Scuole dell'infanzia. «Gestione sempre più complessa per le parrocchie»

La Diocesi Preoccupazione per il futuro delle scuole dell’infanzia, ma anche per la scuole paritarie di altri ordini e gradi. È necessario passare dalla scuola “di campanile” alla scuola “di territorio”, condivisa da più comunità

Scuole dell'infanzia. «Gestione sempre più complessa per le parrocchie»

Preoccupazione per il momento storico che attraversano le scuole dell’infanzia paritarie filtra anche dall’Ufficio diocesano di pastorale dell’educazione e della scuola e in particolare dalle parole del direttore, don Lorenzo Celi.

Quali sono le ragioni che stanno portando alle chiusure?
«Anzitutto la crisi demografica: oggi i posti a disposizione nel sistema pubblico integrato per questa fascia d’età è sovrabbondante rispetto al numero dei bambini presenti. In secondo luogo, l’aumento dei costi per personale e
gestione delle strutture, un problema acutizzato dopo la pandemia. E l’analisi di vulnerabilità sismica, giustamente imposta dalle autorità, metterà ulteriormente in crisi le comunità parrocchiali: non sono in grado di sostenere questi costi mentre le strutture sono escluse da tutta una serie di contributi per il mantenimento e l’efficientamento energetico».

L’impatto della pandemia si è fatto sentite anche sulle famiglie.
«Oggi molto spesso un genitore su due rimane a casa per la perdita del lavoro e così non iscrive il figlio alla scuola dell’infanzia. La situazione economica non rende nemmeno pensabile l’aumento del contributo annuale che chiediamo alle famiglie».

Quali prospettive intravede?
«Attraverso la Fism c’è un’interlocuzione aperta con le amministrazioni a tutti i livelli, la stessa Diocesi interloquisce con i sindaci del territorio. Spesso incontriamo grande attenzione, il valore del servizio educativo e sociale e
il vantaggio sul piano finanziario offerti dalle scuole paritarie vengono riconosciuti, ma non sempre alle parole seguono azioni coerenti. Molte amministrazioni, in lockdown, hanno tagliato i contributi alle scuole dell’infanzia».

Come vive una parrocchia la chiusura della scuola dell’infanzia?
«Le comunità cristiane, dopo la legge sulla parità del 2000, hanno dato tantissimo alle scuole, con grandi sacrifici non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di volontariato, impegno del parroco come legale rappresentante e dei membri dei comitati di gestione che hanno prestato gratuitamente tempo e professionalità. Il momento in cui si decide di chiudere, di concerto con gli organismi di comunione e spesso con l’intera popolazione, si traduce in una sconfitta per tutti. La comunità cristiana si rende conto di non essere più in grado di portare avanti un servizio così prezioso. In quel frangente si verifica nelle scuole limitrofe la disponibilità ad accogliere bambini e famiglie rimasti senza scuola. Per quanto riguarda dipendenti e collaboratori, attraverso la Fism o l’interlocuzione diretta, si cerca di garantire futuro lavorativo».

E sul piano pastorale?
«Le nostre scuole devono distinguersi per stile e valori. La Chiesa si impegna nella scuola perché educare è insito nella sua missione, pertanto quando una scuola chiude la comunità è chiamata a pensare percorsi pastorali a misura di famiglia per farla sentire ancora parte della comunità. Ma oggi è importante anche cambiare logica: dalla scuola di campanile alla scuola di territorio, condivisa da più parrocchie».

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