Il Vangelo è ancora attuale? Sì! Ma... Linguaggio e comunicazione al centro

Il linguaggio della Scrittura, pur essendo di estrema attualità, registra fatica a raggiungere le persone. Spesso, anche nella predicazione, l’annuncio è ridotto a norma e giudizio morale. Oppure a solo contenuto intellettuale...

Il Vangelo è ancora attuale? Sì! Ma... Linguaggio e comunicazione al centro

La Chiesa parla. Il mondo ascolta? Fenomeni in controtendenza: da una parte una sempre più diffusa riscoperta del sacro, dall’altra non solo un calo della partecipazione alla tradizionale pratica religiosa, ma la percezione che la voce della Chiesa sia sempre meno rilevante, sempre meno incisiva, sempre meno ascoltata. E se fosse un problema di linguaggio, di incomunicabilità e difficoltà di traduzione tra chi oggi annuncia il messaggio di Cristo e chi sarebbe propenso a riceverlo? È questo uno dei quesiti posti dai giovani che hanno preso parte agli appuntamenti a cura della Facoltà Teologica del Triveneto dal titolo: “Serve la Chiesa? I giovani interpellano, i teologi rispondono”. La domanda, posta nel corso di uno degli incontri al biblista don Andrea Albertin, è già un piccolo trattato: perché è così difficile trovare delle modalità e dei linguaggi correnti per comunicare il messaggio del Vangelo che pur appare così attuale in questo tempo? I giovani hanno aggiunto poi che ci sono esempi concreti di come «pratiche e aspetti propri del cristianesimo vengano riletti e ricercati in chiave attuale», portando l’esempio dello yoga e della meditazione; ma spesso, «per semplicità, anche nella predicazione, l’annuncio del Vangelo viene ridotto a norma, talvolta a giudizio morale. Ancora troppo poco si mostra la riscoperta della narrazione che tocca le emozioni favorendo una comprensione attiva e non solo noetica della Parola». «È solo questione dei mezzi comunicativi più recenti? – si è domandato don Andrea Albertin – O forse sono le strategie a renderci più “correnti”? Ma cosa rende così attuale il Vangelo ancora oggi?». Per il biblista la contemporaneità della Parola di Dio è anche da ricercare in alcuni elementi del Nuovo Testamento, come la scelta di Gesù di comunicare in parabole che implicano una presa di posizione da parte di chi ascolta, l’impostazione delle lettere paoline che partono sempre dal vissuto di chi legge e persino gli «effetti speciali» dell’Apocalisse, che «coinvolge e immerge in modo multimediale». Il linguaggio che sta alla base della Parola di Dio è connotato dal simbolismo, che non significa che non sia storico, ma che «descrivendo qualcosa indica di guardare anche oltre», per «accompagnare a riconoscere il senso degli eventi», per vedere come «dentro i fatti mondani della storia si sta realizzando qualcosa di divino». Allo stesso tempo, la Bibbia riporta alla vita quotidiana dell’epoca, nella quale rivediamo la nostra quotidianità, ma è anche capace di inculturazione con tutte le culture, comprese quelle odierne. Altra forza del linguaggio biblico è la capacità di trasformare il presente e di guardare oltre, verso i misteri escatologici. Il contesto linguistico odierno è invece molto diverso: «Il linguaggio tecnico-scientifico descrive, lavora sul binomio causa-effetto, causa-diagnosi, dimentico della dimensione olistica tipica del narrativo. È un linguaggio tipico dell’ambito biomedicale intento a ricercare la causa della malattia, perciò stesso non apre alla polisemia». Un linguaggio rapido e conciso, che però si apre anche alla dimensione della corporeità – riscoperta dallo yoga e da nuove pratiche – spesso rimossa dalla Chiesa per un «esagerato pudore nei suoi confronti». Ma quali sono le cause di questa separazione? Per don Albertin le radici del problema risalgono all’illuminismo: «La Chiesa è andata sempre più a rimorchio dei linguaggi delle epoche, invece di provare a sperimentare». Illuminismo, romanticismo e i loro successori hanno «stravolto la dimensione antropologica del racconto orale». Per reazione, dunque, la «Chiesa si è rifugiata nella dimensione morale più che preoccuparsi di curare una visione umana della persona». E così ha perso la capacità di narrare.

Fabio Bolzetta, anchorman di TV2000 e docente universitario, è presidente dell’associazione WeCa-WebCattolici Italiani che nel 2023 ha compiuto vent’anni. «Linguaggi correnti per comunicare il Vangelo? Difficile, ma non impossibile». Bolzetta fotografa i limiti strutturali, come l’assenza, tramite le agenzie tradizionali di educazione, di un percorso di educazione ai media, eppure, «basta guardare come anche a livello internazionale vi siano esperienze e testimonianze di giovani capaci di annunciare il Vangelo nel digitale». La testimonianza autentica che parte dalla propria vita personale è l’elemento vincente se coniugato a creatività e innovazione. Bisogna però tenere conto dei «filtri» dei social che non si limitano agli effetti sulle fotografie, ma al loro modo di filtrare la realtà rimuovendo degli aspetti ed estremizzandone altri. Bolzetta cita il nuovo libro di Edoardo Mattei, I Vangeli narrano il digitale, che tenta di ancorare le categorie della teologia al digitale: «Dobbiamo essere noi a traghettare questo messaggio nell’oceano del web, che in ambito cattolico è composto da troppe isole e pochi arcipelaghi. A noi il compito di creare ponti. Il 17° capitolo delle conclusioni del Sinodo è interamente dedicato ai missionari digitali, dei quali viene riconosciuto l’impegno e la necessità di fare rete».

