Salmo 147. Le note della pace sono piccole, i suoi colori sono tenui

Ciò a cui il salmo ci sprona è a ritrovare nella stessa creazione e nella storia la volontà di bene che Dio ha sempre elargito ai suoi figli

Salmo 147. Le note della pace sono piccole, i suoi colori sono tenui

Quanto doloroso mistero si cela fra il conflitto israelo-palestinese a cui stiamo assistendo e le moltissime invocazioni di pace presenti nella Bibbia? Talvolta alcune preghiere del Salterio quasi ci scandalizzano perché ci pare che la Parola sia contraddetta proprio dalle lacerazioni che vive la Terra Santa. I versi del Salmo 147 paiono inneggiare ad una pace, che secondo la volontà del Signore, viene donata al cosmo, a tutte le creature e, in particolare, ad un piccolo popolo che da sempre è predestinato ad essere il primo beneficiario e testimone della misericordia di Dio. I notiziari parlano di morti, feriti, ostaggi e strategie di oppressione. eppure il salmista canta: “Il Signore ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi d’Israele; risana i cuori affranti e fascia le loro ferite” (vv. 2-3). Come possiamo credere che oggi queste parole valgano per tutti coloro che sono vittime di una contrapposizione che non trova una soluzione definitiva? Sappiamo che quando davvero regnerà la pace nella sua pienezza fra le mura della Gerusalemme terrena, allora saranno maturi i tempi perché tutti si sia accolti nella Gerusalemme celeste. Ma una preghiera non è un miraggio o una semplice utopia… Eppure quello che prevale nei nostri cuori è paura e sgomento e soprattutto ci chiediamo cosa possiamo fare noi, singoli credenti, per far sì che le armi tacciano, quando le logiche dei potenti paiono così distanti da ogni nostra possibilità di intervento? Ciò a cui il salmo ci sprona è a ritrovare nella stessa creazione e nella storia la volontà di bene che Dio ha sempre elargito ai suoi figli. Come se tornare alla bellezza mite della natura sia la strada che il Padre indica agli uomini perché non perdano speranza che il mondo è da Lui pensato per essere così e che la nostra preghiera nella contemplazione di questa armonia non è mai vana, ma di per sé coopera a risanare le lacerazioni che il nostro stesso peccato ha provocato. “Egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome” (v. 4). “Egli copre il cielo di nubi, prepara la pioggia per la terra, fa germogliare l’erba sui monti, provvede il cibo al bestiame, ai piccoli del corvo che gridano. Non apprezza il vigore del cavallo, non gradisce la corsa dell’uomo”. (vv. 8-10) Ma ancora, con immagini colme di fantastica poesia: “Fa scendere la neve come lana, come polvere sparge la brina, getta come briciole la grandine: di fronte al suo gelo chi resiste? Manda la sua parola ed ecco le scioglie, fa soffiare il suo vento e scorrono le acque” (vv. 16-18). Come non scoprire, con rinnovata meraviglia, che pregando queste parole si intercede presso un Padre che ha disegnato, fin dal principio, un mondo fatto di stagioni che si alternano senza che nulla sia lasciato al caso, ma tutto concorra allo scorrere sereno del tempo? È a un Dio così che possiamo rivolgerci per chiedere la pace, un Dio che ancora scommette sui germi di bene che ha seminato nei cuori delle persone. Il Signore ci suggerisce di assecondarlo e diventare anche noi piccoli creatori di microcosmi di pace, immettendo un’intenzione di bene, anche nelle azioni più quotidiane, a partire da quelle nelle nostre case. Anche un bacio sulla fronte di un figlio prima che vada a scuola, edifica la pace, proprio come Dio non tralascia neppure di nutrire i pulcini del corvo pigolanti. Le note della pace sono piccole, i suoi colori sono tenui. Altri versi del Salmo sono ancora più espliciti nel ricordare all’uomo che il Signore interviene nella storia, con la sua volontà di giustizia pacificatrice e la sua predilezione per i deboli: “Il Signore sostiene i poveri, ma abbassa fino a terra i malvagi”. (v. 6) “Celebra il Signore, Gerusalemme, loda il tuo Dio, Sion, perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. Egli mette pace nei tuoi confini e ti sazia con fiore di frumento” (vv. 12-14). Nel cantare queste parole anche noi cristiani, anzi tutti, paradossalmente senza più distinzioni, possiamo sentirci cittadini di Gerusalemme e riconoscere che essa è la città dell’alleanza fra Dio e il popolo di coloro che desiderano fare la sua volontà. In tal senso è come se questa città fosse il centro del mondo e, con la sua “precarietà” rappresentasse le contraddizioni che si materializzano nei tanti sanguinosi conflitti che affliggono il mondo. Gerusalemme, dunque, diviene il luogo in cui chiedere a Dio di convertire le coscienze di ciascuno di noi, di farci diventare operatori di pace ovunque noi siamo. Seguiamo, dunque, l’invito incessante di Papa Francesco a tutti i cristiani e a tutti gli uomini amati dal Signore affinché preghino per la pace, ovunque essa viene meno, considerandola certamente un dono che da soli non sappiamo elargirci, ma anche un traguardo nei cuori fatto di piccoli passi possibili.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir