Il coraggio di dire «sì». La Veglia dei giovani con il vescovo Claudio in una cattedrale gremita

Veglia dei giovani Lunedì scorso, in una Cattedrale gremita, dodici giovani della nostra Diocesi hanno vissuto la loro professione pubblica di fede

Il coraggio di dire «sì». La Veglia dei giovani con il vescovo Claudio in una cattedrale gremita

Più di qualcuno aveva gli occhi lucidi nella flebile luce delle centinaia di candele che illuminavano la chiesa. Il canto dava risalto a un momento così intenso, vero, in cui tutti i presenti hanno percepito la bellezza e la forza di quel tempo quasi sospeso. Questo è stato il culmine della veglia di lunedì 27 novembre, in Cattedrale di Padova, per l’occasione gremita da 900 giovani che si sono riuniti per vivere, insieme al vescovo Claudio, il loro annuale momento di preghiera, organizzato dall’ufficio diocesano di Pastorale dei giovani. La serata è stata scandita da più momenti, tra cui, di grande ricchezza è stata la riflessione del vescovo Claudio. Con voce ferma e paterna, ha fatto riferimento al presente che stiamo vivendo, «la tragedia che ha riguardato il nostro territorio», la morte di Giulia Cecchettin, esortando i presenti a uno scatto di responsabilità: «Ognuno è il padre dell’uomo che sarà e la madre della donna che sarà». Parlando della condizione umana, si è soffermato su due affreschi di Giotto presenti nella Cappella degli Scrovegni, raffiguranti la speranza e la disperazione, presentate su uno sfondo scuro: «Siamo povera gente, non sempre padroni di noi stessi: anche questa nostra debolezza è lo sfondo nero di Giotto». Quelle che sono le logiche di questo mondo vengono ribaltate in quanto «Gesù ha scelto di confondersi proprio dentro questo sfondo così nero: egli è il carcerato, il forestiero, l’affamato, il disperato, il peccatore». E una consapevolezza indelebile: «lui ci porta la speranza». Riferendosi ai dodici giovani che di lì a poco avrebbero vissuto la loro professione di fede, ha spiegato come «assomigliano a quella donna che Giotto descrive come immagine della speranza: per grazia si volgono verso l’alto, escono dal buio, accolgono una voce e una luce che vengono dall’alto, accettano di mettersi in cammino, accettano di appartenere a qualcuno, al Signore Gesù, figlio di Dio, escono da se stessi e attendono da Dio e non solo dagli uomini il giudizio finale».

I dodici giovani – di un’età compresa tra 20 e 30 anni, provenienti da Montegrotto, Padova, Este e da altre zone della Diocesi – si sono preparati alla professione di fede soprattutto grazie a “Simbolo”, il percorso pensato dall’ufficio di Pastorale dei giovani. È una proposta di formazione per «riscoprire e riappropriarsi del tesoro della fede, per essere condotti a dire il proprio “sì” entusiasta, convinto alla proposta di vita di Gesù – spiega don Paolo Zaramella, direttore dell’ufficio – La fede è un dono che riceviamo da Dio e siamo chiamati, come ha invitato il vescovo, rivolto a questi giovani, a essere luce e illuminare altri». Tra i giovani che hanno vissuto la loro professione di fede c’era la ventisettenne Beatrice Cazzola, della parrocchia di San Gregorio Barbarigo di Montegrotto. Per lei la serata «è stata emozionante, significativa, mi ha aiutato a credere maggiormente in me stessa: ho avuto il coraggio di dire il mio “sì” davanti a tanti miei coetanei». Per Andrea Pollis, ventiseienne della parrocchia del Crocifisso in Padova, «è un passo ulteriore del mio percorso che mi motiva ulteriormente per vivere la mia vita come un dono, cercando di mettere sempre più Dio in tutto ciò che faccio». A fianco dei dodici giovani che in Cattedrale hanno professato pubblicamente la fede c’erano i “loro” testimoni, adulti scelti da ciascuno in quanto figure significative per il proprio cammino. Tra questi Filippo Orietti della parrocchia di San Pietro di Montegrotto, che ha accompagnato alcuni giovani: «La veglia che abbiamo vissuto è stata il punto di arrivo di un percorso iniziato due anni fa. Sono cresciuto nella fede insieme ai ragazzi, scoprendo la preziosità del camminare insieme e la gioia del credere».

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