Quei “folli” di Dio. Vagabondi, questuanti, anacoreti, raccontati da “Follia d’amore”

Una cospicua antologia di testimonianze su vite di persone come noi, che decidono di lasciare la sazietà e il benessere per andare a fare gli eremiti, o a vagabondare per tutta la vita.

Quei “folli” di Dio. Vagabondi, questuanti, anacoreti, raccontati da “Follia d’amore”

Perché alcune persone, che pure avrebbero tutto dalla vita, decidono di rinunciare a beni, affetti, comodità per andarsene via? Perché, parlando con un poveretto che chiede la carità per strada ci passa un brivido improvviso dopo che abbiamo intuito, nel corso di una chiacchierata, che il poveretto in questione non è stato sempre lacero e sporco? Certo, San Francesco ci dice una serie di cose, che il benessere non è tutto, che il cuore ha le sue pascaliane ragioni, che Dio ci porta per strade che gli altri “normali” non praticherebbero mai, ma se leggiamo libri come “Follia d’amore.
I folli in Cristo d’oriente e d’occidente” (Qiqajon, 266 pagine, 26 euro), curato da Lisa Cremaschi, monaca della Comunità di Bose, ci rendiamo conto che le ragioni della “follia” di lasciare le comodità sono davvero tante e diverse.

Il libro è una cospicua antologia di testimonianze su vite di persone come noi, che decidono di lasciare la sazietà e il benessere per andare a fare gli eremiti, o a vagabondare per tutta la vita, in poche parole di “diventare” pazzi (per gli altri). E qui il libro ci invita a fermarci un attimo. Non solo sulle vite di coraggiosi viandanti d’oriente e d’occidente, ma anche e soprattutto sul giudizio che così facilmente si abbatte su quanti non vivono o agiscono secondo le norme della tribù. Quante volte ci capita di esclamare, o solo pensare, che un certo tizio è matto perché semplicemente non agisce o pensa come il gruppo? Perché non aderisce agli standard spesso indotti dal bombardamento mediatico che non si presenta come tale ma mascherato da buongusto, raffinatezza, qualità, benessere? E allora non meravigliamoci se leggeriamo in questo libro che alcuni, per il fatto di avere scelto la strada e la natura come casa sono stati derisi, presi in giro, picchiati. Figuriamoci quelli, e sono stati tanti, che simulavano la follia. Accadeva ieri come accade purtroppo ancora oggi. È successo al poverello – un tempo ricco – d’Assisi, ma pure a Giovanni di Dio, a Iacopone, e, in oriente, a Simeone e Andrea – guarda caso ambedue chiamati “folli” – a Vitale di Gaza, a Isidora, disprezzata da tutti, malmenata e derisa dalle sue stesse sorelle nella scelta monastica e poi riconosciuta come degna di ogni lode da un santo anacoreta.

Quali sono gli elementi distintivi che emergono da questi esempi? Uno tra tutti: la sorprendente attualità delle loro scelte. Perché non si tratta di gente che se ne va, e già questa è una bella dimostrazione di coraggio, una volta per tutte e sparisce. No. Si tratta di giovani come Alessio o Giovanni il Calibita che per vincere un sentimento attualissimo come la nostalgia tornano nelle loro case senza farsi riconoscere, a mendicare là dove avevano giocato e vissuto felicemente l’infanzia e l’adolescenza. Si tratta di scelte, per rimanere con Alessio, difficili e dilanianti: andarsene la notte di nozze, che, tradotto in termini più attuali significa rinunciare all’amore terreno, con tutte le sue lusinghe, con la sua indubbia bellezza, per ascoltare una voce che va oltre bellezza e lusinghe terrene. Per questo la gente “normale” li prende per matti e li deride in piazza: scarica su di essi ogni frustrazione sociale e nel contempo individua e “punisce” chi realizza pensieri o dubbi che ogni tanto assalgono anche quelli che sembrano più tetragoni. Sì, e “Follia d’amore” ce lo ricorda ancora una volta, può accadere che il mendicante cui allunghiamo l’euro per strada sia stato un tempo “un gran signore”. E lo sia ancora adesso che tende la mano, con un sorriso che ci ricorda qualcosa.

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Fonte: Sir