Una lode vivente al Creatore. L’enigma della persistenza del fascino del Cantico delle Creature e di San Francesco attraverso i secoli

Perché tanti santi sono scomparsi dall’immaginario collettivo, mentre san Francesco vi è rimasto costantemente? E perché il suo Cantico di Frate Sole affascina ancora tutti?

Una lode vivente al Creatore. L’enigma della persistenza del fascino del Cantico delle Creature e di San Francesco attraverso i secoli

E se gli uomini lo dimenticassero, dovrebbero parlare di lui pietre e sorgenti, fiori e uccelli.  Perché, come un vero poeta liberò queste cose dall’esilio in cui le avevano cacciate il peccato e l’incomprensione e le distese davanti ai nostri occhi nella loro pura, originaria bellezza”.

Ci voleva un giovane ribelle dalle costrizioni delle rigide norme confessionali e destinato a celebrare la fascinazione dell’oriente buddista, Hermann Hesse, per cogliere il nucleo e il senso di quello che rimane per tutti, non solo i credenti, un mistero. Perché tanti santi sono scomparsi dall’immaginario collettivo, mentre san Francesco vi è rimasto costantemente? E perché il suo Cantico di Frate Sole affascina ancora tutti, dotti e ignoranti, ed è oggetto di studio in tutte le latitudini planetarie?

Quale altra preghiera italiana ha mai suscitato tanto interesse in campo profano”, si è chiesto un grande esperto di misticismo come Giovanni Pozzi? La risposta è che quel Cantico, ed il suo autore con esso, fa parte di una dimensione insondabile fino in fondo, quella dell’incontro con Dio. Quando si affronta questo campo, o per il Poverello, o per Hildegarda di Bingen, o Maria Maddalena de’ Pazzi, o Giovanni della Croce, come hanno messo giustamente in rilevo molti studiosi, le parole umane possono fino ad un certo punto.

Perché il contatto con il divino va oltre le nostre capacità percettive e espressive. Ma proprio qui sta la questione. Il Cantico si perde in Dio senza perdere le parole. È questo che affascina oggi, come lo ha fatto in passato -e lo farà in futuro- atei e credenti, esteti come D’Annunzio e massoni anticlericali come Carducci (del narratore di Siddhartha abbiamo detto): la sua comunicabilità rispetto al perdersi nelle ripetizioni, nelle esclamazioni di alcune visioni mistiche, la sua lontananza dalle mode retoriche, la sua indipendenza dalle scuole e dalle maniere della letteratura. Eppure in quel Cantico c’è afflato mistico, e nello stesso tempo ci sono tracce di schemi metrici, rime e assonanze: qualcuno ha addirittura definito Francesco un trovatore, vale a dire un poeta d’amore. E in realtà, quella sua opera immortale gronda di amore, dall’inizio alla fine, anche quando parla della morte, dell’“infirmitate” e della “tribolazione”.

Ci porta ad un passo dall’indicibile mistero della Creazione ma nello stesso tempo ci fa rimanere qui e ora, tende all’unità con Dio ma ti invita all’amore della molteplicità, perché la molteplicità è una parte di un percorso di ritorno. Il Cantico del Poverello rimane proprio perché quando lo si legge emana una strana atmosfera di ritorno a casa attraverso strade nuove. Eppure non ne parla mai, non allude mai all’Eden, perché il dono della vera poesia è proprio questo, parlarci di un luogo senza mai dirlo, lasciandocelo immaginare. Francesco ci porta in prossimità di quello che i Romani chiamavano limen, il passaggio, la porta sacra oltre la quale più niente è come prima. Il povero folle preso in giro da tanti per la sua scelta “ridicola” di lasciarsi alle spalle tutti quei soldi e quelle feste, morto in assoluta povertà è il poeta più amato e il santo che affascina al di là delle confessioni e dei confini fisici.

Una coerenza assoluta, l’assoluto disprezzo per la fama e il successo lo hanno portato ad avere fama e successo, tanto da essere soggetto di film (“Fratello sole sorella luna” di Zeffirelli, “Francesco” della Cavani, solo per fare due esempi), Musical (“Forza venite gente” di Castellacci e Palumbo), miriadi di libri, album musicali (“L’infinitamente piccolo” di Branduardi), quadri, sculture, poesie, romanzi. Il mistero è la cifra del suo fascino: si può spiegare una causa, ma se ne fanno largo altre possibili. Aveva ragione chi definiva Francesco non un autore di lodi, ma egli stesso una lode vivente al Creatore.

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Fonte: Sir