Catechista? Genitore non manager. Uno sguardo al Direttorio per la catechesi

Intervista al vescovo Claudio a partire dal Direttorio per la catechesi (2020) e da Antiquum ministerium (2021). Il Direttorio per la catechesi dedica il capitolo 3 al catechista, evidenziando che nella comunità cristiana ciascuno è responsabile del ministero della catechesi

Catechista? Genitore non manager. Uno sguardo al Direttorio per la catechesi

Con il cammino di iniziazione cristiana è cambiato anche il modo di “fare il catechista”: percorsi, orari, metodi, nomi nuovi che ormai – dopo quasi dieci anni – sono diventati più familiari. Non vogliamo però fermarci su questo, ma riflettere insieme su che cosa vuol dire “essere catechista”. Lo chiediamo al nostro vescovo Claudio.

Il Direttorio per la catechesi del 2020, così come Antiquum ministerium (2021) di papa Francesco, parlano di vocazione del catechista. Al di là dei modi diversi di “fare” il catechista, secondo lei quali sono le qualità che non possono mancare per “essere” catechista?

«Le qualità sono quelle tipiche di un genitore che vuole bene a un bambino, lo sa accompagnare a diventare adulto con l’affetto e la fiducia, sa rapportarsi con lui in modo da essere capito, usando il suo linguaggio. Sa raccontare che Gesù è vivo, gli vuole bene e lo invita a stare con gli altri suoi amici, inserendosi nella compagnia degli amici di Gesù».

Quali caratteristiche invece proprio non gli appartengono?

«Quelle che sono tipiche di un manager. Non sono i risultati che contano, ma il camminare insieme costruendo una relazione di simpatia verso la propria comunità cristiana che custodisce il Vangelo e testimonia che Gesù è il suo Signore».

Questo modo di essere catechista influenza anche la modalità concreta di “fare” il catechista?

«Certamente. Se il centro è incontrare Gesù nella comunità, occorre riprendere e approfondire la strada in cui il tempo del Covid ci ha costretto a fare qualche passo, adottando di più uno stile di famiglia. Ricordate l’“Angolo bello”?».

Cosa non può mancare alla formazione permanente di un catechista?

«È importante che coltivi la personale amicizia con Gesù e con gli altri cristiani adulti della propria comunità; l’attenzione e la sensibilità per i poveri; l’umiltà di servire anche se non si è perfetti ma soltanto in cammino».

Per fare spazio alla formazione, a cosa si può serenamente rinunciare?

«Domanda difficile... Direi invece che occorre darsi delle priorità e queste si scelgono andando al senso che ciascuno dà al suo servizio, quasi per attrazione. Alla fine vediamo che cosa abbiamo lasciato in disparte».

Un’ultima domanda: che messaggio vorrebbe lasciare ai catechisti? Un pensiero, un’immagine, un sentimento...

«Offrirei un fiore, una rosa! Cioè tanta gratitudine, perché nonostante le fatiche i catechisti, gli accompagnatori dei genitori e gli educatori costituiscono un segno di fiducia nella loro comunità e di generosità verso le famiglie. Regalerei anche una bussola per orientarsi in questa avventura che sta facendosi molto interessante». Nel ringraziare il vescovo Claudio per queste parole incoraggianti, invitiamo a leggere il capitolo 3 del Direttorio per la catechesi. Sono pagine dense e significative; continueremo ad approfondirle anche in Speciale catechesi di dicembre.

Mauro Bettella, Rosangela Roson e Isabella Tiveron
Redazione di Speciale Catechesi

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