Eucaristia. Vicini al Verbum in ogni liturgia

L’Eucaristia di apertura del Sinodo è stata l’occasione, per la Chiesa di Padova, per riappropriarsi di tre verità teologiche inscritte nella natura del rito cristiano

Eucaristia. Vicini al Verbum in ogni liturgia

L’Eucaristia di apertura del Sinodo è stata per la Chiesa di Padova occasione per riappropriarsi di tre verità teologiche
intime alla natura e inscritte nella struttura stessa del rito cristiano. Tre segni, tre capisaldi del nostro agire liturgico. La processione d’introito con l’Evangeliario. La carità per i poveri unita all’offerta dei santi doni. La comunione agli infermi che parte dall’assemblea eucaristica domenicale. Non sono “iniziative”, sottolineature estrinseche. Questi segni precedono la Chiesa e dicono il mistero del Cristo pasquale realmente presente in mezzo al popolo santo di Dio. Il Verbum è protagonista di ogni liturgia (cfr. Sacrosantum concilium 7); è il Kyrios, il Vivente. Non c’è rapimento mistico o orazione devotissima che porti il credente così vicino a lui come celebrarlo, obbedendo al rigore e alla stabilità, necessariamente superlativa e piena di splendore, che il rito impone. Ne avevano coscienza i Padri della Chiesa, quando gridavano (di gioia) l’urgenza dell’affidare l’universo alla Pasqua dell’Agnello, al suo infinito morire, risorgere e creare i cieli e la terra, e poi l’uomo e la donna, “tov meod”, bellissimi. Si legge nelle Costituzioni apostoliche: «Se poi qualcuno, adducendo il pretesto del proprio lavoro, è negligente cercando scuse ai propri peccati, sappia che le professioni dei credenti sono attività supplementari, ma il vero lavoro è il culto di Dio. Praticate dunque le vostre professioni come un’attività secondaria, per il vostro mantenimento, ma come lavoro esercitate il culto di Dio».

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