Conversione. Frutto dell’Eucaristia, condizione per viverla

Conversione. Solo con un cammino continuo e profondo in questa direzione, la nostra vita di cristiani può essere autentica. Sapendo che il Signore Gesù, invitandoci alla mensa eucaristica, ci chiama alla conversione

Conversione. Frutto dell’Eucaristia, condizione per viverla

Per essere autentica, la nostra vita di cristiani deve diventare sempre di più un continuo e profondo cammino di conversione. Infatti è infinita la distanza che separa la nostra condizione naturale di poveri peccatori dalla splendida vocazione cristiana a diventare partecipi della natura divina, come figli adottivi di Dio, incorporati nell’Unigenito Figlio del Padre. È vero che l’impegno cristiano della conversione è sicuramente al di là delle nostre risorse umane, ma Dio, ricco di misericordia, soccorre la nostra miseria con l’abbondanza delle sue grazie. Ora, il dono più grande che ci sostiene nel cammino della conversione è certamente il sacramento dell’Eucaristia, per il semplice motivo che con la santa Comunione viene in noi lo stesso Gesù Cristo, che ci comunica e nutre in noi la vita divina, vita trinitaria, che è amore divino. E la conversione intesa evangelicamente è appunto il passaggio dall’amor umano all’amore divino, passaggio che non possiamo fare senza l’Eucaristia. Tuttavia se la conversione è frutto dell’Eucaristia, ne è anche la condizione necessaria per realizzarla santamente. Per questo, nei riti d’introduzione alla messa c’è un atto penitenziale così formulato: «Il Signore Gesù, che ci invita alla mensa della Parola e dell’Eucaristia, ci chiama alla conversione. Riconosciamo di essere peccatori e invochiamo con fiducia la misericordia di Dio».

L’apostolo Paolo usa parole forti con i Corinzi: mette il dito sui disordini delle loro eucaristie e li chiama alla conversione. «Innanzitutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare
e bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!» (1Cor 11,17.19-22). Segue il racconto scritto dell’istituzione dell’Eucaristia, il primo in ordine cronologico, anteriore a quello dei vangeli. Poi Paolo prosegue: «Chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. Perciò fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri» (1Cor 11,27-29.33). Il modo attuale di celebrare l’Eucaristia non prevede più il pasto comune, e quindi non si verificano più gli inconvenienti denunciati da Paolo. Tuttavia l’apostolo fa tre affermazioni che conservano la loro attualità. Al versetto 18 Paolo richiama i Corinzi sulle divisioni che esistono tra di loro: è un problema che affligge spesso anche oggi le nostre parrocchie e comunità. Ai versetti 27-29 Paolo invita a farsi un esame di coscienza per verificare la comunione fraterna – «riconoscere il corpo del Signore» – e non profanare l’Eucaristia con una Comunione indegna, resa colpevole dalle divisioni. Le comunità cristiane sono afflitte da molti problemi, esterni (assedio di un mondo ostile) e interni (divergenze dottrinali, tensioni pastorali e ristrettezze economiche): più gravi e dolorosi sono i problemi interni, che minano la pace e la testimonianza. L’apostolo conclude con l’invito «aspettatevi gli uni gli altri» (versetto 33): pur considerando che non c’è più il pasto comunitario, possiamo intendere questo “aspettarsi” come la delicatezza di una carità che sa procedere con pazienza e condivisione, senza protagonismi egoistici e solitarie fughe in avanti. Il punto cruciale rimane sempre la concordia alla quale tendere e dalla quale ripartire.

padre Domenico Maria Fabbian
Eremita Diocesano

Rete mondiale di preghiera del papa: marzo

Intenzione universale del papa
Preghiamo per quanti soffrono a causa del male ricevuto da parte dei membri della comunità ecclesiale: perché trovino nella Chiesa stessa una risposta concreta al loro dolore e alle loro sofferenze.

Intenzione dei vescovi
Preghiamo per quanti mettono il proprio tempo e le proprie energie a servizio dei propri cari nei lavori domestici, affinché il loro servizio manifesti la consapevolezza di servire Gesù nell’altro; la preghiera non manchi a sostenere l’impegno assiduo e la missione a cui sono chiamati.

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