Anno liturgico. «Benedici il ciclo dell’anno della tua benevolenza»

L’anno liturgico è un’altra incarnazione: quella del nostro cuore credente. Il mondo degli uomini è manifestato in esso come grazia, le stagioni possono toccare l’eternità del Dio uno e trino

Anno liturgico. «Benedici il ciclo dell’anno della tua benevolenza»

L’anno liturgico è un’altra incarnazione: quella del nostro cuore credente. Il mondo degli uomini è manifestato in esso come grazia, le stagioni possono toccare l’eternità del Dio uno e trino. È Thomas Merton a raccontare questo consegnarsi del creato al Creatore. «Quando sopravveniva dicembre, i campi stessi e i boschi nudi cominciavano a cantare il Conditor alme siderum». E poi la Settimana Santa, «in un continuo crescendo di tristezza e dramma. Fino all’angosciante catarsi finale del Venerdì Santo». E il rifiorire del sole: «La gioia fremente della liturgia pasquale, la sua incomparabile levità, il suo senso di sollievo e di trionfo accompagnavano il monaco in primavera, e le gemme dei boschi, i canti degli uccelli, il profumo dei fiori, le prime spighe verdi del raccolto imminente riempivano l’atmosfera di silenziosi alleluia, fino a che, con l’Ascensione, si giungeva ad un altro culmine di fiducia, di appagamento e di pace. La Vulgata diventava parte della mente del monaco al punto che egli giungeva a pensare in quel linguaggio, a vedere le cose alla luce di quei simboli e di quelle immagini; a poco a poco per lui tutto l’universo si permeava della poesia e del significato della Scrittura». Si ricompone l’alleanza tra Dio e i tantissimi suoi figli. Si chiude la ferita della libertà, ritornata amore asimmetrico tra terra e cielo, dove la sproporzione è sempre colmata dal cielo. L’uomo impara a prendere confidenza con la mano sulla quale, cantano i salmi, è accucciato l’universo, e con la quale Gesù rimette in piedi chi non vuole lasciare prigioniero della morte. L’universo stesso, educato dalla liturgia, confessa la fede nel Signore, cui sa di poter chiedere: «Rallegrati ancora e rinnova la faccia della terra:/ inebria i suoi solchi, moltiplica i suoi germogli;/ rendicela quale deve essere per il seme e per la messe,/ e ora benedicila davvero./ Governa la nostra vita:/ benedici il ciclo dell’anno della tua benevolenza». Sono versi dell’anafora alessandrina di Basilio, una delle più arcaiche poesie del sacrificio eucaristico.

Anna Valerio

Fa cadere la neve, guizzare i fulmini... Il cuore stupisce

«Con il suo comando fa cadere la neve/ e fa guizzare i fulmini secondo il suo giudizio:/ per esso si aprono i tesori celesti/ e le nubi volano via come uccelli./ Con la sua potenza egli condensa le nuvole/ e si sminuzzano i chicchi di grandine./ Egli sparge la neve come uccelli che discendono,/ come locusta che si posa è la sua caduta./ L’occhio ammira la bellezza del suo candore/ e il cuore stupisce nel vederla fioccare» (Sir 43,13-15.17b-18).

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