovi con gli anticorpi necessari della giustizia,
della carità e della solidarietà”.

Lo sguardo realistico della speranza. Considerazioni sul libro di papa Francesco “La vita dopo la pandemia”

Già in queste parole, poste alla fine di “La vita dopo la pandemia” (Libreria Editrice Vaticana, 2020, 65 pagine, con una prefazione del Cardinale Michael Czerny) è possibile sintetizzare il messaggio che scaturisce dagli scritti di papa Francesco ai tempi del Coronavirus. Perché in realtà, mai come in questo momento si ha l’esatta cognizione di quella che viene chiamata dimensione olistica dell’esistenza: l’egoismo di specie non solo non avrebbe più senso ma andrebbe contro quello che dovremmo tornare a chiamare Creato. Negli otto messaggi di Francesco raccolti in questo libro, l’emergenza ambientale e la malattia pandemica sono accompagnate da una parola: speranza.

Il pontefice sa bene che questo termine sembra fuori luogo, oggi. Ma il senso c’è, e viene da lontano: la continua aggressione da parte della tecnica alla natura ha creato da tempo una serie di problemi, uno dei quali è il mutamento biologico anche dei microrganismi. Il problema pandemia viene non solo da quello, è evidente, ma è altrettanto evidente che nelle zone più inquinate le patologie soprattutto polmonari sono accentuate. La speranza che si intravede dai messaggi di Francesco è perciò una speranza necessaria, pragmatica, e non sentimentalistica, che viene dalla possibilità, ancora praticabile, di intervenire subito per rimodulare il cammino del cosiddetto progresso. Ma la speranza viene anche da una reale, tangibilissima osservazione: la presenza coraggiosa, a prezzo della propria vita, di “medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose”. Già dall’elenco si ha il senso e la direzione dello sguardo del Papa: dentro quella prospettiva ci sono anche i lavori meno considerati, i più umili.

Alla fine il messaggio è uno solo: ci si salva tutti insieme, comprese le fasce più a rischio nel dopo Covid-19, “le persone senza lavoro fisso”, anche i venditori ambulanti di giornali, che fanno parte di “un esercito invisibile”, come dal titolo della Lettera ai Movimenti popolari del 12 aprile 2020, composto anche dalle “persone, soprattutto donne, che moltiplicano il cibo nelle mense popolari cucinando con due cipolle e un pacchetto di riso un delizioso stufato per centinaia di bambini”. Non sarà sfuggito l’accenno alla moltiplicazione evangelica dei pani e dei pesci, il che fa pensare all’infinita attualità della Parola. Molti scrittori, anche i più lontani dalla fede, hanno affrontato con lo stesso sguardo di Francesco lo scenario di un’umanità rifiutata e consegnata alla schiavitù, alla miseria, alla malattia. Anche quelli attratti dalla filosofia dell’avventura dell’uomo forte e coraggioso, una volta a contatto con la gente della strada non hanno potuto fare a meno di denunciare, come Francesco, il crimine della ghettizzazione “per il progresso” di intere masse indifese: “Il popolo degli abissi” di Jack London (che visse assieme agli ultimi di Londra per un periodo della sua vita) ne è una testimonianza agghiacciante. Ed è altrettanto spaventoso notare che in quel libro, scritto nel 1903, si notavano i segni evidenti dell’inquinamento urbano, che ovviamente colpiva chi non poteva permettersi la villetta in mezzo alle aiuole della Londra-bene. Le parole di un Pontefice ci raccontano, a distanza di oltre cento anni, la resistenza della speranza. Ma deve essere una speranza attiva, perché il tempo della riflessione aristocratica è finito.

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Fonte: Sir