Il duro impatto del Covid: i dati della rilevazione Caritas nelle parrocchie e vicariati padovani

Caritas Padova ha sottoposto un questionario alle comunità: l'emergenza ha acuito vecchie povertà e generate di nuove. Attenzione a violenza in famiglia, usura e azzardo 

Il duro impatto del Covid: i dati della rilevazione Caritas nelle parrocchie e vicariati padovani

Una fotografia che non sorprende, ma che anzi aiuta a orientare un impegno più che mai necessario. Nelle scorse settimane i responsabili di dodici centri d’ascolto vicariali Caritas, 42 Caritas parrocchiali, tre Caritas di unità pastorali e sette interparrocchiali hanno partecipato, compilando un questionario, a una rilevazione voluta dalla Caritas diocesana per comprendere come l’emergenza Coronavirus e la conseguente crisi economica abbiano impattato sul tessuto sociale delle nostre comunità.

Tra i dati numerici, spicca come oltre la metà delle realtà caritative interpellate abbia raggiunto già a metà luglio il numero dei beneficiari aiutati in tutto il 2020. In media sono dodici le “nuove” famiglie coinvolte da ciascuna Caritas, pari al 16 per cento del totale di chi richiede un sostegno.

«Abbiamo scelto di sottoporre il questionario – racconta Lorenzo Rampon di Caritas Padova – dopo essere stati a nostra volta sollecitati da un questionario simile di Caritas Italiana, che sta raccogliendo delle “sensazioni” dalle Caritas diocesane. Dico “sensazioni” perché non vi sono precisi dati quantitativi, ma il sentore dei volontari». Eppure i numeri, anche quando sono approssimativi, riportano una realtà innegabile: «Le persone incontrate sono in aumento. Emergono nuove forme di povertà. La sensazione dei volontari è che la perdita del lavoro, e quindi del reddito per molte famiglie, sia uno dei problemi maggiori. Il secondo problema è la difficoltà nel pagamento del mutuo o dell’affitto per tante famiglie». Ma il virus ha impattato anche in altri modi, altrettanto gravi: «Il terzo problema riguarda le difficoltà di bambini e ragazzi nel seguire le lezioni scolastiche, continuando il loro percorso formativo. Ma c’è anche il grande tema della solitudine, non direttamente “di appartenenza alla Caritas”, che è un indicatore decisivo verso il quale dobbiamo fare attenzione». Una sfida nuova, a cui non sempre si sa come rispondere: «Ci sono delle problematiche presenti nel questionario, come l’usura nell’indebitamento, il gioco d’azzardo, la violenza in famiglia, che spesso i nostri operatori non riescono chiaramente a valutare, anche per la delicatezza degli argomenti».

Certo, l’impegno non è mancato: «Le comunità generalmente non hanno inventato nuovi servizi, ma è aumentato l’impegno e anche la mole delle prestazioni offerte, con aiuti di tipo economico e di sostegno alimentare, come la classica borsa della spesa che è un servizio molto comune tra le Caritas parrocchiali. È stato decisivo, forse ancora di più, il sostegno attraverso colloqui telefonici, anche come aiuto relazionale: i volontari, per primi, hanno iniziato a chiamare le persone che già conoscevano e di cui si occupavano, facendo loro sostanzialmente il primo passo». A scardinare gli schemi, forse, la maggior propensione al gioco di squadra: «I volontari Caritas hanno trovato dei partner come il gruppo giovani della parrocchia, le giovani famiglie, gli alpini, la protezione civile, la Croce rossa per rispondere ai bisogni anche attraverso l’aiuto degli altri».

Non tutto però è automatico. E non è detto che questi sforzi generino a loro volta ricadute positive per tutta la collettività: «È vero che gli spazi per un’educazione alla carità in parrocchia si possono creare, ma alcuni di questi si possono anche chiudere di fronte all’emergenza. Dipende da come si sceglie di rispondere ad essa. Nelle settimane del lockdown c’è stato un grande sviluppo della solidarietà e di attenzione agli ultimi, ma si sono anche viste reazioni di paura, di chiusura, di egoismo, come se il dolore del resto del mondo non esistesse. Anche per questo è importante recuperare il senso delle relazioni, nella consapevolezza che la chiusura è dannosa prima di tutto per sé stessi». 

Alla luce dei dati emersi dalla rilevazione tra vicariati e parrocchie, Lorenzo Rampon di Caritas Padova, ricorda come non vi possa essere carità se prima non vi è giustizia: «Non è possibile – spiega – pensare a un cristianesimo tollerante verso l’evasione fiscale, verso il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori e della loro sicurezza, che escluda le persone con disabilità o i fragili. Si aprono per le comunità delle piste di riflessione improntate al senso civico».

Resta ben chiara la delicatezza di questo momento: «I più colpiti saranno quanti già vivono in situazioni di marginalità e difficoltà, perché già di per sé hanno meno strumenti per districarsi nelle sfide nuove».

Emergenza reddito, casa istruzione e solitudine

Sono undici le aree di criticità sondate dal questionario che la Caritas diocesana di Padova ha sottoposto a parrocchie e vicariati. Tra queste le povertà tradizionali, come le difficoltà nel pagamento di mutui e affitti e la perdita di lavoro e fonti di reddito, ma anche altri tipi di povertà come la solitudine, il disagio psicologico e relazionale, le difficoltà scolastiche dei più piccoli.

Le povertà maggiormente in aumento sono quelle dovute alla perdita di fonti di reddito (segnalato da 54 realtà su 63), seguita dalla difficoltà nel pagamento di affitto e mutuo (46 su 63), difficoltà scolastiche (34 su 63), solitudine (33 su 63), rinuncia o rinvio di cure e assistenza sanitaria (32 su 63).

Da segnalare anche l’aumento del disagio psicologico-relazionale (29 su 63) e della depressione (28 su 63).

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)