Terremoto in Turchia. Mons. Bizzeti (Iskenderun): “Non lasciamoci sopraffare dalla paura della morte, insieme possiamo rialzarci”

Alla vigilia della Pasqua e a quasi due mesi dal sisma, parla da Iskenderun il vicario apostolico dell’Anatolia, mons. Paolo Bizzeti: “Noi, nella Pasqua, ci siamo immersi da quasi due mesi, perché il terremoto è stato ed è tuttora un mistero di morte e di vita che si combattono”. Ripensando alla Via Crucis di Gesù, mons. Bizzeti indica in particolare le stazioni in cui “Gesù cade e si rialza. Non cade una volta sola ma varie volte”. “L’augurio – dice - è che tutti siano impegnati a trasformare la morte in una occasione di vita, di solidarietà, di speranza. Non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla paura della morte e dalle cadute perché insieme ci si può sempre rialzare”.

Terremoto in Turchia. Mons. Bizzeti (Iskenderun): “Non lasciamoci sopraffare dalla paura della morte, insieme possiamo rialzarci”

“L’augurio è che tutti siano impegnati a trasformare la morte in una occasione di vita, di solidarietà, di speranza. Non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla paura della morte e dalle cadute perché insieme ci si può sempre rialzare”. È mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia, a parlare da Iskenderun dove quest’anno, la piccola comunità cristiana si appresta a vivere la Settimana tra le macerie e nel dolore per le vittime e la distruzione. Ha superato i 50mila morti (ma altre stime parlano di oltre 100 mila) il bilancio del devastante sisma che il 6 febbraio scorso ha colpito la regione a cavallo tra Turchia e Siria. Ma da allora, per la popolazione non c’è stato un giorno di calma. Si calcola che dal 6 febbraio ci siano state 9mila scosse di assestamento. Solo in Turchia, le persone evacuate sono 530mila.

Mons. Bizzeti, ci racconti la situazione che state vivendo nella regione.

La situazione, a distanza di quasi due mesi, appare molto difficile, perché il terremoto ha causato danni grandissimi sia materiali che psicologici, al punto che molte persone sono partite da Antiochia e Ikenderun e non sono più tornate. D’altronde nell’immediato non ci sono possibilità di vivere qui una vita degna. Sono rimaste le persone più povere e legate ad un qualche lavoro. Noi stiamo cercando di supportare queste persone.

Quali sono le difficoltà che vi preoccupano di più?

Ci sono difficoltà anche a livello di aiuti.

Purtroppo manca il concetto che ogni organizzazione possa dare una mano con una certa libertà e indipendenza. Va bene che ci sia un coordinamento ma spesso questo coordinamento rischia di appesantire la macchina degli aiuti anziché favorirla. Speriamo che il governo possa concedere l’accreditamento alle organizzazioni che vogliono aiutare la popolazione in modo gratuito e disinteressato. Per quello che riguarda il cibo, le tende, le case prefabbricate, noi siamo pronti ad aiutare ma non è facile poterlo fare. Gli aiuti arrivano, il problema in questo momento è la distribuzione e la pianificazione. Ad ogni modo, noi stiamo lavorando. Ci vorrebbero però piani più organici ed una maggiore libertà di movimento.

In quali situazioni si ritrovano le città più colpite dalle scosse?

Antiochia è ancora una città fantasma. Si sta cominciando a liberare Iskenderun dalle macerie. Lo si sta facendo anche ad Antiochia ma ci sono delle priorità, a partire dalla ricostruzione degli ospedali. E’ un lavoro che porterà via molto tempo. Nel frattempo, chi può, va via.

Domenica 26 marzo, la Chiesa Italiana ha indetto una colletta per le popolazioni di Turchia e Siria colpite dal sisma. Quanto sono importanti per voi queste iniziative?

Siamo molto grati alla Chiesa italiana.

Lo siamo sia perché abbiamo bisogno materialmente di questi aiuti sia perché queste raccolte ci fanno sentire accompagnati in questo momento di grande difficoltà. Proviamo quindi un bel senso di fraternità verso la chiesa in Italia che ha deciso di compiere, come si legge negli Atti degli Apostoli, una Colletta per chi è nella difficoltà.

Che Pasqua sarà quest’anno?

Noi, nella Pasqua, ci siamo immersi da quasi due mesi, perché il terremoto è stato ed è tuttora un mistero di morte e di vita che si combattono. Quest’anno tutta la Quaresima è stato un mistero pasquale. Di scontro con la morte e di dolore, però anche con tanti bei segni di Resurrezione perché le persone sono state capaci di andare al di là del pregiudizio e delle divisioni e di aiutarsi in modo encomiabile. Quindi vita e morte, come sempre a Pasqua. E’ un duello, una sfida.

Ripensando alla Via Crucis di Gesù, quali stazioni riattualizzate le vengono più in mente?

Gesù che cade e si rialza. Non cade una volta sola ma varie volte. E varie volte si è rialzato. Anche qui stiamo vivendo la duplice dimensione del cadere e del rialzarsi.

La Resurrezione è anche un segno potente di rinascita. Quale la speranza per questo popolo così provato?

La speranza è che Antiochia torni a vivere, come è successo dopo i grandi terremoti del passato. E’ una città troppo importante per la storia del Medio Oriente, oltre che per la storia cristiana. Sicuramente è una città che risorgerà: ci vorrà del tempo ma confidiamo che il governo sia capace di fare un piano urbanistico di ricostruzione adeguato ad una zona altamente sismica.

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Fonte: Sir