Digiuno e adorazione eucaristica. Rinuncia? No, tensione all'essenziale. A Dio e al prossimo

Digiuniamo per prepararci all’Eucaristia e scoprire che «ogni cibo rimanda al pane eucaristico». Al corpo di Cristo.

Digiuno e adorazione eucaristica. Rinuncia? No, tensione all'essenziale. A Dio e al prossimo

La Quaresima è un tempo di grazia, silenzio e preghiera in cui ritornare al Padre. Il digiuno, come l’elemosina e la preghiera, sono pratiche che consentono al cristiano di tendere all’essenziale e di creare o ritrovare uno spazio per Dio. Lo sguardo è dunque al positivo: il cuore del digiuno non è tanto la privazione del cibo, quanto l’apertura a Dio e al prossimo.

Piuttosto che essere vissuto come una semplice rinuncia al proprio appetito, il digiuno va inteso come l’impegno di orientare la propria capacità di amare verso Colui che solo è degno di essere amato e desiderato. Non digiuniamo per punirci dei nostri appetiti, ma per imparare a rivolgerli a Chi veramente ha gusto e bellezza, Colui la cui presenza è più dolce e importante di ogni altra cosa. Il cibo, infatti, non è disprezzato dalla nostra fede, anzi, Gesù si è fatto cibo per essere mangiato affinché noi potessimo essere trasformati in Lui.

Allora perché ci è chiesto di digiunare? Non certo per disprezzare il cibo né per reprimere l’appetito, ma proprio al contrario per sottolinearne ancora di più il valore, una volta che viene illuminato dalla luce della fede. La Chiesa ci invita a digiunare perché il Signore «si è dato a noi in cibo».

Il digiuno ci prepara all’Eucaristia perché ci fa scoprire che «ogni cibo rimanda al pane eucaristico». Digiuniamo per fare di ogni pasto un’eucaristia, una lode a Dio, e così scoprire in ogni pasto il segno che ci rimanda al corpo di Cristo, fatto pane per noi. Per questo la pratica del digiuno deve sempre accompagnarsi alla preghiera.

Don Nicola Tonello
rettore della Chiesa del Corpus Domini a Padova

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