Con Maria. Imparare la compassione

La compassione è una delle passioni più forti che possa conoscere un uomo, è un morso allo stomaco. Soprattutto non ci lascia come prima

Con Maria. Imparare la compassione

Nel mese di settembre ricorre la memoria della Beata Vergine Maria Addolorata. Questa festa ci offre l’opportunità di approfondire un aspetto, probabilmente il cuore di questa memoria liturgica: la compassione. Contemplare la Madre di Gesù ai piedi della croce è una grande scuola di sapienza, una vera educazione del cuore. Stando con lei sotto la croce impariamo infatti a leggere in quel libro che è il corpo stesso di Gesù, la sua carne. Che cosa vi sta scritto? Nella carne di Gesù crocifisso, tra le righe impietose dei flagelli e degli insulti degli uomini, veniamo a conoscere la bontà e la magnanimità di Colui che ha estinto in sé stesso ogni inimicizia. Cristo ha preso su di sé il nostro peccato e non ce lo ha restituito in chiave di punizione, ma lo ha distrutto con il perdono. «Padre, perdona!», supplicava appeso al patibolo. Così il corpo di Gesù in croce diventa la grande rivelazione del Dio infinito, del suo amore senza misura. E noi possiamo in qualche modo entrare in questo amore attraverso le piaghe del Crocifisso che vi vediamo aperte, delle quali una più grande, quella che lo colpì non in vita ma in morte, è quella del fianco, che ci mostra la lunghezza, l’altezza, la larghezza, e l’ampiezza del mistero nascosto nei secoli ma ora a noi rivelato. Da Maria impariamo a entrare in quella scuola di vera sapienza che è il Figlio suo: e non è un caso che, nella storia della spiritualità, alla meditazione del cuore di Cristo si affianchi sempre quella dei dolori della Madre sua. Di più: se impariamo a contemplare e meditare con Maria sul dolore e l’amore di Gesù, saremo sorpresi da un desiderio singolare. L’antico inno Stabat Mater canta così: «Ti prego, Madre santa: siano impresse nel mio cuore le piaghe del tuo Figlio». Chi si accosta alla Croce di Gesù impara anche a portare e prolungare in sé stesso i dolori di Cristo.

Sento già l’obiezione di qualche amico: «Questo è un pietismo, una spiritualità doloristica, sorpassata». No, fermiamoci a considerare un fatto: noi siamo figli di Dio, corpo mistico di Cristo. Vuol dire che la vita di Gesù deve propagarsi, deve svilupparsi in noi e lo farà in modo particolarmente evidente in quelle membra del suo corpo mistico che scelgono e desiderano anche per sé stessi quello che Cristo per sé scelse e desiderò. Cristo desiderò la morte? Gesù non cercò e scelse di per sé stessi i dolori e la passione: egli scelse e cercò il Regno di Dio, e non un proprio regno o quello degli uomini del suo tempo. E per questo il mondo lo crocifisse: la passione fu appunto il frutto pieno e definitivo di tutte le sue scelte. Così anche noi, se davvero, come insegna san Paolo, abbiamo crocifisso, cioè ucciso in noi lo spirito del mondo – la brama di possedere, l’ambizione, il tornaconto personale – saremo certamente crocifissi in molti e diversi modi. Quindi dall’Addolorata incominciamo non solo a conoscere il cuore di Cristo, ma anche ad assomigliarvi, imparando a chiedere, con sant’Ignazio, «“la grazia di imitarvi nel sopportare ogni ingiuria (ossia ogni ingiustizia)… e ogni povertà sia attuale che spirituale”. Proviamo ad aggiungere questo alla preghiera quando al mattino compiamo il nostro atto di offerta della giornata e… capiremo meglio che cosa comporta tutto questo. Un terzo insegnamento che impariamo dalla contemplazione del mistero del dolore di Maria è entrare nei dolori di tutti quei poveri cristi, dei crocifissi e delle addolorate, che stanno vicino a noi, in questo mondo piagato. Purtroppo la televisione e i social ci hanno riempito di immagini, ma non sempre le percepiamo come una realtà. Perfino la foto del cadavere di un bimbo sulla spiaggia ci emoziona, forse ci scandalizza, ma non ci scuote veramente, e tutto si chiude nella sterilità. La compassione invece è una delle passioni più forti che possa conoscere un uomo, è un morso allo stomaco, una doccia fredda. Ma, soprattutto non ci dà tregua, non ci lascia come prima.

E deve essere così: noi purtroppo abbiamo addomesticato la compassione, edulcorandola in un buon pensiero, una riflessione edificante, passata la quale torniamo tranquillamente alle nostre cose, sentendoci più buoni e senza in realtà aver fatto nulla. La devozione all’Addolorata dovrebbe proprio insegnarci non a esorcizzare la compassione, ma a viverla, ad abitarla, a lasciarcene stordire: non è facile chiedere a Dio la grazia di creare in noi un cuore compassionevole, perché rema contro ogni nostra paura di lasciarci coinvolgere, di patire davvero con gli altri. Ma è qui che si vede se siamo uomini di Dio, o imitazioni, come purtroppo è pieno il mondo e la Chiesa stessa. La compassione dunque ha due significati: uno è il noi stessi patire con Cristo, perché lo abbiamo desiderato per assomigliargli di più; l’altro, che ne è conseguenza, è il patire con gli altri, che sono lui stesso, lo rendono presente qui in terra.

Rete mondiale di preghiera per il papa: settembre

Intenzione di preghiera del papa
Preghiamo perché le persone che vivono ai margini della società, in condizioni di vita disumane, non siano dimenticate dalle istituzioni e non siano mai considerate scarti

Intenzione dei vescovi
Preghiamo per le donne vittime di violenza tra le mura domestiche o per le strade: affinché lo Spirito Santo dia loro la forza di reagire e superare il trauma, e ci stimoli alla creazione di percorsi di aiuto e sostegno.

Ogni primo venerdì del mese

Alle 18.30, adorazione eucaristica animata dalla Rete mondiale di preghiera del papa per la nostra Diocesi nella chiesa del Corpus Domini in via Santa Lucia.

Opera Messe perpetue

Iscrizione: possibilmente un’offerta pari all’elemosina corrente di una messa ccp n. 146357 ccb Iban IT03Y0760112 100000000146357 intestato a Opera diocesana per adorazione perpetua.

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