La Scrittura letta come quando è celebrata

E solleva alta la testa Don Gianandrea Di Donna propone, nella sua ultima pubblicazione, trentotto “pensée” in cui medita sull’“incontenibile” amore sgorgato dalle labbra del Risorto

La Scrittura letta come quando è celebrata

E solleva alta la testa è una raccolta, appena pubblicata da Valore Italiano Editore (2023, pp. 144, 16,50 euro), di trentotto “pensée” di Gianandrea Di Donna. Nel definirli così, l’autore scherza con la radicalità, la concentricità, il fuoco di amore pasquale che innerva la sua teologia percorrendo ogni riga di questo testo. E prende un po’ in giro il protagonista negativo di una delle meditazioni: il borioso pronome “io”, abusato negli ultimi decenni e così lontano dalla rupe su cui Abramo compì il proprio sacrificio, quando rinunciò a ogni ragionevolezza per non staccarsi da Dio. “Il sacrificio di Abramo”, menzionato in quello struggente catalogo di uomini di fede che sta al cuore del Canone Romano, è all’origine della liturgia, dove si canta la bellezza di chi è sfigurato dalle piaghe, la potenza di chi sale sul patibolo, la verità di chi non intende dimostrare nulla, la salvezza eterna della carne precaria che siamo – e le si crede presenti e vive. Di Donna legge la Scrittura come quando è celebrata: riconoscendola sgorgata dalle labbra del Risorto, con il cuore che brucia. I Salmi, dal timbro epico del 109 al 102, che è «come la lama di un coltello o quei chiodi che forano la carne. Come quando l’autenticità dell’amore è così superiore alle nostre forze che ci fa dire: è incontenibile...». I Vangeli. Le lettere di Paolo, Pietro, Giacomo. I Profeti. Il Siracide. «Come se tutte le lettere dell’Antico e del Nuovo Testamento, tutte le consonanti e le vocali si sciogliessero e diventassero il sangue prezioso del Figlio di Dio». La lama a doppio taglio della logica non riesce a non fiorire in laus, il dire stesso è un traboccare della carità che si consegna alla carità. E se qualcosa spera di insegnare è a segnare il proprio corpo cantando: «O Dio, vieni a salvarmi».

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