L'organo storico della Basilica del Carmine in Padova. Soavi note che invitano

È tornato al proprio posto l’ottocentesco organo a canne della ditta De Lorenzi, oggetto di un minuzioso restauro conservativo che ora ne restituisce suoni e timbri originali

L'organo storico della Basilica del Carmine in Padova. Soavi note che invitano

È tornato al suo posto l’ottocentesco organo della basilica del Carmine in Padova. Il prezioso strumento è stato riposizionato nel presbiterio alla sinistra dell’altare maggiore (“in cornu epistolae”), dopo un’accurata pulizia e restauro conservativo eseguito dalla ditta organaria Paccagnella di Albignasego con la collaborazione del dott. Eugenio Rigoni per l’apparato architettonico.

«L’organo a canne è un Giovan Battista De Lorenzi, risale al 1877 ed è un esemplare unico a Padova», racconta Andrea Peretto, uno degli organisti al Carmine, che ha seguito per conto della parrocchia l’iter dell’intervento. È lui a enumerare con minuzia le fasi del recupero, a partire dallo smontaggio, catalogazione dei pezzi e invio al laboratorio organario di tutte le parti bisognose di restauro. «La parte più impegnativa e delicata, anche in termini di ore di lavoro, è stata quella dedicata al restauro dei somieri lignei, pesantemente aggrediti dal tarlo, ben al di là delle iniziali previsioni», spiega Peretto.

Dal restauro emerge come, con ogni probabilità, lo strumento non fosse stato progettato per la chiesa del Carmine: si notano infatti, all’interno della cassa armonica, le tracce di un precedente strumento ed è possibile che il De Lorenzi e il figlio Antonio avessero adattato allo spazio fisico disponibile, benché esiguo, un organo più grande del necessario ma già esistente. Il vano murario che accoglie lo strumento è talmente limitato e le canne così ravvicinate da non permettere neppure il passaggio dei ferri di accordatura: per facilitare l’operazione, in particolare per i registri ad ancia, è stato quindi realizzato un castello ligneo rimovibile da posizionare di fronte alla cassa armonica per il tempo strettamente necessario.

Fedeli all’intento conservativo, i restauratori hanno installato nuove guarnizioni in pelle di agnello in sostituzione di quelle ancora originali. Anche tutti gli elementi metallici presenti nei somieri, disossidati dalla ruggine, sono stati revisionati e ricollocati nelle sedi originali. Quanto alle parti strutturali lignee sono state revisionate, ripulite e rinforzate con applicazione di piccoli inserti in abete nella parte non in vista, in modo da garantire una maggiore solidità e immobilità dell’insieme. Sempre in abete sono anche i nuovi sostegni lignei per le canne, che a causa di dimensioni e peso, rischiavano di piegarsi o afflosciarsi.

Il sistema di fornitura del vento (mantice) non è stato solo restaurato: è stata ripristinata la possibilità di azionamento manuale tramite stanga lignea, come si faceva prima che il tutto fosse elettrificato. L’attuale sistema a elettroventilatore beneficia invece di nuovi comandi e interruttori, più in linea con lo stile dello strumento. Si è intervenuti poi sulla tastiera, ripulita e lucidata manualmente.

Tutta la parte trasmissiva relativa all’azionamento dei registri e ai richiami “a pedale” è stata riportata alle condizioni di funzionamento originali, pur con i limiti propri della tecnologia del tempo. Le canne di metallo sono state lavate e disossidate senza alterazione dello stato fisico di alcuna. Fortunatamente non si è presentata la necessità di ricostruirne ex novo. Anche le canne di legno sono state revisionate e restaurate, ovviando a fessurazioni e scollamenti. Solo le guarnizioni in pelle sono state rinnovate e il tremolo, logoro e mal funzionante, sostituito.

L’organo è già stato ricollocato nella sua sede, reintonato e accordato “in tondo” (non a pizzico e senza finestre di accordatura) secondo la prassi tipica della scuola veneta: la parrocchia spera di inaugurarlo con un concerto che l’attuale pandemia ha rinviato. Lo strumento suona però già in quasi tutte le messe festive. «È un bene da custodire e tramandare, ne beneficia tutta la comunità, e le sue note sono un invito alla preghiera», spiega don Matteo Naletto, da pochi mesi parroco al Carmine, che ringrazia tutti coloro che si sono spesi per il recupero di questo bene storico. Tra questi vi sono i due enti che hanno finanziato l’operazione, costata oltre 65mila euro: la Fondazione Cariparo, intervenuta con 30 mila , e la Cei (fondi 8xmille) con oltre 25 mila euro.

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