Sinodo diocesano. Don Giuliano Zatti, vicario generale, ne commenta l'avvio. "Verso un “noi” nuovo"

Don Giuliano Zatti: «Camminiamo con il debito di una responsabilità reciproca, di cammini condivisi, di fiducia da accordarci gli uni verso gli altri a tutti i livelli». La presidenza dell’Assemblea sinodale ha cominciato a muovere i primi passi – dopo la nomina da parte del vescovo – lunedì 30 maggio. Abbiamo ascoltato due voci

Sinodo diocesano. Don Giuliano Zatti, vicario generale, ne commenta l'avvio. "Verso un “noi” nuovo"

«Aspetto questo nuovo inizio con curiosità e con un’attesa di bene per me e per tutti. Sono certa che sarà un tempo di Grazia. Una possibilità di incontri, di dialogo, di confronto, di conoscenza, prima di tutto per me, della ricchezza che c’è nella nostra Chiesa. Sono curiosa di vedere che cosa lo Spirito Santo susciterà in noi e nella nostra Chiesa. Aspetto questo inizio anche pregando e chiedendo preghiere». Vive così, Francesca Bassi – della parrocchia di Terranegra, professore associato di statistica economica all’Università di Padova – l’apertura del Sinodo della Chiesa di Padova. Dopo l’impegno in Commissione preparatoria, ora è stata chiamata a far parte della presidenza dell’Assemblea sinodale, che si è trovata per la prima volta il 30 maggio. Ne sono membri – oltre al vescovo Claudio, don Leopoldo Voltan, Paolo Arcolin, Giorgio Pusceddu, Manuela Riondato e Benedetta Castiglioni – anche don Giuliano Zatti, il vicario generale. «Stamattina, partendo dalla Parola di Dio quotidiana, meditavo sul fatto che noi stiamo vivendo le doglie del parto di un “noi” nuovo, diverso. Se penso alle grandi convocazioni di Chiesa – Vaticano II, Giubileo del 2000, convegni ecclesiali della Chiesa italiana... – mi rendo conto che erano proprio altri tempi: ora, all’avvio di un cammino nuovo e in un tempo di fatica diffusa, abbiamo il debito di una responsabilità reciproca, di cammini condivisi, di fiducia da accordare gli uni verso gli altri a tutti i livelli».

Il clima respirato finora
«Ho percepito una certa fatica iniziale ad “abitare” l’idea di Sinodo – sottolinea don Zatti – così come ad acquisire un vocabolario condiviso. Poi, però, si è avuto un bel esercizio di ascolto, che ha rimesso in gioco le carte con tanto realismo, ma anche con tanta speranza e aspettative, dentro il perimetro di una rinnovata e ribadita relazionalità che torna fuori sempre a tutti i livelli: tra persone, nelle comunità, tra preti e laici... Si è fatta poi esperienza di “obbedienza”: la Chiesa di Padova ha detto il suo “sì” al vescovo, che l’ha chiamata a mettersi in cammino, ma anche al Signore. Quindi, fatica iniziale, certo, ma poi ascolto, realismo smagato, obbedienza al pastore della Diocesi e al Signore». Per Francesca Bassi, la partecipazione ai lavori della Commissione preparatoria, «è stata una opportunità di crescita personale e cristiana, mi ha posto domande, stimoli, invitata a non dare per scontata la mia fede e l’educazione cristiana ricevuta. Sono rimasta sorpresa di vedere quanto bene c’è nella Chiesa di Padova: sacerdoti, consacrate, famiglie, laici, uomini e donne di fede, tante opere di carità che sostengono la speranza di tutti. Personalmente è stata anche un’occasione di riprendere il filo di vecchie amicizie e di farne di nuove. Mi ha anche colpito il numero molto alto di persone che hanno accettato l’invito a partecipare agli spazi di dialogo. Anch’io ho partecipato nella mia parrocchia e ho potuto vedere che si è trattato di un’esperienza di amicizia cristiana, molto azzeccata anche come metodo: luoghi a cui ciascuno si è sentito chiamato, e dove si è messa a tema la vita, spesso con i suoi dolori e le sue fatiche, e si è provato a guardarla con gli occhi della fede. Questa partecipazione ha mostrato, a mio avviso, da una parte, il bisogno che è insito nel cuore di ogni uomo di dare un significato alla propria vita e di trovare una speranza affidabile, specialmente in questo tempo turbolento e, dall’altra, la fiducia nella Chiesa, il presentimento che lì si può trovare la risposta».

