La missione è ovunque. Padre Dario Dozio, già missionario con la Sma in Costa d'Avorio, ora vicedirettore del Centro Missionario Diocesano

«La missione? Non è più solo geografica. La missione è ovunque». Sognava l’Africa da piccolo padre Dario Dozio. Originario di Beverate, in provincia di Lecco, a un tiro di schioppo dai luoghi dei Promessi sposi, fin dalla prima media ha affrontato il “cursus honorum” dei seminari diocesani di Milano.

La missione è ovunque. Padre Dario Dozio, già missionario con la Sma in Costa d'Avorio, ora vicedirettore del Centro Missionario Diocesano

«Il mio parroco – racconta – non voleva che partissi come missionario. Ma la costanza di questo desiderio mi ha fatto persistere su questa strada». In Seminario, a Milano, capiscono che è davvero il suo destino e lo indirizzano a Genova, presso la Sma, Società delle missioni africane, una società di vita apostolica: «Di quell’ambiente – osserva – mi ha colpito il senso di famiglia: eravamo in pochi, si mangiava tutti allo stesso tavolo e l’Africa era sempre sullo sfondo». Nel 1980 il cardinale Martini lo ordina sacerdote assieme ai suoi vecchi compagni di seminario. Loro vanno nelle parrocchie dell’arcidiocesi di Milano, lui parte subito per la Costa d’Avorio, dove resta più di trent’anni in tre Diocesi. «Come società di vita apostolica non abbiamo nostre missioni, ma siamo al servizio nelle Diocesi, tanto che sono stato due volte vicario generale. Mi sono trovato non solo a parlare la lingua locale, ma a dover tradurre in essa, in particolare in lingua koulango, la Parola di Dio. Per ascoltare e per camminare insieme ho utilizzato i proverbi locali per le omelie». Quando arriva in Costa d’Avorio c’è solo un prete dalla carnagione scura; quando se ne va è lui, dalla pelle bianca, a essere l’eccezione: «Abbiamo visto crescere la Chiesa non solo come edificio, ma come vocazioni, come comunità». In fondo è proprio questa la missione primaria della Sma, del vescovo Melchior de Marion Brésillac e dei suoi primi compagni, morti di febbre gialla nel 1859, appena arrivati in Africa: gettare le fondamenta della Chiesa in modo che poi possa camminare nelle gambe dei locali. Dal 2019 la missione di padre Dario è a Feriole, nella casa della Sma: «Siamo cinque sacerdoti e tre suore che vivono insieme per testimoniare ciò che abbiamo vissuto in Africa». La missione diventa animazione missionaria: «Lavoriamo con la Chiesa padovana e in particolare con i vicariati vicini, come quello dei Colli». Nel calendario la visita alle parrocchie, gli incontri, gli approfondimenti sulla Parola di Dio e la missione, i periodi di discernimento con chi si interroga su tutto questo. Nell’ottobre dell’anno scorso, poi, la sorpresa: «Il vescovo Claudio mi ha contattato e mi ha suggerito di poter collaborare come vice direttore del Centro missionario diocesano, per condividere la ricchezza missionaria ad gentes con la Chiesa di Padova e allo stesso tempo servire i tanti missionari che sono partiti da questa Diocesi». Se un tempo la missione era solo partire, oggi è anche tornare e applicare la mentalità missionaria a una società post-cristiana che non attende altro di essere ri-evangelizzata. «In terra di missione sei minoranza, non puoi fare niente senza i laici, le piccole comunità vivono l’eucarestia ogni due mesi, non padroneggi la lingua. Ora è questa la condizione che viviamo anche in Italia. La nostra esperienza può dare speranza al Sinodo: qui ci si stupisce quando si parla di ministeri battesimali, in Africa è la norma. Anche le difficoltà linguistiche in missione ci insegnano qualcosa: mi chiedo quanta gente capisca davvero il nostro linguaggio ecclesiale. Bisogna invece trovare la giusta inculturazione per far capire ai giovani tante cose che diamo per scontate, “tradurre” insomma l’eucarestia perché diventi vita».

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