60 anni dalla Pacem in Terris. La pace si “fa” con la fiducia

È l’insegnamento della Pacem in terris, l’enciclica di Giovanni XXIII (11 aprile 1963). L’ha ribadito il vescovo Claudio all’incontro di venerdì scorso all’Mpx, promosso dal Comune di Padova

60 anni dalla Pacem in Terris. La pace si “fa” con la fiducia

«Giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si mettano al bando le armi nucleari e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci. (...) Occorre però riconoscere che l’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione, e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse a un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoperandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica: il che comporta, a sua volta, che al criterio della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia». Ha subito “calato l’asso” della Pacem in terris (numeri 60 e 61) il vescovo Claudio Cipolla,
aprendo l’intervento proposto all’incontro di venerdì scorso all’Mpx – organizzato dal Comune di Padova – sul tema “La pace impossibile e l’unica possibile”. Non l’ha fatto a caso, dato che l’enciclica ha compiuto sessant’anni e, ha sottolineato, «è di immediata comprensione e provocante per tutti ancora oggi: suggerisco di leggerla». L’intervento del vescovo Claudio – in un Mpx gremito e particolarmente animato – ha chiuso il cerchio di una stimolante carrellata di voci moderate dalla giornalista Silvia Giralucci: Marco Impagliazzo (presidente della Comunità di Sant’Egidio), Silvia Stilli (Rete italiana pace e disarmo), Aldo Marturano (Cgil), Flavio Lotti (Marcia Perugia-Assisi e Coordinamento nazionale enti locali per la pace e i diritti umani), Sergio Giordani (sindaco di Padova), Marco Mascia (presidente del Centro di Ateneo per i diritti umani “Antonio Papisca”, Università di Padova) e Rossella Miccio (presidente di Emergency). Ricordando l’appuntamento del pomeriggio alla Sala della carità (articolo in basso), in cui si è confrontato con l’imam Layachi e il rabbino Bahbout, don Claudio ha sottolineato come il cristianesimo – ma anche l’islam e l’ebraismo – siano per la pace: «Quando un cristiano si pone a servizio della pace interpreta il Vangelo». Ha poi proposto, partendo dal testo della Pacem in terris, alcuni insegnamenti che le religioni propongono per costruire la pace: «Insegnano, prima di tutto, ad avere uno sguardo nuovo capace di andare profondità. Che vuol dire, prima di tutto, chiedersi: chi è l’uomo? Qual è il suo bene? L’uomo è il centro dell’agire, il centro dell’universo. Ogni persona è soggetto di diritti e di doveri. Diritti al lavoro, abitazione, anche alla migrazione... Ha il dovere, l’uomo, di partecipare alla costruzione e al rispetto della dignità degli altri». Le religioni, inoltre, «insegnano a girare in largo. Penso, in questo senso, all’esperienza della Chiesa di Padova che ha sempre manifestato una grande attenzione ai popoli più poveri. È un creare cultura... Così opera Medici con l’Africa Cuamm, ad esempio, che si spende perché ogni uomo e donna sia riconosciuto nella sua dignità. La Pacem in terris dice con forza che non c’è distinzione tra uomo e uomo. L’appello che lancia alla giustizia è universale». Andare in profondità, girare in largo: le religioni, ha sottolineato il vescovo Cipolla, «allenano anche a guardare verso l’alto. A Dio. A “qualcuno” che invita alla speranza; a “qualcosa” di più grande di noi. Dove troviamo la capacità di lottare quando tutto sembra perso? Guardare in alto è un sostegno al nostro sperare». Questi tre insegnamenti, e i molti altri contenuti nell’enciclica di papa Giovanni XXIII, chiedono – non solo da parte delle religioni – un forte impegno nell’educare «in tutte le direzioni: occorrono agenzie che sappiano accompagnare ragazzi e giovani, ma penso anche agli uomini e alle donne che si impegnano in politica. Come Diocesi di Padova, da anni, promuoviamo una scuola per agire “da cristiani” a favore della cosa pubblica. Le religioni hanno gli “strumenti” per capire ciò che è bene per gli uomini, ma andando oltre al tornaconto personale. Solo impegnandoci per il bene di tutti, potremo andare verso una fratellanza universale. Saremo realmente fratelli e sorelle di tutti gli abitanti di questa terra».

Convegno, il 4 maggio, a 60 anni dalla Pacem in terris

Giovedì 4 maggio si tiene il convegno – promosso da Facoltà teologica del Triveneto e Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia – “La pace, ‘anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi’. 60 anni della Pacem in terris” (dalle 9.30 nella sede della Facoltà in via del Seminario 7; partecipazione gratuita con iscrizione obbligatoria. Informazioni: fttr.it). La prima sessione dei lavori (fino alle 12.30) – “Quali prospettive di pace nel nuovo ordine mondiale?” – vedrà la partecipazione di: Giovanni Maria Flick, Alberto Melloni, Franco Gismano, Mirko Sossai. La seconda (ore 14-16.30) – “Pace e religioni” – si aprirà con l’intervento di Adalberto Mainardi; a seguire, tavola rotonda sul tema “Il contributo delle religioni alla pace” con Khalid Rhazzali (per l’islam), Joseph Levi (per l’ebraismo) e Anna Maria Shinnyo Marradi (guida spirituale del tempio Zen Shinnyoji di Firenze.

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