Attese per il nuovo tratto di strada
«Mi aspetto che sia un’occasione per tutti i battezzati di poter riscoprire l’appartenenza alla Chiesa di Padova, di poter partecipare con l’incontro, il dialogo, l’ascolto – sottolinea Bassi – Mi aspetto che possa essere un tempo di conversione e di cambiamento. Mi aspetto sorprese. Senza dimenticare la domanda che il vescovo ha posto la prima volta che come Commissione preparatoria ci siamo incontrati: che cosa vuole il Signore da noi, in questo tempo, in questa luogo?».

La “sfida” dei 14 temi
«Andranno smontati e rimontati»: così, secondo il vicario generale, si dovrà lavorare sui 14 temi individuati dalla Commissione preparatoria. «Soprattutto perché sono temi trasversali, non capitoli distinti tra loro». Sono «l’opportunità di ritornare all’essenziale, motivi che ci conducono, intenzioni che guidano il nostro operato di Chiesa». Il vicario generale sottolinea come sia stato fondamentale ascoltare il vissuto delle persone, ma anche quanto sia importante «far emergere ciò che, pur riguardando tutti i credenti, non è stato detto: c’è un “tutto tondo” dell’esperienza e del pensiero della Chiesa che domanda di essere fatto proprio. Rispetto al sentire personale, servono contenuti e progettualità che siano a favore di tutti e di tutto. Il Sinodo, in questo senso, – restituendo le “parole
mancanti” – potrebbe portare maggiore consapevolezza ecclesiale e un’attrezzatura adeguata». I temi contenuti nel documento sono numerosi e molto ricchi «perché non si è voluto scartare nulla da ciò che è emerso negli spazi di dialogo – evidenzia Bassi – Le sfide sono molte, su alcuni aspetti bisognerà prendere delle decisioni operative. A me sono emerse, tra le altre, due domande dal lavoro con la Commissione preparatoria. La prima riguarda una frase di papa Francesco: “Il cristianesimo si comunica per attrazione e non per proselitismo”. Io ho fatto questa esperienza e la vedo accadere in persone che si avvicinano o riavvicinano alla fede perché colpite da qualcuno che vive le circostanze della vita con una serenità e un gusto invidiabili. Cosa significhi questo oggi nella nostra Chiesa che il cristianesimo si trasmette per attrattiva e come è possibile favorire questa dinamica?». L’altra questione è il fatto che anche dopo avere incontrato Gesù Cristo «è necessario rimanere con lui, come è stato per gli apostoli, altrimenti l’incontro con Gesù diventa un devoto ricordo e la fede non serve nelle circostanze della vita. Quindi come la Chiesa oggi può aiutare uomini e donne a rimanere attaccati a Gesù, vivo e presente in mezzo noi?»

Germogli per la strada che verrà
«Ho incontrato in questo anno tanti testimoni della fede cristiana – conclude Francesca Bassi – Penso siano loro i nostri germogli». «Ho respirato tanta generosità: nella Segreteria, nella Commissione, in tutte le persone coinvolte – conclude con Giuliano Zatti – Il Signore non ci fa stare tranquilli: dopo due anni pandemia e tanti sfilacciamenti umani e pastorali, il fatto che ci “inquieti” lo leggo come un germoglio».

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