Genitori "accompagnati". Luci e ombre di un percorso utile, ma non sempre facile

Alcune voci. Alcuni genitori raccontano come hanno vissuto l’essere accompagnati. Altri condividono cosa vuol dire essere accompagnatori

Genitori "accompagnati". Luci e ombre di un percorso utile, ma non sempre facile

Il coinvolgimento dei genitori con un percorso pensato per loro è stata una delle novità del cammino di iniziazione cristiana (ic). Pur con le sue difficoltà, continua a essere “qualcosa” di cui avere cura e attenzione. Ascoltiamo le voci di alcuni genitori.

I figli percepiscono la nostra presenza, ci supportiamo quando manca l’entusiasmo. La nostra emozione è visibile, soprattutto nelle consegne e nei sacramenti: condividere tutto questo, segna/insegna più delle parole. Soffriamo i pochi incontri per i ragazzi, diminuiti dal Covid e fatichiamo a comprendere l’ic. Sappiamo che la fede non si insegna solo al catechismo, ma la parrocchia fa crescere i ragazzi con i loro coetanei, li aiuta a conoscere Gesù con esperienze concrete.

È stato come organizzare un “matrimonio al buio”: funziona se non ho avuto occasioni per innamorarmi dell’altro? Abbiamo attinto dalla nostra fede, senza attendere che fosse l’ic a dirci come trasmettere la fede ai figli, ma abbiamo camminato con coppie diffidenti, arrabbiate con la Chiesa, desiderose solo di finire l’agonia del percorso. A volte i modi del parroco o degli accompagnatori sono stati poco attenti: informazioni lette nel bollettino, messaggi freddi e solo con cose da fare. Servirebbero più incontri dove genitori e figli vivono insieme l’esperienza. La pandemia ha spinto molti parroci a chiudere le attività e ora c’è la fatica di ripartire: cosa fare perchè la comunità ritorni accogliente?

Un punto debole è mettere insieme adulti con una fede “educata”, coltivata, in ricerca e adulti disinteressati, lì per forza. Come fai a condividere lo stesso messaggio, con le stesse modalità per tutti? Sembra facile, ma un conto è leggere la guida, un conto è la realtà. Ricordo ancora la fatica a tirare fuori le proprie esperienze con persone che non erano proprio sulla stessa “lunghezza d’onda”!. Abbiamo iniziato l’ic io come catechista e mio marito come accompagnatore. Preparati dalla formazione a livello diocesano, abbiamo ricalibrato gli incontri in base al gruppo, gestendo discordie tra genitori, il cambio parroco, gli altri catechisti non sempre di appoggio. Con il secondo figlio abbiamo ripercorso il cammino da genitori: un’esperienza utile e piacevole! Ricordo condivisioni illuminanti, spesso esposte alla “critica”, dono per il proprio bagaglio.

Entusiasti del vissuto con i nostri figli, ora siamo accompagnatori. È difficile far comprendere ai genitori il loro valore nel cammino: non c’è nulla da imparare/insegnare, solo vivere un’esperienza buona di Vangelo. La fede non è di un’ora ogni 168, ma si respira a casa, si sceglie dal battesimo, si nutre in comunità. Dispiace quando nasce il comitato “no genitori a catechismo” o quando su quaranta ne incontri tre. Non ci scoraggiamo, grazie a quel nonno che accompagna il nipote e si ferma, testimoniando una fede semplice, a quel genitore “ferito” che c’è sempre, alle esperienze di altre parrocchie che accendono idee. Preghiamo per il nostro gruppo, affidiamo le difficoltà al parroco e all’équipe, andiamo oltre l’attacco di un genitore, accogliamo il grazie di un altro.

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