Papa Francesco e la teo-logia: tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio
Quello che ha ispirato il magistero di Francesco è stato un sapere teologico non accademico e più che scientifico, “sapienziale”; più che speculativo, “pratico”

“La predicazione di Paolo non è perché ha fatto un corso alla Lateranense, alla Gregoriana… No, no, no! Sapienza umana, no! Bensì insegnate dallo Spirito: Paolo predicava con l’unzione dello Spirito, esprimendo cose spirituali dello Spirito in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: l’uomo da solo non può capire questo! […] E tante volte, tante volte noi troviamo fra i nostri fedeli, vecchiette semplici che forse non hanno finito le elementari, ma che ti parlano delle cose meglio di un teologo, perché hanno lo Spirito di Cristo. Quello che ha San Paolo”.
Di fronte a queste espressioni pronunziate dal vescovo di Roma nell’omelia tenuta a Santa Marta il 2 settembre 2014 e ad altre dello stesso tenore, stanno due atteggiamenti. Quello di chi si straccia le vesti ritenendo che papa Francesco si sia fatto paladino dell’ignoranza teologica, laddove sembra propugnare una fede semplicistica ed ingenua e ridurre il “popolare” al “banale”. Quello di chi sostiene che questa sua posizione sarebbe dipesa dal fatto di non aver egli stesso mai conseguito un dottorato in teologia.
Entrambe le posizioni sono devianti e quindi da evitare. Se si comprende bene quanto egli afferma, non si può non convenire con la sua prospettiva, secondo la quale il luogo della teologia non è l’università, ma la Chiesa, in quanto la fede deve essere pensata nella comunità ecclesiale nel suo insieme e non in una lobby di accademici che ritengono di possedere il monopolio del sapere. E le facoltà teologiche, in questo orizzonte, diventano semplici espressioni di “carità intellettuale” in sinergia e in ascolto della comunità ecclesiale di cui si fanno di volta in volta servitrici. E, sempre in questa prospettiva, la prassi ecclesiale non dovrà essere demandata a una regione del sapere teologico (la teologia pastorale), ma è chiamata ad informarne tutti i contenuti, percorrendolo trasversalmente.
Lo stesso riferimento alla “vecchietta” costituisce una citazione implicita di un famoso passaggio di un’omelia di Tommaso d’Aquino nel quaresimale napoletano del 1273, quando afferma che una vecchietta ignorante, ma credente, sul destino dell’uomo e il suo orientamento, ne sa più di tutti i filosofi prima di Cristo e, diremmo noi, senza Cristo.
Quello che ha ispirato il magistero di Francesco è stato quindi un sapere teologico non accademico e più che scientifico, “sapienziale”; più che speculativo, “pratico”. Rinveniamo queste caratteristiche se diamo un rapido sguardo alla tematica fondamentale che questa forma del sapere che è la teo-logia (= logos di Dio in senso oggettivo e soggettivo) è chiamata ad esprimere. Un vero e proprio bilancio teologico di questo Pontificato richiederebbe ben altro spazio e maggiori energie.
Per il papa che è tornato alla casa del Padre, il Dio unico è e deve essere il Dio di tutti. Un luogo particolarmente significativo in cui si è espressa tale visione teo-logica, è stata la dichiarazione congiunta di Abu Dhabi (Documento sulla fratellanza umana del 4 gennaio 2019), dove leggiamo: “Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere”. L’unico Dio rende gli umani sorelle e fratelli e l’attenzione agli ultimi non è una scelta meramente socio-politica, ma appunto teo-logica, così come la custodia del creato.
In questa direzione Francesco ha portato a ulteriore compimento il messaggio del Vaticano II, muovendo dallo scontro all’incontro fra le religioni. Tra i momenti più significativi del viaggio in estremo oriente si può a giusto titolo collocare l’incontro coi giovani di venerdì 13 settembre 2024 a Singapore. In quella occasione il vescovo di Roma così si espresse: “Una delle cose che più mi ha colpito di voi giovani, di voi qui, è la capacità del dialogo interreligioso. E questo è molto importante, perché se voi incominciate a litigare: ‘La mia religione è più importante della tua…’, ‘La mia è quella vera, la tua non è vera…’. Dove porta tutto questo? Dove? Qualcuno risponda, dove? [qualcuno risponde: ‘La distruzione’]. È così.
Tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio”.
E ciò non contraddice il fatto che la vera religione risiede nella fede cristiana, chiamata a riconoscere nelle altre appartenenze non espressioni di falsità, ma semi e tracce del Verbo.
Giuseppe Lorizio