Salmo 57. Pregare con i salmi è un modo per interrogarci sulla nostra coscienza

La supplica rivolta al Signore è da parte di chi non vuole farsi giustizia da solo, ma si rifugia all’ombra delle ali di Dio.

Salmo 57. Pregare con i salmi è un modo per interrogarci sulla nostra coscienza

“Di Davide. Quando fuggì da Saul nella caverna. Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te si rifugia l’anima mia; all’ombra delle tue ali mi rifugio finché l’insidia sia passata” (vv. 1-2) A differenza di quanto fatto per altri, per comprendere il salmo 57 può essere utile precisare la circostanza storica che viene ricordata nella didascalia del primo verso. Davide è in fuga dal re Saul che lo vuole morto e, nascosto nella caverna di Engaddi, avrebbe anche l’occasione di uccidere il suo persecutore, ma non lo fa, non restituendogli male per male e glielo dimostra facendogli vedere che gli ha tagliato un lembo del mantello mentre lui dormiva, ma non lo ha ucciso (cfr. 1Sam 24). Dunque, in questa occasione, ancor più che per il salmo commentato settimana scorsa, la supplica rivolta al Signore è da parte di chi non vuole farsi giustizia da solo, ma si rifugia all’ombra delle ali di Dio, un’immagine poetica che ritorna nel Salterio e che può essere interpretata anche come una metafora del tempio stesso, il luogo di culto, presso cui non si potevano commettere omicidi. Il salmista invoca Dio che “mandi il suo amore e la sua fedeltà” (v. 4). Chi confida nel Signore conosce le sue caratteristiche e gli chiede di donargliele anche e soprattutto perché sta sopraggiungendo la notte ed è costretto ad andare a dormire fra i pericoli. “In mezzo a leoni devo coricarmi, infiammàti di rabbia contro gli uomini! I loro denti sono lance e frecce, la loro lingua è spada affilata” (v. 5). La concretizzazione degli avversari, delle loro armi e della paura che provocano fanno pensare all’incubo di un bambino che non riesce ad addormentarsi o si sveglia di soprassalto, chiedendo la consolazione dei suoi genitori ed essi accorrono al suo letto, lo coccolano e gli fanno vedere la realtà con gli occhi della loro fede. I nemici possono far male sia fisicamente, sia moralmente perché si specifica che anche l’aggressione con la lingua, ovvero le calunnie, possono essere molto dolorose, ma nella preghiera emerge ancora una volta la fiducia che Dio interverrà e non solo per il mio bene individuale ma per quello di tutti: “Innàlzati sopra il cielo, o Dio, su tutta la terra la tua gloria” (v. 6). Nonostante le insidie e le vessazioni subite, il salmista ripete: “Saldo è il mio cuore” (v. 8) e poi prende un’iniziativa inaspettata e sorprendente: “Voglio cantare, voglio inneggiare: svégliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora” (vv. 8-9). Prima ancora che si faccia giorno, prima di avere la certezza di essere salvato, quello che era un guerriero impaurito ed in fuga, diviene un cantore e un suonatore che loda il Signore e lo fa, con un’immagine bellissima, svegliando, cioè anticipando l’aurora. Non è la luce che lo sveglia, ma è lui che, con la sua attesa e la sua invocazione, propizia l’aiuto di Dio. È in forma poetica l’espressione dell’importante dimensione spirituale della vigilanza. La tradizione patristica cristiana ha voluto leggere in questo sonno tormentato e in questo risveglio di lode, la dinamica della passione, morte e resurrezione di Gesù, la stessa che ogni anno viviamo nella liturgia dal tempo quaresimale a quello della Pasqua. Il salmo poi prosegue anche con ripetizioni che rafforzano la dimensione di “speranza certa” ed è inevitabile chiedersi quanto noi siamo uomini e donne che sanno trasmettere ai fratelli che incontriamo questa fiducia che va oltre il buio contingente. Abbiamo il coraggio di prendere in mano gli strumenti musicali e inneggiare a Dio per far tacere il rumore delle armi e della violenza? Oppure – anche se non osiamo dirlo – pensiamo che le soluzioni ai nostri problemi, come a quelli globali se verranno non sarà certo in virtù della nostra preghiera, per quanto accorata? Ecco allora che pregare con i salmi è un modo per interrogarci sulla nostra coscienza e, accorgendoci di quanto essa sia sempre più incredula che credente, possiamo allenarla al dialogo confidente con Dio, così da vedere la luce dell’aurora ancora prima che sorga.

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Fonte: Sir