Comunità presbiterale di Casa Pio X. Tutto il gusto del vivere da fratelli

Comunità presbiterale di Casa Pio X. Al momento accoglie quattro “don”, ma è stata per molti – dal 2010, anno della riapertura, ma fin dalla nascita nel 1950 – un luogo importante di... crescita

Comunità presbiterale di Casa Pio X. Tutto il gusto del vivere da fratelli

L’appuntamento è alle 13, per pranzo. Ci vogliono giusto due passi per arrivare dai “vicini”: sono sullo stesso piano della redazione della Difesa. La loro porta è aperta... Entro e vengo accolta con grande cordialità. Si coglie subito un certo via vai: c’è chi prepara la tavola – di quelle lunghe che sembrano dire: «Siediti, c’è posto anche per te» – chi scalda le pietanze (c’è un buon profumo), chi recupera il pane (rigorosamente fatto in casa)... All’ora di pranzo, nella Comunità presbiterale di Casa Pio X, c’è un bel movimento e ne vengo coinvolta. Al terzo e quarto piano della casa di via Vescovado 29 – inaugurata il 24 dicembre 1950 dal vescovo Girolamo Bortignon e intitolata a papa Pio X, allievo del Seminario vescovile di Padova dal 1950 al 1958 – vive un gruppo di presbiteri. Al momento sono in quattro, ma «siamo arrivati fino a sette» racconta don Luca Facco, vicario episcopale per le relazioni con il territorio, che è presente in comunità dal 2010. Con lui ci sono don Carlo Broccardo (arrivato a Pasqua 2021), don Fabio Moscato e don Raffaele Coccato, i “nuovi” del gruppo. Condividiamo il pranzo e chiacchieriamo del loro vivere insieme.

Il 2010, anno citato da don Luca Facco, segna la riapertura della comunità: per un periodo, infatti, i sacerdoti residenti erano stati “dirottati” in Casa del clero. «Poi, però, è emersa la necessità di un luogo più adatto, forse più raccolto, per chi svolgeva il proprio servizio in curia o in Casa Pio X». Necessità che c’è stata fin dall’origine: «È stata prevista – si legge nel volumetto realizzato per i cinquant’anni della Casa – la residenza per gli assistenti ecclesiastici diocesani dell’Azione cattolica, che formano la cosiddetta “Comunità degli 80 scalini”; tanti infatti sono i gradini da percorrere per raggiungere l’ultimo piano, dove si trovano gli appartamenti dei sacerdoti...». «Gli scalini sono ancora 80», ricorda don Luca, e di sacerdoti ne sono passati davvero tanti – alcuni sono rimasti degli anni e altri anche solo per un periodo di sosta, recupero, ricarica – nella comunità presbiterale di Casa Pio X. «Mi ha dato serenità sapere che avrei vissuto qui – racconta don Raffaele Coccato, nuovo direttore del Centro missionario diocesano – Ho percepito che tutto il resto si poteva affrontare... In Kenya, dove sono stato come fidei donum per 24 anni, non ho mai vissuto da solo. Lo stesso è stato durante il periodo di parroco nell’unità pastorale di Agna. Qui c’è uno scambio bello e fruttuoso. Certo, non è facile vivere insieme, ma è un’esperienza che scombina le abitudini e questo fa bene». «Qui mi sento a casa – racconta don Carlo Broccardo, direttore dell’Ufficio diocesano per l’annuncio e la catechesi e docente di Vangeli sinottici e Atti degli apostoli alla Facoltà teologica del Triveneto e all’Issr di Padova – Dopo tanti anni vissuti in Seminario, prima come seminarista e poi come professore, percepisco che questo è un contesto più responsabilizzante. C’è chi fa la spesa, chi si occupa della manutenzione della casa, chi cura la dispensa, chi i rapporti con il personale che ci coadiuva nella gestione... La gestione della comunità è partecipata e condivisa (anche dal punto di vista economico, dato che ogni mese ognuno di noi contribuisce con 500 euro per le utenze, il vitto, l’alloggio e la quota per il personale). Sento che è la comunità giusta per questo momento della vita». Per don Fabio Moscato, nuovo assistente unitario e giovani dell’Azione cattolica e docente di Ecclesiologia e mariologia alla Facoltà teologica del Triveneto, «vivere insieme aiuta ad avere cura di sé e del fratello. Proprio averlo accanto, condividere le giornate, la gestione della casa, le fatiche...dà l’idea di famiglia. E poi il confronto è fruttuoso: l’ho sperimentato in Seminario maggiore – dove ho vissuto come seminarista, professore ed educatore – e poi in canonica a San Bellino, dove ho abitato tre anni con i preti impegnati nell’unità pastorale all’Arcella. Quando il vescovo Claudio mi ha proposto di vivere qui in Casa Pio X, è stata una gradita sorpresa». Ci sono stati dei momenti, dal 2010 a oggi, in cui è stata messa in dubbio la sostenibilità dell’esperienza: i preti residenti erano pochi ed era difficile tenere in piedi la comunità. Che vuol dire: due piani, al terzo gli spazi comuni (sala da pranzo, cucina, stireria) e al quarto le sette stanze. «Il vescovo Claudio sempre ha sostenuto l’importanza della presenza di una fraternità presbiterale in casa Pio X – spiega don Luca – La sostenibilità, però, resta un obiettivo primario. Ecco perché, negli ultimi tempi, abbiamo previsto che alcuni servizi, a partire dalla spesa, siano in comune con la canonica della Cattedrale, dove vivono quattro presbiteri. Si occupa di noi, ma anche di loro, Marjeta Marlekaj: è arrivata nel 2010, e gestisce cucina, lavanderia e molto altro».

I quattro “don” oggi presenti in comunità condividono i pasti (la cena non sempre, perché magari sono impegnati in qualche incontro in giro per la Diocesi), un momento di lectio al martedì, e qualche occasione di svago. Tutti, poi, al mattino si recano in Cattedrale per la messa (alle 7.30) e le lodi insieme al vescovo Claudio, ai canonici, ai presbiteri che risiedono in episcopio, ai quattro che vivono nella canonica della Cattedrale e ai laici che desiderano unirsi nella preghiera. Non è sempre stato facile vivere insieme, racconta don Luca Facco, «ma, avendo avuto questa esperienza anche da vicario parrocchiale a Limena e nell’up alla Guizza, sento che è per me. Certo, ci sono state fatiche e incomprensioni, ma sono state anch’esse un’opportunità di crescita. Vivere insieme ti sprona... anche solo a mettere la tovaglia per pranzare. Lo fai perché non sei solo, perché c’è qualcuno con cui condividere il pasto. Ma non solo: anche il resto della vita quotidiana, compreso quando stai male».

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