A 60 anni dalla Pacem in terris. Insieme, da fratelli, per il disarmo dei cuori e delle menti

Il vescovo Claudio si è confrontato con l’imam Layachi e il rabbino Bahbout. È stato un incontro proficuo, volto a rinsaldare i legami tra religioni nel nostro territorio, quello che si è tenuto nel pomeriggio del 14 aprile nella Sala della Carità a Padova. 

A 60 anni dalla Pacem in terris. Insieme, da fratelli, per il disarmo dei cuori e delle menti

Organizzato dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice in occasione dei sessant’anni dall’enciclica Pacem in terris di papa Giovanni XXIII, ha visto presenti mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, Kamel Layachi, imam del Veneto, e Scialom Bahbout, già rabbino capo di Venezia; moderatrice dell’incontro, Sabina Fadel, caporedattore del Messaggero di Sant’Antonio. Dopo i saluti iniziali dei rappresentanti della Fondazione – che si propone di studiare e diffondere la Dottrina sociale della Chiesa, come emerge in particolare nell’enciclica di Giovanni Paolo II, Centesimus Annus – sono intervenuti i tre rappresentanti religiosi, contestualizzando ai nostri giorni i contenuti dell’enciclica Pacem in terris (1963), soprattutto in riferimento al tema della pace. Il vescovo Claudio Cipolla ha sottolineato quanto si sia fatto da allora in termini di fraternità, ma quanto resti ancora da fare per la pace, e come sia complesso chiedersi dove poter ancora intervenire. «Se continuano a esserci le guerre – ha sottolineato – significa che non è sufficiente ciò che fanno le Chiese: vanno pensate ancora nuove proposte creative, nuove occasioni; a volte la religione viene strumentalizzata per giustificare le guerre, in realtà tutte le religioni ricercano la pace». Mons. Cipolla ha ripercorso alcuni passi salienti dell’enciclica di Giovanni XXIII – responsabilità di ogni uomo per la pace, disarmo integrale, principio di sussidiarietà – e spiegato come la Chiesa di Padova cerchi di dare il suo contributo alla pace. «Ci sono presbiteri e laici operanti in diverse missioni nel mondo, dove portano il messaggio pacifico di Gesù. Più vicino a noi, in tutta la Diocesi, è stato indetto un anno di preghiera per la pace che vede una simbolica lampada accesa passare di comunità in comunità. Infine, con le Diocesi di Treviso e Vicenza abbiamo vissuto a gennaio la Marcia per la Pace, in cui abbiamo pregato, intensamente, assieme». Dopo in vescovo è intervenuto il rabbino Scialom Bahbout, che ha posto l’accento sui gesti di pace, che vanno compiuti quotidianamente. «Un piccolo atto di pace fatto tutti i giorni, cambia profondamente la persona che lo compie – ha sostenuto – Le religioni dovrebbero coalizzarsi per decidere quali azioni pacifiche fare “ripetutamente”: la pace va continuamente inseguita e praticata. Papa Giovanni XXIII ha avuto il grande merito di avviare il dialogo tra religioni e con il popolo ebraico, ha posto le basi. È fondamentale proporre percorsi educativi, contro la violenza, fin dall’infanzia; il mio invito è di istituire una commissione tra religioni per confrontarsi proprio a partire dall’educazione dei bambini. Il punto di riferimento resta la Bibbia dove ogni episodio, soprattutto familiare, dimostra come la violenza non serva mai a risolvere i problemi». L’imam Kamel Layachi ha parlato invece della necessità di una “rieducazione fraterna tra popoli”. «Le coscienze si educano, pazientemente, all’interno delle comunità, facendo leva sugli insegnamenti di ciascun credo. Il disarmo dei cuori e delle menti si costruisce anche attraverso il linguaggio, moderandolo, usando parole che uniscono. I musulmani del Veneto da molti anni sono impegnati in percorsi di pace, in una cultura che getti ponti con le altre religioni; il nostro compito è lavorare in rete per donare speranza ai giovani. Anche per questo ci sono grandi sforzi per la formazione di imam e guide religiose, formazione che sia adeguata ai nostri contesti territoriali; da poco è sorto a Verona il primo istituto universitario che formerà nuove generazioni di giovani, nati e cresciuti in Europa». I tre interventi sono stati intervallati da musiche e canti tipici di ciascuna religione. Don Luca Facco, vicario episcopale per i rapporti con le istituzioni e il territorio, e assistente ecclesiastico della sezione padovana della Fondazione, ha portato i saluti finali, ricordando il ruolo delle Cucine economiche popolari di Padova nel costruire la pace, con oltre ottanta nazionalità che ogni giorno si ritrovano insieme per condividere il pasto.

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