Ma quanto è importante il tema del linguaggio e della comunicazione – anche nei suoi risvolti tecnici e culturali – nella logica della trasmissione della fede? I pareri, o meglio, le prospettive dalle quali affrontare l’argomento, possono essere assai diverse. «Il tema non è la comunicazione, ma il nostro modo di vivere la fede oggi». Don Luca Peyron, prete della Diocesi di Torino e teologo esperto di tecnologie digitali non nega le problematiche dei linguaggi nell’annuncio della fede, ma certamente ne ridimensiona la priorità. «Il Vangelo non è qualcosa da raccontare, perché se diventa un contenuto intellettuale è un contenuto inutile. Il Vangelo è invece uno strumento funzionale all’incontro con una persona, Gesù Cristo. Chi annuncia il Vangelo incarna la presenza di Cristo». Ergo, «annunciare il Vangelo in un contesto digitale come quello in cui viviamo significa annunciare il Vangelo a una generazione fortemente influenzata dal digitale. E per farlo è necessario che il Vangelo attraverso il digitale crei una relazione concreta e reale». Inutile parlare dunque di tone of voice, stili, linguaggi: «Se chiediamo agli esperti di marketing come comunicare il Vangelo sui social abbiamo sbagliato tutto. Per comunicare il Vangelo bisogna che il Vangelo sia parte essenziale di me stesso. E a quel punto comunicherò me stesso e come sono». Più che cambiare linguaggi, serve «la conversione di chi comunica. A quel punto è poco importante come comunica, se comunica la verità di se stesso. I giovanissimi sono perfettamente in grado di distinguere chi finge da chi non finge, e sanno anche perdonare chi usa linguaggi desueti se si rendono conto che parla in modo autentico». Non è una novità: «McLuhan ha spiegato che non è mai stato possibile separare il messaggio dal comunicatore. Per essere credibile devi essere credente. Gli ebrei nella Bibbia hanno seguito Mosè, uno che balbettava: se Dio ha scelto uno che balbettava per comunicare la sua salvezza, il problema non è la voce di chi parla, ma la sua attendibilità».

Parere diverso per Roberta Rocelli, direttrice del Festival Biblico, per la quale, invece, la comunicazione «è il nocciolo della questione». «Se non sono sufficientemente preparato, se non sono capace di raccontare in modo accessibile a chiunque trasmettendo la mia passione non creo alcuna vicinanza. Anzi, divento respingente». Rocelli – che ha provato a rispondere alle domande dei giovani anche confrontandosi con i ragionamenti di ChatGPT – conferma come la Bibbia rimanga «valida, attuale, contemporanea e anticontemporanea, uscendo dai binari convenzionali», e come «gli spazi di ricerca su come comunicare» siano più urgenti di tante altre priorità. Ma questi spazi devono coinvolgere sia i professionisti della comunicazione sia gli esperti di discipline non tangenti come informatici, matematici, teologi e varie personalità per «comunicare più correttamente in questi tempi sempre più sovrapposti, frastornati, difficili». Il melting pot di idee, che comprende, perché no, «giocare con ChatGPT» non esclude la centralità di studio, preghiera, coerenza e credibilità. Perché il tema non riguarda solo i giovani, ma anche il modo con cui i nostri cervelli gestiscono l’immensa mole di informazioni a cui siamo esposti ogni giorno. «Il deficit di attenzione – sottolinea Rocelli – oggi è centrale. Per questo, quando organizziamo gli appuntamenti del Festival ragioniamo molto sulla loro durata: meglio incontri brevi capaci di attecchire che approfondimenti intensi ma dispersivi. Per questo, è anche opportuno diminuire la quantità delle proposte, in tutti gli ambiti. Difficilmente si riesce a dare la giusta priorità a tutto, il tempo è un bene prezioso e limitato per tutti».

Il digitale a supporto della pastorale con WeCa
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Il 24 gennaio, memoria di san Francesco di Sales – patrono dei giornalisti – toccheranno quota 200 i tutorial dell’associazione WeCaWebCattolici italiani. «La videorubrica su Chiesa, comunicazione digitale e pastorale – spiega il presidente Fabio Bolzetta – vuole essere un sostegno alla formazione nelle comunità e nei territori, in una concezione del digitale che è supporto e non sostitutivo della pastorale in presenza». I tutorial, veicolati attraverso i social e il digitale, poi diffusi con un podcast audio, raggiungono poi l’etere attraverso il circuito televisivo di Corallo Sat e arrivano sul territorio con occasioni di formazione in presenza. «Papa Francesco, in uno dei suoi ultimi messaggi per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, ha esortato a mettersi in ascolto delle voci, anche sul web».

La Difesa continua a farsi domande sulla Chiesa oggi

Nella Domenica della Parola di Dio, istituita da papa Francesco nel 2019, il nostro approfondimento sulla Chiesa oggi – che torna dopo la prima “puntata”, nell’anno pastorale in corso, del 3 dicembre – parte da questa domanda: perché è così difficile trovare delle modalità e dei linguaggi correnti per comunicare il messaggio del Vangelo che pur appare così attuale in questo tempo? Ne abbiamo parlato con quattro voci, per raccogliere spunti e riferimenti su cui poter tutti ragionare. Ci piacerebbe, però, che le parrocchie della Diocesi ci raccontassero le loro esperienze a riguardo, scrivendo all’indirizzo mail redazione@difesapopolo.it Gli approfondimenti mensili vogliono essere, come scrivevamo tempo fa «inchieste senza sconti e oneste, ma sempre con uno sguardo di speranza». Confermiamo questo sguardo e invitiamo tutti i lettori a dare il proprio contributo.

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