Coronavirus. Cucine economiche popolari. Attenti ai bisogni degli ospiti, nel rispetto delle regole

Le Cucine economiche popolari hanno rivisto le proprie modalità operative, ma il servizio continua. Al posto dei volontari sono arrivati giovani preti

Coronavirus. Cucine economiche popolari. Attenti ai bisogni degli ospiti, nel rispetto delle regole

«Noi abbiamo due obiettivi: rispettare le norme restando sempre attenti al bisogno dei nostri ospiti. Non ci sono più i soliti volontari, ma al loro posto vengono ogni giorno i preti più giovani». Suor Albina Zandonà, direttrice delle Cucine economiche popolari di Padova, non resta a casa in queste settimane di battaglia contro il Coronavirus. Nel pieno rispetto delle leggi – e con delle profonde trasformazioni al servizio – le Cucine continuano a restare aperte per le necessità dei tanti che vi si rivolgono ogni giorno.

«La situazione è in continua evoluzione – spiega la religiosa – all’inizio dell’emergenza offrivamo sia il pranzo che la cena all’interno dei nostri locali. Poi siamo passati al pranzo all’interno e abbiamo trasformato la cena in una consegna di cestini alle 17 e 18. Oggi, invece, il pranzo resta dentro ma la cena viene consegnata, in un cestino, a mezzogiorno». Le Cucine restano poi aperte anche la domenica, in sostituzione dei pranzi di solidarietà nelle parrocchie cittadine.

Le norme sono state applicate scrupolosamente: dai 98 posti a sedere, per rispettare le distanze di un metro così come stabilito dal decreto del governo, si è scesi a 38. Anche davanti agli sportelli c’è un segnale che indica le misure da non oltrepassare. «La gente che di solito si fermava un po’ dopo pranzo ora ha compreso come sia necessario uscire, una volta finito di mangiare, per lasciare il posto anche agli altri». Anche all’esterno, quanti attendono il loro turno devono stare in fila a un metro di distanza l’uno dall’altro, così come indicato dai segni messi per terra. «Devo dire che gli ospiti rispettano molto questa scelta – ammette suor Albina – tanti di loro sono preoccupati che se chiudiamo anche noi non avranno alcun posto dove andare a mangiare. Hanno capito che è un momento difficile per tutti». C’è stato un calo di persone? «Da quando è iniziata l’emergenza il numero è costante. Devo però notare come in questo periodo, di media, avevamo 250 persone a pranzo. Ora sono 160».

Anche i servizi accessori sono cambiati: il servizio docce, che prima accettava cinque persone alla volta, oggi fa ne fa entrare solo tre. La distribuzione dei vestiti, prima del Coronavirus aperta ogni giovedì e venerdì, avviene oggi solo su richiesta e necessità conclamate. È stato chiuso il servizio medico, con l’eccezione del ginecologo che segue le donne incinte. «Prima aprivamo alle 8, così la gente poteva già entrare invece di stare per la strada. Oggi, invece, pur aprendo sempre alle 8, facciamo entrare solo chi deve usare la doccia».

È chiaro che si tratta di un periodo difficile, che richiede continui adattamenti: «Ogni settimana è diversa dall’altra. Finché stiamo bene continueremo a lavorare. Abbiamo preso tutte le precauzioni: mascherine, camice usa e getta, guanti. Il desiderio è portare avanti questo servizio che è essenziale». I contatti con le autorità civili vengono garantiti dalla curia.

Il cambiamento più grosso è l’assenza dei volontari, sostituiti interamente dagli operatori assunti con uno stravolgimento dei turni: «Se riusciamo a tenere aperto è proprio in virtù delle persone che lavorano qua. Se avessimo solo volontari, in un momento come questo non avremmo potuto garantire il servizio».

Infine, da qualche giorno, a dare una mano alle Cucine economiche popolari ci sono i preti giovani della Diocesi di Padova e alcuni preti delle parrocchie cittadine: «Questo per noi è un bel segnale – confida suor Albina Zandonà – è un segno di condivisione in un momento di fatica. Poter condividere questi sforzi fa bene a tutti». Il collegamento con le parrocchie che organizzavano i pranzi di solidarietà resta, grazie alla presenza dei volontari delle parrocchie stesse: «Questa scelta è stata fatta per evitare di far girare troppe persone per la città. Da noi, poi, si è ben più attrezzati: abbiamo scelto di consegnare i panini, grazie al supporto dei volontari e dei preti giovani». 

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